Le diverse espressioni del Montepulciano d’Abruzzo nei vini della Doc Villamagna

di Adriano Guerri

Abruzzo, patria del Montepulciano d’Abruzzo, sembra aver trovato nella Doc Villamagna una particolare area vocata, tramite un piccolo gruppo di produttori che ha dato origine al movimento ed alla Denominazione di Origine.

Una enclave altamente vocata per la coltivazione della vite. La Doc Villamagna nasce  per tutelare, promuovere  e valorizzare il territorio straordinario ed il suo vino. Nei tre giorni di tour ho avuto la possibilità di  appurare di persona il clima di unità e coesione tra i vari attori protagonisti, accolto con calore e amicizia. Ottima l’organizzazione curata dall’agenzia Zed_Comm, presenti colleghi della stampa da tutta Italia. Un areale di una bellezza senza pari, con borghi immersi tra dolci colline, punteggiate da piante d’olivo, vigneti e tanto verde.

Villamagna

La Doc nasce nel 2011. Microzona che si estende per solamente 85 ettari vitati,  considerata tra le quelle più piccole d’Italia.  I comuni sono, oltre a Villamagna,  i comuni limitrofi di Vacri e Bucchianico in provincia di Chieti. Attualmente, soltanto  sette sono i vitivinicoltori. Il suolo è di origine sabbiosa-argillosa e calcareo-marnosa, il microclima è ideale per la coltivazione della vite, a poca distanza dal mare Adriatico e dalle cime del massiccio montuoso della Maiella. Considerevoli le escursioni termiche, con venti propizi che garantiscono ottima salute alle uve. Il disciplinare prevede rese basse per ettaro e esposizioni dei vigneti a sud-est, sud-ovest, per espressioni nel calice di pari potenza ed eleganza. 

L’allevamento preferito della vite è la classica Pergola Abruzzese, ritenuta per il Montepulciano la più idonea in quanto assicura la giusta maturità dei grappoli evitando ustioni degli acini dovute al forte irraggiamento delle ultime stagioni. Le tipologie previste sono due: oltre al Villamagna Doc si aggiunge il Villamagna Doc Riserva. L’attuale Presidente dell’Associazione Generazioni del Vignamagna è Katia Masci di Valle Martello.

L’elenco dei produttori presenti al tour

Cantina Sociale di Villamagna,  Pian di Mare, Agricosimo, Torre Zambra, Palazzo Battaglini, Cascina del Colle e Valle Martello. 

Torre Zambra

Tenuta Torre Zambra si trova a Villamagna , di proprietà della famiglia De Cerchio, proprietaria anche di altre aziende. La superficie vitata attuale si attesta intorno ai 20 ettari con vigneti posti ad altimetrie che vanno dai 120 ai 230 metri s.l.m. con terreni prevalentemente sabbiosi.  La coltivazione della vite è biologica ed il vitigno maggiormente coltivato è il Montepulciano d’Abruzzo, ma anche Trebbiano d’Abruzzo, Passerina e Pecorino. L’azienda predilige la coltivazione a tendone (Pergola Abruzzese). Da tempo sono iniziati i lavori di ristrutturazione sia dell’antica Torre, andata completamente distrutta e della nuova cantina , nonché di una struttura di alta ospitalità. Al timone dell’azienda oggi c’è il giovane e dinamico Federico De Cerchio che rappresenta la quarta generazione. 

I vini degustati

Piana Marina Trebbiano d’Abruzzo 2020 dalle nuance giallo paglierino con riflessi dorati, ed un bouquet di erbette aromatiche, mandorla secca, dal sapore sapido e avvolgente.

Colle Maggio 2021 rosso rubino intenso dagli aromi di frutti di bosco, ciliegia, liquirizia e dal sorso agile da arancia sanguinella. Appaga e persistente.

Colle Maggio 2020 Riserva rubino quasi impenetrabile, si spinge su effluvi di giaggiolo, prugna, scorza d’arancia e chiodi di garofano. Buona complessità con attacco tannico in prima battuta. 

Villa Magna 2019 scuro sin dal colore con note olfattive di tabacco, viola appassita, frutta rossa, bacche di ginepro e cannella. Poderoso all’assaggio, ma nobile e salino nella sua trama antocianica.  

Villa Magna 2018 Riserva più vivace e declinato verso la torrefazione tra cacao, liquirizia e polvere di caffè. Molto caloroso.

Cascina del Colle

Di proprietà della famiglia D’Onofrio, che qui coltiva la vite da tre generazioni. I vigneti sono sparsi sia nel comune di Villamagna sia a Bucchianico, Ripa Teatina e Vacri. Fondata nel 1997 vanta 22 ettari vitati di proprietà di cui ben 3 riservati al Villamagna Doc su altimetrie che variano dai 120 ai 290 metri s.l.m.  La composizione del suolo è prevalentemente sabbiosa, la coltivazione segue i dettami dell’agricoltura biologica. Le altre varietà coltivate sono, Merlot, Syrah e Sauvignon Blanc. Recentemente è stata ampliata la cantina di vinificazione, giunta alla fase conclusiva di ristrutturazione.

I vini degustati

Terrebaciate Sauvignon Blanc 2022 dal giallo paglierino tenue e con sbuffi di fiori bianchi, pera Williams, melone canalupo. Gusto verticale con scie minerali intriganti.
Aime’ Pecorino Superiore Abruzzo Doc 2022 giallo paglierino luminoso, su fiori di ginestra, mela, susina ed allungo salmastro finale.
Mammouth Montepulciano d’Abruzzo Doc 2019 dai riflessi rubino con un corredo di prugna acerba,  ciliegia e frutti di bosco. Seguono in successione spezie scure calde e persistenti.
Negus Montepulciano d’Abruzzo Doc 2017 rosso granato con naso speziato tipico e tanta frutta di bosco matura. Chiosa su fave di cacao, tabacco e liquirizia con tannini setosi e sorso durevole. 

Valle Martello

A poca distanza dal centro abitato di Villamagna. Fondata nel 1979, di proprietà dei Fratelli Masci, è giunta anch’essa alla terza generazione. Si estende su una superficie vitata di 50 ettari, di cui 3 destinati al Villamagna Doc, con vigne su due colline prospicienti, un vantaggio sia nella diversità delle annate. In conversione biologica, coltivano Montepulciano d’Abruzzo, Cococciola, Pecorino, Malvasia e Trebbiano. L’allevamento è il filare. Oltre a degustare i vini, abbiamo degustato anche alcuni piatti tipici abruzzesi, deliziosi e sapientemente preparati. 

I vini degustati 

Brado Cococciola Colline Teatine Igt 2022 riflessi giallo paglierino, emana nuance di fiori d’acacia, frutta esotica e cedro. Sorso assolutamente fresco e gradevole.

Villamagna Doc 2019 rosso rubino impenetrabile, al naso evidenzia la classica amarena da pasticcino, accompagnata da frutti di bosco, bacche di ginepro e pepe nero in grani. Molto generoso e persistente. 

Pian Di Mare

La Cooperativa Vitivinicola Pian Di Mare è stata fondata nel 1984 da 7 soci conferitori ed attualmente ne vanta oltre 70. Solo di recente hanno cominciato ad imbottigliare le proprie etichette sulla base delle uve prodotte. La nuova Cantina, inaugurata nel 2014 é stata costruita su un antico vigneto, le cui barbatelle, dopo essere  espiantate, sono state inviate ad un vivaista locale per dare vita al clone Pian di Mare. Dispone di 220 ettari vitati, di cui 6 destinati alla Doc Villamagna. Seguita dall’enologo Romeo Tarabborrelli e dall’agronomo Carlo D’Onofrio che ricopre anche il ruolo di Presidente della Cooperativa Sociale. Le uve subiscono  tre differenti selezioni, secondo la carica antocianica. All’interno della Cantina ha avuto luogo anche una Masterclass guidata da Manuela Cornelii, comunicatrice e relatrice dell’Associazione Italiana Sommelier.

La Masterclass

Prima di passare all’analisi sensoriale dei vini, sono intervenuti il Presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo Alessandro Nicodemi, Luciano Villabio consigliere del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo ed il sindaco di Villamagna Renato Giovanni Sisofo.

I vini in degustazione 

Pian Di Mare – Villamagna Doc 2019 – sfumature rubine intense dal naso di ciliegia, frutti di bosco, liquirizia,  cacao in polvere e spezie, morbido e armonioso con tannini setosi. 

Torre Zambra – Villamagna Riserva Doc 2019 – vira verso il granato, tra prugna matura, bacche di ginepro, pepe verde e tostature. Corposo e molto lungo in chiusura. 

Cantina Villamagna – Villamagna Doc 2018 – impenetrabile dagli aromi eterei corredati da mora selvatica mirtillo e liquirizia. Colpisce per il tannino nobile ed elegante.

Cascina del Colle – Villamagna Riserva Doc 2018 – scuro ed ematico, declinato su frutta matura, rosa appassita, spezie fini. Sorso appetitoso. 

Valle Martello – Villamagna Riserva Doc 2017 – rubino vivace, con sentori di visciola, baccello di vaniglia e cacao fondente. Molto coerente e identitario. 

Palazzo Battaglini – Villamagna Riserva Doc 2016 – granato con ancora riverberi rubini, attacco olfattivo di tabacco biondo, spezie dolci, molto gastronomico. 

Peccato dover rientrare a casa…

Sicilia: Marsala Vergine Baglio Florio – Cantine Florio 1833 – un prodotto unico da emozioni storiche

di Silvia De Vita

Ritengo che per predisporsi all’assaggio del Marsala Vergine Baglio Florio – Cantine Florio 1833 (Gruppo Duca di Salaparuta) un vino così ricco di storia, sia opportuno calarsi nell’atmosfera del luogo d’origine e concepire cosa ha reso così sontuoso ed importante questo prodotto!

Tutto nasce in un paesino della costa occidentale siciliana ed in queste righe proverò ad esprimere le mie emozioni provate arrivando in luoghi bellissimi e ricchi di storia. Marsala è stata particolarmente colpita durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, le cui ferite ancora si vedono. L’obbiettivo numero uno, Erwin Rommel, “la volpe del deserto,” si trovava invece da tutt’altra parte, eppure ciò non ha fermato la catena distruttiva che ha portato la storica cittadina ad essere rasa al suolo. Venne ricostruita poi in stile moderno, con i classici canoni e le (ahimè) storture dell’edilizia non sempre regolamentata negli anni del boom.


Ad attrarre l’attenzione a Marsala, sono le insegne delle importanti cantine che celebrano il paese e le sue vigne nel mondo intero: Rallo, Pellegrino, Florio e tante altre. Imboccando via del Fante, si attraversa un passaggio a livello, ed ecco spianarsi all’improvviso di fronte a noi una spiaggia bianca ed un mare azzurro da atmosfere paradisiache. La strada parallela è delimitata da muri alti e bianchi: si intuisce immediatamente che stiamo percorrendo il perimetro di un Baglio siciliano, con un tesoro nascosto oltre quelle mura, un mondo avvolto da un incantesimo tutto speciale.


Dopo pochi metri, si apre una cancellata di ferro battuto nero, imponente con le punte dorate a forma di frecce, a delimitare l’ingresso dove timidamente ci si affaccia per entrare, con la certezza di scoprire una meraviglia ma con l’inconsapevolezza di quanto grande e storica sia! All’epoca della mia visita, 3 anni orsono, venne ad accogliermi il signor Mario, fedele custode con i suoi 60 anni vissuti e la tipica generosità siciliana mescolata alla galanteria di altri tempi. L’interno del Baglio ricorda un palazzo arabo: mura candide con corte centrale che racchiude giardini adornati da piante grasse fiorite, banani e palme accarezzate dalla brezza marina; centralmente una fontana ha preso il posto dell’antico pozzo che per decenni ha fornito acque dissetanti e fresche a colui che con arsura ci si affaccia. Intorno a questa corte si sviluppa la cantina: archi enormi delimitano i vari punti di accesso con portoni antichi e pesanti in legno rossastro.

A guidare gli ospiti all’interno della storia e del mondo Florio è la signorina Aurora, che con passione e naturali doti teatrali conduce per mano il visitatore nei 200 anni di storia. Così, ascoltando le parole di Aurora, in un attimo sei trasportato metaforicamente accanto al fondatore della cantina – Vincenzo Florio – ed un attimo dopo sei un soldato dei mille di Garibaldi e partecipi all’unificazione dell’Italia. Oppure vivi le rivoluzioni locali, diventando una delle tante donne che hanno lavorato alla realizzazione del “Marsala Florio”, e che già negli anni 1860-1880 partecipavano attivamente alle loro lotte aziendali per la realizzazione della prima mensa e del primo asilo nido.

Percorrendo le gallerie di tufo della cantina dove il Marsala e gli altri prodotti riposano nei fusti di legno, talvolta secolari, riesci a sentire il liquore ancora in fermento, lo scambio continuo tra aria e botti, la brezza marina che porta i suoi sali minerali e l’umidità che mantiene il contenuto integro.
La luce all’interno ricorda il colore del tramonto, vengono a mente in questa malinconia bucolica le sofferenze per i bombardamenti che hanno danneggiato le cantine, distrutto le botti e fatto scorrere via il vino mescolato forse, al dolore di uomini, donne, giovani ed anziani, innocenti.

Il Marsala Vergine “Baglio Florio” racchiude un po’ tutto quanto raccontato in queste righe. Invecchia 12 anni in botte prima di essere imbottigliato. L’atmosfera che lo circonda durante la maturazione sta alla base del suo successo. Portando il calice verso il naso è immediatamente avvertibile l’intensità boisé sviluppata dalla sosta in cantina; osservandone il colore si raccolgono i riflessi ambrati e vermigli ed imbevendo le labbra di vino si può riconoscere il sapore della brezza marina che sfiora delicatamente il viso. Il primo tocco lascia la lingua con un lieve richiamo astringente che poi si allarga divenendo velluto su ogni papilla gustativa, come se ci si facesse cullare dai profumi, dai soavi movimenti e dalle intriganti profondità del mare. Alla fine resta l’arsura ed il calore di quella terra magnifica, fatta di estati calde e luminose, risate di donne nei campi, grida dei bambini in gioco nei cortili della cantina, suoni e canti durante la vendemmia.

Un sogno liquido che merita un viaggio!

Il Nihonshu: il Sakè giapponese rapportato alla Dieta Mediterranea

di Gaetano Cataldo

Le tre principali religioni monoteiste del bere fermentato sono inequivocabilmente il vino, la birra e il sake giapponese, a dimostrazione del fatto che il dio Bacco non è mai stato né monotono né monofago, approdando persino nelle terre del Sol Levante per insegnare all’uomo cosa estrarre dal riso (e con cosa) e per brindare al miracolo dell’esistenza.

Esattamente come per sorella birra e fratello vino anche il sake giapponese ha una storia millenaria, da bevanda sia popolare che elitaria: il suo racconto è intriso di cultura, arte, storia e letteratura e riesce ad abbracciare tutte le umane attività, nondimeno religione, bellezza e salute. Insomma il sake non è certo una moda, ma fa decisamente tendenza, se così si può dire, ed accompagna l’uomo nel lungo corso del fluire del tempo, testimoniandone l’evoluzione e contribuendo alla nascita della Civiltà Nipponica.

Il fermentato più famoso del Giappone è diffuso in tutto il mondo. Si pensi che ebbe il suo esordio ufficiale dinanzi al grande pubblico occidentale proprio durante la prima Weltausstellung (Esposizione Universale) del 1873, nell’allora capitale dell’impero austro-ungarico; non soltanto famoso, ma anche prodotto in tutto il mondo, anzi imitato in tutto il mondo! Il sake è entrato di fatto nella quotidianità, ricoprendo un ruolo tanto alimentare quanto edonistico, sulle tavole dei Paesi Orientali e diventando un ottimo pairing per pietanze raffinate d’ogni sorta, persino come ingrediente principale in moltissimi cocktails, come il saketini, capostipite della miscelazione a base del fermentato di riso, inventato nel Queens dallo chef Matsuda nel 1964.

Ma facciamo subito chiarezza: ciò di cui si vorrebbe disquisire nel corso di questo pezzo in realtà si chiama Nihonshu!

Infatti con il termine sake viene indicatomolto genericamente l’alcool, mentre con la parola nihonshu, scritta allo stesso modo e probabilmente inventato dai samurai per diversificare la loro bevanda nazionale dalle altre importate nell’arcipelago, tendiamo a definire un prodotto che deriva dalla fermentazione del riso con aggiunta di acqua e koji, una sorta di spora fungina o muffa. Inoltre, perché lo si possa denominare nihonshu, occorre venga sottoposto a filtraggio, fatti salvi diversi stili di lavorazione e, al di sopra di ogni cosa, deve essere prodotto e imbottigliato integralmente ed esclusivamente in Giappone.

Un po’ di storia…

Con buona probabilità, il casuale processo di fermentazione del riso ha avuto origine in Cina attorno al V millennio a.C. nei pressi del Fiume Azzurro, per quanto altre fonti sostengano  sia avvenuto in prossimità del Fiume Giallo, durante il periodo della dinastia Shang, tra il XVII ed il XI secolo a.C. Nella grande Cina, tre secoli prima della nascita di Gesù Cristo, viene fatta menzione di una particolare muffa per la prima volta nello Zhouli, libro dei riti della dinastia Zhou, che in seguito verrà classificata come Aspergillus Oryzae, ossia quel fungo filamentoso cui si accennava prima e di estrema importanza per l’alimentazione in tutto l’Estremo Oriente.

Ciò non significa che il sake abbia realmente avuto origine in Cina, per quanto la bevanda più prossima ad esso sia il cosiddetto huang-jiu. Solo grazie al know-how cinese sulla coltivazione del riso il Popolo Giapponese ha imparato a sostenersi sulle proprie gambe, diventando una civiltà autonoma, e inventando il fermentato tra il 300 a.C. e il 300 d.C. nella versione ancestrale del kuchikami no zake, fino ad arrivare ai nostri giorni, ai processi innovativi ed alle attuali espressioni di questa iconica bevanda.

Ovviamente è facile immaginare certi abbinamenti col nihonshu: sushi, ostriche e sashimi ne sono un esempio piuttosto lampante e diffuso. E se invece vi suggerissero di sorseggiarlo con la nostra amatissima Dieta Mediterranea?

Statene certi perché lo dico dal 2017: il nihonshu, ed il modello nutrizionale mediterraneo per il quale l’Italia è indiscussa capitale, vanno a nozze!

Intanto cominciamo col rilevare che l’Italia, per gran parte, e il Giappone sono circondati dal mare, hanno uno sviluppo territoriale che si estende in lunghezza e non in ampiezza, oltre ad essere Paesi vulcanici e sismici imbrigliati nella stessa fascia di latitudine.

Va rammentato che tra i Paesi le cui osservazioni hanno dato vita allo studio epidemiologico condotto dal celebre Ancel Keys a partire dal 1957, colui che coniò il termine “Dieta Mediterranea” e ne enunciò i dettami, v’era anche il Giappone. Infatti il Seven Countries Study, ideato, coordinato e condotto per molti anni dal prof. Keys, è stato uno studio epidemiologico di monitoraggio eseguito su oltre 12 mila persone di età compresa tra 40 e 59 anni, appartenenti a 16 aree situate in sette Paesi dislocati in tre continenti. Le analisi ottenute dalle osservazioni fanno riferimento alle relazioni intercorrenti tra abitudini alimentari e malattie del sistema cardiocircolatorio: in via generale, l’incidenza e la mortalità coronarica risultavano decisamente più elevate nelle aree del Nord Europa e del Nord America e più basse nelle coorti del Sud Europa e del Giappone.

Ebbene le assonanze tra la Dieta Mediterranea e la Cucina Giapponese sono evidenti almeno dagli anni ’70 del secolo scorso e sottolineano quanto un consumo di alimenti variegati, privilegiando materie prime di origine vegetale, incluso un sano stile di vita, siano tratti comuni dei centenari del Cilento e del Giappone, seppur con ingredienti differenti ma dallo stesso valore nutraceutico e, talvolta, dal simil profilo organolettico.

Piaccia osservare che, per quanto con sfumature e costumanze diverse, il Popolo Giapponese e quello Italiano amano dare il benvenuto a tavola, proprio perché come nella Dieta l’ospitalità, la condivisione del buon cibo e del buon bere sono elementi inscindibili di un grande, genuino senso di convivialità.

Per quanto si possa giustamente ritenere che natto, salsa di soia, miso e tofu siano elementi “alieni” alla nostra idea locale di gastronomia, è bene ribadire che i Paesi del Mare Nostrum non sono assolutamente estranei ai cibi fermentati: ne sono esempio il kefir, la colatura di alici e le olive in salamoia. Inoltre non è recentissima la diffusione di modelli di ristorazione che fondano la loro filosofia su piacevoli contaminazioni e tecniche come la latto-fermentazione Katsuobushi? Rispondo: bottarga, acciughe sotto sale e la stessa colatura di alici appunto! Tofu? mozzarella o parmigiano reggiano, a seconda del grado di stagionatura della cagliata di soia. Alga Wakame? Puntarelle ed agretti con i condimenti a noi più cari, pomodori secchi e chi più ne ha più ne metta!

La chiave di volta dell’abbinamento è nel fattore umami e nella considerazione che, grazie ad un quinto in meno dell’acidità contenuta mediamente in un vino, il nihonshu non litiga mai col cibo. Insomma crudità sia di mare che di terra, risotti, formaggi, funghi e tartufi, verdure grigliate, salumi, frittate e carni pregiate si offrono piacevolmente al pairing con il nihonshu.

Dunque buon nihonshu a tutti e… kampai!

La Combàrbia: vini con lo sguardo dritto al futuro di Montepulciano

di Luca Matarazzo

Dal 2016 Gabriele Florio ha preso in mano le redini dell’azienda agricola La Combàrbia. La cantina giace a Cervognano, una delle sottozone più prestigiose di Montepulciano (SI) su terreni di origine argillosa e sedimentaria.

In grande trasformazione l’areale nel suo complesso, con produttori frementi di recuperare terreno rispetto alle realtà limitrofe toscane. Un impegno raccolto anche dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano che sta investendo in comunicazione e molteplici iniziative per diffondere la cultura e la storia di uno dei borghi vitivinicoli più antichi d’Italia. Fa dunque piacere analizzare un nuovo progetto fresco e giovanile, seguito da un guru dell’enologia moderna come Giuseppe Gorelli.

I primi passi avvengono negli anni ’60, per giungere alla svolta con il lavoro di Gabriele Florio che segue pedissequamente i consigli del Gorelli. Fermentazioni spontanee e scelta di utilizzare solo uve autoctone rispetto ai vitigni internazionali. Identità, precisione ed eleganza, in un territorio che coniuga la potenza del Sangiovese di alcune aree più calde e la croccantezza del suo frutto dal tannino irrequieto e dalle acidità elevate, nel limitare del borgo di Montepulciano, ad altitudini ed esposizioni completamente diverse.

La Combàrbia può vantare entrambe le espressioni nei circa 7 ettari vitati, consentendo ai vini di adattarsi alle inclemenze stagionali tra il caldo torrido estivo e le gelate primaverili, con piogge in forte diminuzione. Il Sangiovese, nonostante la sua duttilità ed una parte rustica dura a morire, mal sopporta il clima pazzo specialmente nella fase di maturazione fenolica.

Quando non si riesce a domare, esprime tutto il suo carattere ribelle, con sensazioni verdi ed amare per nulla piacevoli. Produrre, pertanto, vini di eleganza, serbevolezza e pronti da bere al contempo non è cosa semplice ed il duo “G – G” (Gabriele – Giuseppe) ci riesce benissimo.

Veniamo alla degustazione, svolta all’interno della splendida bottaia a misura d’uomo, allestita anche per sala assaggi. Tralasciamo volutamente il bianco da Trebbiano e Malvasia, molto godibile e destinato alle virtù estive, per concentrarci sui rossi proposti, anche con qualche vecchia vintage utile a verificare l’evoluzione stilistica aziendale.

Rosso di Montepulciano 2021: il futuro della Denominazione passa dal suo figliol prodigo, il più giovane di tutti per modalità di affinamento. Ottima freschezza, tipica del Sangiovese, con quel sottile richiamo da ciliegia succosa, agrumi e macchia mediterranea. Le chiacchiere passano in fretta e lui è sempre lì, pronto a farci compagnia come un buon amico.

Vino Nobile di Montepulciano 2019: un old-style nelle sue nuance balsamiche e scure. Ancora chiuso, sente l’annata non semplice e la mancanza di respiro per avere quell’abbrivio finale necessario a dargli lunghezza. In generale presenta un corredo balsamico che porta avanti su ogni cosa, persino sul frutto di bosco iniziale.

Vino Nobile di Montepulciano 2018: più che vecchio stile è un evergreen, con tannini ancora scalpitanti e classe da vendere. Incredibile l’eleganza e la complessità, con una chiosa minerale appagante e seducente.

Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2016: niente da dire. L’annata è davvero straordinaria e memorabile. Ci mette un pizzico a carburare nel bicchiere, poi, come il motore di una formula uno, scatta poderoso e racconta di sensazioni ematiche unite a fiori rossi, su finale di erbe officinali. Appetitoso dal primo all’ultimo sorso.

Vini che dimostrano come minor concentrazione possa aiutare, grazie anche ai mutamenti climatici in corso, ad avere prodotti meno opulenti e più dinamici, a tutto vantaggio dell’immediatezza e dell’appagamento complessivo di chi li degusta. Senza mai smarrire la strada del varietale, quel Sangiovese di impronta toscana che non può conoscere paragoni di sorta.

Cibus Connecting Italy 2023: le nostre considerazioni

di Maura Gigatti

Oggi più che mai è importante riscoprire il valore associativo proprio in momenti come Cibus Connecting Italy 2023, manifestazione sulle eccellenze agroalimentari svoltasi a Parma nelle giornate del 29 e 30 marzo trascorse.

L’occasione per esperti ed operatori di settore di poter approcciare un mondo bellissimo, che mi appassiona da quando mossi i primi passi nel campo del food and beverage. Tanti i volti familiari, realtà tra piccole e grandi dimensioni, che fanno del made in Italy un punto fisso da esportare con orgoglio in tutto il mondo.

Semmai, pecchiamo talvolta nel ricordare le nostre abilità e persino nel comunicarle a dovere, cosa che gioverebbe all’intero movimento produttivo. Anche perché da fuori ci osservano e ci apprezzano, persino con un po’ di sana invidia competitiva.

Ben vengano, dunque, gli eventi come Cibus Connecting Italy e molti altri utili a generare fiducia e voglia di proseguire sulla lunga strada della qualità. Gli espositori presenti erano entusiasti e soddisfatti, ottimisti sul futuro, in particolare nell’attuale momento di delicata congiuntura economica.

Già in preparazione la prossima edizione dal 7 al 10 maggio 2024 sempre a Parma, probabilmente con qualche piccola modifica sul format sin qui attuato, ma con la consueta sostanza nei fatti: quelli di una delle fiere più importanti del Belpaese.

Importanti i feedback ricevuti dagli intervistati, di cui faremo breve menzione partendo, in prima battuta, da Antonietta Mazzeo, giornalista, editorialista, Direttore Generale di COER – MTO Emilia-Romagna e membro del consiglio direttivo dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.

Antonietta Mazzeo

<<Questa edizione – sottolinea la Mazzeo – si rivela dinamica, vivace ed intraprendente. Meno numerosa la presenza complessiva di visitatori rispetto agli anni passati, frutto anche di coincidenze temporali con altre manifestazioni, ma pubblico molto interessato e attento verso le novità. Tutte le regioni italiane sono presenti, una vetrina esclusiva delle nostre eccellenze gastronomiche. Persone e prodotti raccontati da chi vive nel quotidiano il proprio lavoro>>.

Cinzia Romeo

Prosegue sulla stessa linea Cinzia Romeo, export manager di Rizzoli Emanuelli S.p.A. : <<buyers ed operatori ben organizzati, con un rispetto metodico degli orari per gli appuntamenti e la calma necessaria per i dovuti approfondimenti commerciali. Siamo soddisfatti oltre le aspettative per un evento che ci vede da anni protagonisti>>.

Mirco Sbernini

Soddisfazione anche da Mirco Sbernini, direttore vendite di Coppini Arte Olearia e da Ugo Bertolotti, in rappresentanza di Parma Quality Restaurant e Parma Alimentare, soprattutto per gli ottimi riscontri avuti con i paesi Ue ed extra Schengen. Tanti apprezzamenti e la speranza di ritrovarsi il prossimo anno con numeri e fatturati in continua crescita.

Ugo Bertolotti

Qualche numero in conclusione: con oltre 900 brand, 10000 operatori, 3000 buyer da 90 nazioni diverse e 500 nuovi prodotti nel catalogo espositivo, Cibus Connecting Italy rappresenta un’enorme opportunità per instaurare e sviluppare relazioni commerciali a livello internazionale, ma anche per aggiornarsi sulle innovazioni del comparto e progettare il futuro del proprio business.

Puglia: Andria – Castel del Monte – “QOCO Un filo d’Olio nel piatto”

Comunicato Stampa

Provate a immaginare QOCO Un filo d’Olio nel piatto in uno dei luoghi prediletti dall’imperatore Federico II di Svevia, Castel del Monte!

La vasta e geniale apertura sull’universo che contraddistinse quel genio assoluto, autore perfino di un trattato gastronomico con ricette dal mondo, passava infatti anche proprio da una cucina fatta di sovrapposizioni di culture, influssi, e suggestioni le più diverse.

Non poteva allora che tenersi in questa terra, raccolta intorno a Castel del Monte, QOCO, il Concorso Internazionale per Giovani Cuochi del Euromediterraneo, nato nel 1999 e che dopo 10 anni di stop rinasce quest’anno per  forte volontà del Comune di Andria, l’organizzazione dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e la collaborazione di Slow Food Puglia e Strada dell’Olio di Castel del Monte.

Dieci gli chef in concorso, per gran parte “Generazione Y”: quasi tutti al di sotto dei 30 anni! Paesi di provenienza: Belgio, Francia, Germania, Italia (Paese con 2 chef in concorso), Paesi Bassi, Slovenia (Paese con 2 chef in concorso), Spagna, Turchia. Tutti i cuochi, selezionati da JRE- Jeunes Restaurateurs d’Europe, saranno affiancati da cuochi tutor del territorio con i quali lavoreranno insieme così da rendere ancora più stretti i legami e lo scambio. Andria si pone così come snodo e crocevia di culture gastronomiche tra Castel del Monte e il mare.

Già nella giornata di venerdì 24 marzo, tutti i concorrenti, terminato il breafing mattutino con il presidente di giuriaAlfonso Jaccarino, si distribuiranno in dieci ristoranti del territorio della provincia di Andria/Barletta/Trani dove in serata contribuiranno ad un menù a quattro mani, frutto di confronto e di suggestive contaminazioni gastronomiche forti di una visione contemporanea, e nel segno dell’olio extravergine pugliese, testimone di una mediterraneità profonda. Sorta di “gemellaggi” gastronomici che prendono il nome di “QOCO Fusion”.

Quartier generale e palcoscenico principale dell’evento sarà Villa Carafa, un’antica masseria rivisitata nel segno dell’ospitalità, nel cuore della Murgia andriese a pochi chilometri proprio da Castel del Monte.

Per tre giorni Villa Carafa diventerà una vera e propria “food court” dove gli chef la mattina del sabato si cimenteranno ai fornelli e presenteranno i piatti alla Giuria presieduta da Alfonso e Ernesto Iaccarino Chef e grandi padroni di casa del tristellato Don Alfonso 1890di Sant’Agata sui Due Golfie nella quale tra gli altri siederà anche Nino Di Costanzo, Chef Patron bistellato di Danì Maison di Ischia,Giuseppe Iannotti, Chef Patron bistellato del ristorante Krèsios di Telese e Felice Sgarra Chef Patron stellato di Casa Sgarra di Trani.

La giuria, “eptastellata”,sarà chiamata a valutare i piatti in base ai seguenti parametrigusto, originalità, presentazione, equilibrio generale. Dirimente sarà la valorizzazione ed esaltazione dell’Olio Evo.

La triade dei primi 3 classificati sarà rivelata nella serata di sabato 25 marzo al termine di una CENA DI GOLA aperta al pubblico, presso la stessa Villa Carafa. Nel corso dell’evento tutti gli chef in gara si presenteranno al pubblico raccontando il loro piatto in un appassionante percorso da nord a sud del Mediterraneo e viceversa.

QOCO per i viaggiatori colti e curiosi sarà una meraviglia insolita che vedrà la Puglia dialogare a tavola con Paesi diversi e culture gastronomiche profondamente distinte.

L’atmosfera si rivelerà contemporanea, giovane, frizzante, il mood cosmopolita.

Analogo a quella che si respirava alla corte dello Stupor Mundi, l’imperatore gourmet che era anche un “salutista”  assai attento alla cucina, come dimostrano i suoi due celebri ricettari. In definitiva un felice connubio tra territorio e apertura al mondo, sempre seguendo il filo conduttore di “… un filo d’Olio nel piatto”!

Ai dieci giovani chef in concorso, dunque, il compito di provare a riscrivere una narrazione gastronomica moderna di un luogo, la Murgia, in cui l’olivo ha una presenza monumentale e fa del paesaggio rurale un’autentica opera d’arte. Con l’olio extravergine a rappresentare il DNA  di quella cucina.

QOCO a sua volta farà di Andria, e di quelle terre foodie, un laboratorio del gusto, un anello di congiunzione tra passato e futuro attraverso una nuova visione.

Piatti e ricette in cui si parte dalla memoria che diviene germe creativo e fermento. Poi però libero spazio all’esplorazione e alla creatività individuale con le storie e gli stili che s’incrociano. Per guardare avanti al futuro.

Il FUORI QOCO

Iniziative organizzate in collaborazione con Strada dell’Olio Castel del Monte

QOCO DI STELLE

giovedì 23 marzo

PRIMA DELLA PRIMA Donato De Leonardis, Chef del Don Alfonso 1890 al San Barbato Resort di Lavello (PZ) è ospite di Felice Sgarra, Chef di Casa Sgarra di Trani, entrambi stellati, per una serata d’apertura nel segno di una mediterraneità profonda, in terre “dove all’ulivo si abbraccia la vite”.

venerdì 24 marzo

Lancio di tre nuovi piatti inerenti QOCO che rimarranno in menu fino al 1 maggio:

QOCOINHOUSE – Pane e Oliopresso il ristorante Casa Sgarra, Trani

QOCOESSENZA – Spaghettone, pane, olio evo, aglio, peperoncino, seppia alla bracepresso il ristorante Quintessenza, Trani.

QOCOBEACH – Ostrica, favetta e sivoni presso il ristorante Canneto Beach2, Margherita di Savoia.

venerdì 24 marzo

QOCO FUSION Cene a 4 mani in 10 ristoranti ad Andria, Barletta, Bisceglie, Margherita di Savoia e Trani. Dieci cene aperte al pubblico con menu realizzati dagli chef locali insieme ai 10 chef ospiti (1 per ogni locale) dando vita ad una vera e propria girandola di stili e sapori mediterranei. Il piatto presentato in ogni ristorante rimarrà in carta fino al 1 maggio.

Qoco Fusion Award: gli ospiti a cena voteranno i piatti presentati con assegnazione del Premio consumatori al primo classificato. Sorteggio di coupon omaggio per cene e olio Evo.

sabato 25 marzo

VERDE SPONTANEO Tour sulla Murgia alla scoperta di erbe spontanee e della flora arborea accompagnati da una guida ambientaleSosta a Castel del Monte.

SPIRITI e SOSPIRI Tradizione e spiritualità si fondono al Museo Diocesano in una degustazione che unisce in abbinamento i dolci tipici delle monache, preparati secondo antiche ricette nei conventi del territorio, a vini da dessert, tra cui in particolare il Moscato di Trani.

sabato 25 marzo e domenica 26

MERCATO DELLA TERRA E DEI PRESÌDI DEL GUSTO, Andria, Chiostro di San Francesco a cura di Slow Food Puglia.

TUTTE LE INIZIATIVE DI QOCO e FUORI di QOCO sono APERTE AL PUBBLICO

www.qoco.info

Terra di Lavoro Wines 2023 – le nostre considerazioni finali

Redazione

Parlare di eventi come Terra di Lavoro Wines 2023 rappresenta uno dei presupposti pensati sin dagli inizi dalla Redazione di 20Italie.

Venti, come le nostre magnifiche Regioni ricche di storia, cultura e coscienza enogastronomica. Tra di esse la prima da cui siamo partiti è stata la Campania, non sempre attenzionata persino dai suoi abitanti.

Nulla di nuovo all’orizzonte, in perfetta coerenza con il motto latino “nemo propheta in patria”. Eppure ci sarebbe parecchio da dire, in particolare della voglia di coesione ricercata dai produttori vitivinicoli del Consorzio Tutela Vini Caserta “VITICA”.

Il Presidente Cesare Avenia è un vero vulcano di iniziative, proprio come il territorio di appartenenza caratterizzato dai ricordi lavici delle eruzioni, sotto forma di sabbie, ceneri e pomici.

L’aggregazione è composta da ben 3 Doc e 2 Igt, ciascuna caratterizzata da differenze pur all’interno di un unico schema, unito dal classico filo rosso di Arianna. Il Mar Tirreno a poca distanza con i suoi zefiri miti che garantiscono buone escursioni nelle calure estreme delle ultime stagioni ed il vulcano spento di Roccamonfina, con il lontananza l’ancor vivo Vesuvio, sono la testimonianza delle complessità naturale di queste terre.

Per far sì che possano essere conosciute vieppiù al grande pubblico di appassionati ed operatori del settore, verrà istituito, a fine aprile, il “sabato casertano” con cantine aperte e possibilità di visita delle stesse previa prenotazione sul sito del Consorzio Vitica.

Ma veniamo alle fasi cruciali di Terra di Lavoro Wines II Edizione, svoltasi nella magnifica cornice del Real Sito Belvedere di San Leucio (CE) nei giorni 18 e 19 marzo 2023.

Dopo i saluti di rito delle Autorità presenti Carlo Marino sindaco di Caserta, Tommaso De Simone Presidente CCIAA di Caserta e Salvatore Schiavone Direttore Ufficio Italia Meridionale ICQRF – il giornalista enogastronomico Luciano Pignataro ha aperto i lavori con le relazioni del professore Attilio Scienza e di Elisa Frasnetti, assegnista di ricerca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

Tema delicatissimo: la sostenibilità e le nuove sfide per il futuro. A seguire, in collegamento video, la docente universitaria Roberta Garibaldi ha terminato la prima fase del simposio parlando di turismo enogastronomico.

Gradita presenza, a conclusione lavori e prima di cominciare le degustazioni tra i banchi d’assaggio, dell’Assessore all’Agricoltura per la Regione Campania Nicola Caputo.

Ottimo il supporto della squadra di sommelier di A.I.S. Campania nel gestire al meglio le richieste dei presenti anche durante le Masterclass, con interventi del Presidente dell’Associazione Italiana Sommelier Campania Tommaso Luongo e del Delegato di Caserta Pietro Iadicicco.

Le degustazioni guidate, con vini assaggiati rigorosamente alla cieca, sono servite ad evidenziare pregi e limiti delle varie Denominazioni, creando quell’identità fondamentale per porsi dinanzi al giudizio dei critici e dei mercati di riferimento.

La nostra reporter Maurizia Albano ha potuto constatare con mano la qualità dei prodotti con pochissimi rilievi in negativo, indice di un percorso di crescita per tutto il comparto. Stuzzicanti le acidità delle versioni Asprinio di Aversa e gustose quelle delle altre Denominazioni compresa la piccolissima Doc Galluccio.

Le varietà d’uva principali sono: Falanghina, Asprinio Bianco, Aglianico, Piedirosso, Pallagrello e Primitivo, tutte considerate autoctone, accompagnate da tante altre di minor produzione. La bellezza autentica della nostra Campania!

Il giorno 19, invece, è stato il momento per la commozione, dapprima nel vedere la rinascita della Vigna Borbonica di San Silvestro della Reggia di Caserta, che Tenuta Fontana ha ricevuto in affidamento in concessione. Scopo del progetto “Vigna di San Silvestro” è la valorizzazione enologica della produzione di una varietà tradizionale come il Pallagrello Bianco e Nero.

A seguire l’attribuzione al Consorzio Vitica del Marchio di Autenticità Culturale (M.A.C.) ed il Premio dedicato alla memoria di Maria Felicia Brini (Masseria Felicia), imprenditrice eclettica e grande innovatrice, troppo prematuramente scomparsa.

A ricevere il premio è stato il ristorante Il Frantoio Ducale per la migliore carta dei vini del territorio.

L’ottimismo è il profumo della vita: su questa basi non possiamo che attendere, fiduciosi, la prossima edizione di Terra di Lavoro Wines.

“TERRA DI LAVORO WINES” 2023

Comunicato di Redazione

Due giornate interamente dedicate alle produzioni vitivinicole casertane si prospettano il 18 e 19 marzo prossimi al Real Sito Belvedere di San Leucio.

Un viaggio lungo tutta la provincia all’insegna dell’enologia casertana nella seconda edizione dell’evento TERRA DI LAVORO WINES.

Numerosi gli incontri di esperti, giornalisti, produttori e appassionati del settore. Di seguito il programma completo e le modalità di adesione per il pubblico presente.

Ben 5 le Denominazioni coinvolte dal Consorzio Vitica: Aversa Asprinio DOC, Falerno del Massico DOC, Galluccio DOC, Roccamonfina IGT e Terre del Volturno IGT.

Il PROGRAMMA

Sabato 18 marzo

Sala Convegno

10:00
TERRA DI LAVORO WINE FORUM
LA SOSTENIBILITA’ DELLA FILIERA VITIVINICOLA

MODERATORE
LUCIANO PIGNATARO Giornalista

SALUTI
CARLO MARINO Sindaco di Caserta
TOMMASO DE SIMONE Presidente CCIAA di Caserta
SALVATORE SCHIAVONE Direttore Ufficio Italia Meridionale ICQRF

INTERVENTI

ATTILIO SCIENZA  –  Lavorare con il futuro: ecocompatibilità dei processi e sostenibilità dei territori viticoli 
ETTORE CAPRI  –  Sostenibilità… tutto da fare
ROBERTA GARIBALDI  –  Le nuove sfide del Turismo Enogastronomico

CONCLUSIONI
CESARE AVENIA Presidente Vitica
NICOLA CAPUTO Assessore all’Agricoltura Regione Campania

Piazzale del Belvedere

12:30
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
PALLAGRELLO di Manuela Piancastelli

13:00
APERTURA TAVOLI DI DEGUSTAZIONE

15:00
MASTERCLASS
GALLUCCIO DOC – ROCCAMONFINA IGP

18:00
MASTERCLASS
FALERNO DEL MASSICO DOC

20:00
CHIUSURA TAVOLI DI DEGUSTAZIONE

Domenica 19 marzo

12:00
TERRA DI LAVORO WINE AWARDS

  • COMMEMORAZIONE 250° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LUIGI VANVITELLI
  • ATTRIBUZIONE AL CONSORZIO VITICA DEL MARCHIO DI AUTENTICITA’ CULTURALE (M.A.C.)
  • PREMIO MARIA FELICIA BRINI AL RISTORANTE “MIGLIORE CARTA DEI VINI DEL TERRITORIO”

15:00
MASTERCLASS
AVERSA ASPRINIO DOC

18:00
MASTERCLASS
TERRE DEL VOLTURNO IGP

20:00
CHIUSURA TAVOLI DI DEGUSTAZIONE

Durante la due giorni sarà possibile prenotare visite al Real Sito Belvedere di San Leucio e all’antica Fabbrica della seta.

Per info e prenotazioni:

https://www.vitica.it/

Coordinamento e Ufficio Stampa

Floriana Schiano Moriello