di Alberto Chiarenza
Una ricerca alternativa ha portato un gruppo di studiosi a fare delle scoperte che stravolgono in parte le origini dei vitigni italiani. Lo studio chiamato “Fra le montagne di Enotria” nell’ambito della più ampia ricerca su l’Enotria, Grumentum e i vini dell’Alta Val d’Agri, è stato condotto dall’autore del libro, il professore di archeologia e ricercatore Stefano Del Lungo, che ha ideato il progetto con la collaborazione di esimi colleghi.
Il press tour di due giorni è stato organizzato dal Consorzio di Tutela e Valorizzazione della DOC Terre dell’Alta Val d’Agri in collaborazione con la responsabile comunicazione e pubbliche relazioni, Maddalena Mazzeschi.
LE MERAVIGLIE DI UN TERRITORIO QUASI SCONOSCIUTO
Il paesaggio è un avvicendarsi di boschi di lecci e querce, con macchie gialle di ginestre. La Val D’Agri è conosciuta per la sua bellezza paesaggistica, con una combinazione tra montagne, colline e vallate che creano uno scenario suggestivo. La valle è attraversata dal fiume Agri da cui prende il nome, ed è circondata dai monti dell’Appennino Lucano; famosa per le sue risorse naturali è sede di uno dei più grandi giacimenti di petrolio in Italia gestito dalla Società ENI.
Tra i principali luoghi da visitare ci sono Grumento Nova, con le sue rovine romane, Tramutola con l’antico Castello e le piscine naturali di idrocarburi, e Viggiano che domina dall’alto. Iniziamo la visita proprio alle piscine con affioramenti dal sottosuolo di idrocarburi e gas disciolti in acqua.
Nel 1857 un terremoto di grandi proporzioni provoca grandi danni in zona, attirando la presenza di numerosi esperti tra cui Robert Mallet, uno studioso irlandese che darà vita alla Geologia Sismica. Fu il primo terremoto ufficialmente documentato da un reportage fotografico. Saranno poi Racioppi e Del Giudice, due studiosi geologi e geografi, che raccogliendo le testimonianze degli abitanti narrarono di fulmini e fuochi strani associati a forte odore di zolfo prima e dopo l’evento sismico. Si trattava proprio della attività dei gas e degli idrocarburi che riaffioravano in superficie.
Nel trasferimento a Grumento Nova verso lo stabilimento ENI è stato attivato da poco tempo un progetto chiamato Agrivanda, che unisce la coltivazione della lavanda e l’utilizzo delle api come biomonitori al fine di promuovere la riqualificazione agricola e il monitoraggio ambientale in modo sostenibile. Agrivanda è il frutto di un impegno volto al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione di terreni a vocazione agricola e si inserisce nel più ampio programma integrato “Energy Valley” per la riqualificazione paesaggistica e territoriale nell’area circostante il Centro Olio Val d’Agri a Viggiano.
L’avventura è cominciata nel 2018 con la messa a regime di terreni incolti, il recupero di colture preesistenti, l’installazione di apiari e la ristrutturazione di due edifici già esistenti. La coltivazione della lavanda, pianta officinale perfettamente adatta alle condizioni pedo-climatiche dell’area, e l’utilizzo delle api come indicatori di biomonitoraggio, sono gli elementi distintivi che mirano a diventare un esempio virtuoso al servizio della comunità.
I pilastri fondamentali del progetto comprendono la crescita economica del territorio, supportando la creazione di micro-filiere, l’inclusione sociale attraverso la collaborazione con cooperative sociali locali, l’educazione e la formazione rivolte al mondo scolastico e lavorativo rispettando l’ambiente. Un passo avanti nella valorizzazione delle risorse del territorio, combinando agricoltura sostenibile, monitoraggio continuo e sviluppo socio-economico.
Arrivati a Grumento Nova è il professore Del Lungo a parlarci della relazione tra l’insediamento e la coltivazione della vite. Ci racconta infatti che tra fine ‘800 e inizi ‘900 tutta l’area di circa 120 ettari era occupata da vigneti e già dal sesto secolo D.C. era presente la vite.
Grumentum è un’antica città romana. Era originariamente un insediamento dei Lucani, popolazione italica, e in seguito divenne una colonia di Roma. Dotata di importanti infrastrutture tra cui un foro, un teatro, le terme, un anfiteatro e un sistema di approvvigionamento idrico era un centro politico e sociale ricco di spettacoli per la popolazione.
I palmenti, antichi sistemi di pigiatura dell’uva, solitamente realizzati in pietra, all’interno dei quali l’uva veniva posta e calpestata da un gruppo di persone, sono ancora ben visibili.
Giungiamo a Viggiano, custode di un patrimonio enologico unico, frutto di tradizione plurisecolare nella selezione e nella cura delle varietà viticole. Famosissimo per le sue arpe, adatte al trasporto. Un antico retaggio degli emigranti. Inoltre è stato ricostruito un arco in pietra che ha resistito al terremoto del 1857, dove la chiave di volta ha scolpita proprio un’arpa.
La cena offerta è stata appositamente organizzata per gustare i piatti tipici della cucina locale in abbinamento con i vini della DOC Terre dell’Alta Val d’Agri. Sulla qualità complessiva manca qualche passetto in avanti, ma tendenzialmente i produttori sono sulla strada giusta.
I piatti tipici sono:
- Patatelle (polpettine di patate e formaggio) in brodo di pollo
- Cazun (ravioli di ricotta) al sugo
- Ferricelli o trighidd’, conditi o con mollica di pane e noci o con sughi di carne insaporiti da ottimo formaggio pecorino, peperoncino o rafano (cren, radice che dà alle pietanze un caratteristico sapore, forte e deciso). Il “Ferricello Viggianese” ha il marchio De.C.O. (Denominazione di Origine Comunale) dal 2017. La genuinità dei prodotti unita al rispetto delle tradizioni consentono al turista di assaporare piatti di vera eccellenza.
- Tagliulin’ (taglierini) o trighidduzz’ con legumi
- Rafanata (frittata con rafano)
- Cazz’marr’ (involtini con interiora di capretto o agnello lattante)
- P’prussa crusch’ (peperoni secchi)
Al Teatro Comunale F. Miggiano è stato poi presentato alla stampa, con la presenza di Autorità locali e del Comandante dell’Istituto Geografico Militare, il Generale Di Corpo d’Armata Pietro Tornabene, questo importante volume con l’aiuto di:
- Angelo Raffaele Caputo del CREA Centro di Ricerca Viticulturale ed Enologia;
- Vittorio Alba CREA-VE TURI;
- Teodora Cicchelli Archeologa;
- Addolorata Preite cultura Enotria;
- Agata Maggio del CNR;
- Presidente Consorzio Terre dell’Alta Val D’Agri, Francesco Pisani;
- Sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala;
- Senatore Pasquale Pepe.
I viticoltori di questa regione rappresentano una ristretta ma appassionata comunità, devota al proprio lavoro e profondamente legata al territorio. Tuttavia, le sfide attuali non possono essere ignorate, poiché la scoperta di importanti giacimenti di combustibili fossili mette a rischio lo sviluppo agronomico.
Fondata su una solida base ampelografica, che sin dal XIX secolo ha abbracciato le varietà internazionali come Merlot e Cabernet, la viticoltura di Viggiano ha stabilito obiettivi ambiziosi:
- Ampliare la base ampelografica attraverso il recupero di vitigni caratterizzanti il terroir come il Guarnaccino.
- Diversificare la produzione di vini introducendo queste varietà autoctone in percentuali diverse, tenendo conto delle loro caratteristiche peculiari.
- Creare nuove denominazioni varietali che potrebbero diventare un punto di riferimento nel panorama viticolo nazionale e internazionale, aprendo la strada a produzioni con il prestigioso status di DOC.
L’impegno del Consorzio e dei suoi membri verso l’innovazione e la valorizzazione delle risorse enologiche di Viggiano è evidente. Ogni passo avanti rappresenta un salto di qualità nella produzione di vini, che abbracciano l’autenticità del territorio e testimoniano la passione dei suoi produttori. La ricerca e la conservazione delle varietà autoctone, affiancate dall’introduzione di vitigni internazionali, contribuiscono a creare una gamma di vini unica e distintiva.
Da italiano vorrei con tutto il cuore, quanto lo vorrebbero i Lucani, vedere questi territori viaggiare allo stesso passo delle regioni vinicole più famose. Si può parlare di un luogo o di un territorio e farlo conoscere, ma se esso non è facilmente raggiungibile dal turismo che conta, allora il lavoro di comunicazione può restare vano.