Slow Food: la storia del progetto “Salviamo i prati stabili e i pascoli”

di Ombretta Ferretto

“Salviamo i prati stabili e i pascoli” è un progetto Slow Food nato con l’obiettivo di portare l’attenzione sulla salvaguardia dei prati da pascolo e sull’enorme patrimonio di biodiversità di erbe da foraggio.

Prati stabili e pascoli, a serio rischio per l’estensione delle monocolture, sono alla base della produzione casearia del nostro paese oltre ad essere indispensabili per la vita di api e altri impollinatori. In occasione del prossimo Cheese 2023, che si svolgerà a Bra (CN) dal 15 al 18 settembre, Slow Food ha dunque lanciato l’iniziativa “Il gioco del piacere”, degustazione alla cieca di cinque formaggi (4 da prati stabili e 1 clandestino da scoprire), che lo scorso 19 Maggio ha contato sulla partecipazione di oltre ottocento persone, in collegamento telematico da tutte le Condotte d’Italia.

Taverna Mafalda, osteria contemporanea a Castellammare di Stabia, che ricerca le sue materie prime tra piccoli produttori locali, in collaborazione con Slow Food Costiera Sorrentina e Capri Aps, ha ospitato l’iniziativa e la successiva cena, a tema “pastorizia”. La degustazione online è stata moderata da Antonio Puzzi di Slow Food Italia e condotta da Giampiero Lombardi del Dipartimento di Scienze Agrarie e forestali dell’Università di Torino, Giampaolo Gaiarin, tecnico caseario di Slow Food e vicepresidente ONAF, Maria Luisa Zoratti, esperta di analisi sensoriale del miele e referente del Presidio dei mieli di alta montagna alpina del Friuli Venezia Giulia.

Protagonisti della degustazione visiva e gusto-olfativa un pecorino toscano, un pecorino d’Alta Baronia, un Caciocavallo da mucche di razza modicana, un Parmigiano Reggiano e un Trentingrana. L’intruso, ovvero il pecorino toscano, è stato individuato da oltre l’80 % dei partecipanti al gioco, anche grazie all’approfondita degustazione sensoriale condotta da Giampaolo Gaiarin. Il gioco si è concluso con la degustazione del miele di alta montagna Valgrana dalla provincia di Cuneo, anche in abbinamento ai cinque formaggi.

Lo Chef Andrea Di Martino di Taverna Mafalda, in occasione della serata gioco, ha studiato il Menù del Pastore, utilizzando prodotti locali, come la ricotta di Gesinella della Fattoria Zero di Castellammare di Stabia, abbinando vini di piccole realtà vinicole della Campania. La pizza al padellino con mousse di ricotta Gesinella, unita a pomodori secchi e zest di limone, ha aperto la cena in abbinamento con la Falanghina del Fois IGP Campania 2021 di Società Agricola Cautiero a Frasso Telesino (BN).

La ricotta, ottenuta esclusivamente con latte di mucche agerolesi, si sposava in maniera interessante con il pomodoro secco e la zest di limone, ma l’abbinamento con Fois, vinificato in acciaio con lieviti indigeni, non chiarificato e non filtrato, evidenziava il carattere agrumato e minerale della Falanghina allungandola in un finale a tratti amaricante.

Evocativo della più classica merenda del pastore (fave, pecorino e pancetta) il piatto successivo: risotto alla gricia con fave.

Abbinamento con il Respinto IGT 2020 della Cantina Bambinuto di Santa Paolina (AV). Provocatorio nel nome perché respinto in sede di Commissione Greco di Tufo Docg, si distingue per profumi d’acacia e zenzero, oltre alla piacevole freschezza del sorso.

Con l’ultima pietanza lo chef Di Martino ha voluto omaggiare la Shepherd’s pie irlandese, come
espressione delle svariate esperienze avute all’estero. La Torta del pastore è uno stufato di agnello e piselli, servito in una terrina di coccio e sigillato da una cremosa purea di patate, croccante in superficie.

Il Taurasi DOCG 2014 Padre de La Cantina di Enza in Montemarano (AV) si è mostrato complesso nei riconoscimenti olfattivi, che spaziavano dalle more di rovo al pepe, dalla prugna alle tostature di caffè, e grazie al sorso intrigantemente fresco e al tannino ben integrato, sosteneva perfettamente la struttura della preparazione.

La cena si è chiusa con il più classico dei dolci al formaggio, la cheesecake con marmellata ai frutti rossi, cotta al forno. Ospite della cena, oltre ai partecipanti del gioco del piacere Slow Food, anche la Presidente di Fattoria Zero, Carolina Esposito.

La sua ricotta Gesinella, degustata durante la serata, è frutto di un progetto sociale che vede il coinvolgimento di ex-tossicodipendenti e ragazzi con problemi psichici. Dove c’è cultura enogastronomica, ci sono sempre grandi valori di riferimento.

Toscana: Morellino del Cuore 2023

di Adriano Guerri

Lo scorso 24 maggio ho partecipato alla prima di tre serate denominate Morellino del Cuore dedicate al Morellino di Scansano. L’evento si è svolto  a Firenze al Boulevard Parc Bistrò, luogo di promozione e divulgazione del vino di qualità, spazio eventi e bistrot. In degustazione 10 vini selezionati da una commissione di giornalisti, esperti e collaboratori di importanti guide e riviste enogastronomiche. 

Il seminario è stato organizzato e guidato dai giornalisti Roberta Perna e Antonio Stelli in collaborazione con il Consorzio Tutela Morellino di Scansano. Hanno partecipato tutti i produttori dei 10 vini selezionati  per l’occasione e il direttore del Consorzio il dott. Alessio Durazzi, che ci ha illustrato brevemente il territorio e le aziende.

Prima di passare all’analisi sensoriale dei vini in degustazione, lasciamo il tempo ad alcune nozioni su questo incantevole  comprensorio .

Il Morellino di Scansano è una gemma enologica localizzata tra l’antico vulcano Monte Amiata e la stupenda costa Tirrenica in provincia di Grosseto. In tempi remoti, qui gli Etruschi avevano già iniziato a coltivare la vite e a produrre vino. Si ipotizza  che il nome derivi da un’antica leggenda secondo la quale, dal vicino capoluogo, alcune famiglie transitavano in carrozza sulle colline intorno al borgo di Scansano per acquistare il già notorio vino rosso della zona. Erano trainate da cavalli neri detti “morelli”, motivo, sembrerebbe, dell ’origine del nome “Morellino”. Un microclima ideale per la coltivazione della vite: suoli sciolti e ricchi di minerali, calcare e argilla (tra galestro e alberese), e l’influsso marino della costa a dar origine a vini di indubbia qualità.

Per disciplinare deve essere prodotto con uve Sangiovese almeno per l’85%. Possono concorrere al completamento nella misura massima del 15%: Alicante, Ciliegiolo, Colorino, Malvasia Nera, Canaiolo, Montepulciano, Merlot, Syrah, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. La maggioranza dei produttori predilige, però, lavorare il Sangiovese in purezza. Nelle migliori annate viene prodotta anche la tipologia Riserva. 

Il territorio comprende 7 Comuni: oltre a Scansano, che dà il nome alla denominazione, parte dei territori di Campagnatico, Grosseto, Magliano in Toscana, Manciano, Roccalbegna e Semproniano. Il riconoscimento a Doc è giunto nel 1978; sarà il 2007 l’anno dell’incoronazione a Docg.  Ha vissuto un periodo di grande successo alla fine dello scorso millennio e dopo un periodo di pausa è tornato con merito nella cerchia dei grandi vini rossi italiani.

Un panorama agricolo caratterizzato da dolci colline, che ha invogliato molti imprenditori già affermati in altre zone della Toscana e in Italia ad investire in questo lembo di terra, valorizzando e tutelando l’intero comparto. A tavola è il compagno ideale di molte preparazioni culinarie della tradizione; l’abbinamento giusto predilige comunque carni rosse, soprattutto alla griglia, tortelli maremmani al ragù di carne e cinghiale in umido. 

Un vino duttile, capace di farsi apprezzare sia da giovane sia con qualche annetto in più. L’attuale Presidente del Consorzio del Morellino di Scansano è Bernardo Guicciardini Calamai.

I vini in degustazione

Santa Lucia Morellino di Scansano Docg 2022 A’ Luciano Sangiovese 90% e Alicante 10%. Emana note di fiori di campo, frutti di bosco e succo d’arancia, fresco con tannini ben levigati, invoglia ad un sorso successivo.

Tenuta Agostinetto Morellino di Scansano Docg 2022 La Madonnina Sangiovese 85% Cabernet per la restante parte. Rivela sentori  di rosa, mora, mirtillo e ciliegia; sorso fresco, sapido e rotondo.

Mantellassi Morellino di Scansano Docg 2022 Il Mago di O3 Sangiovese 100%. Danza tra note di viola, lampone, ribes e mirtillo; succoso e lungo.

Le Rogaie Morellino di Scansano Docg 2021 Forteto Sangiovese 100%. Dipana note di erbe aromatiche, violetta,  anguria e frutta rossa matura, dal sorso fresco, dinamico e persistente.

Per i campioni “Intermedio”, che si pongono come una sorta di Selezione tra le tipologie Annata e Riserva:

Boschetto di Montiano Morellino di Scansano Docg 2021 Io&Te – Sangiovese 85% e Merlot 15%. Svela sentori di arancia sanguinella, mora, amarena e nuances balsamiche. Palato ricco, avvolgente e durevole.

Cantina Vignaioli di Scansano Morellino di Scansano Docg 2021 Vigna Benefizio Sangiovese 100%. Declina nuance di prugna, ciliegia matura e pepe nero, dal gusto fresco e piacevolmente tannico.

Podere 414 Morellino di Scansano Docg 2020 – Sangiovese 85%, Ciliegiolo, Colorino, Alicante, Syrah 15%. Rimanda sentori di corbezzolo, frutti di bosco,  liquirizia, pepe e nuances balsamiche,  ricco, setoso, morbido e dinamico.

Per la Riserva

Roccapesta Morellino di Scansano Docg Roccapesta Riserva 2020 – Sangiovese con un saldo di Ciliegiolo. Si percepiscono sentori floreali succeduti da susine, more, lamponi e melagrana. Dal sorso armonioso e vellutato.

Morisfarms Morellino di Scansano Docg Riserva 2019 – Sangiovese 90% Cabernet Sauvignon e Merlot 10%. Complesso e intenso, in prima battuta da note floreali, frutta rossa, carruba, rabarbaro, eucalipto e menta, sapido,  avvolgente e persistente.

Terenzi Morellino di Scansano Docg Riserva 2019 Madrechiesa Sangiovese 100%. Alla prima olfazione parte su petali di rosa e ciliegia croccante, poi vira tra scorza d’agrumi e tabacco, molto appaganti.

Dopo la degustazione dei vini è seguita una squisita cena a base di pesce in abbinamento ai campioni degustati. Roberta Perna ci ha ricordato le altre due serate dedicate a Morellino del Cuore, che saranno il 22 giugno presso Lo Scoglietto a Rosignano Solvay (Li) e il 12 luglio da Canapone a Grosseto.

“I Garagisti di Sorgono”: il Mandrolisai con firma d’autore

di Adriano Guerri

Nella medievale Rocca Rangoni di Spilamberto (Mo), durante la 7°edizione dell’evento Vignaioli Contrari, ho conosciuto un piccolo angolo di Sardegna con la cantina I Garagisti di Sorgono.

Sono rimasto colpito dai loro vini e ve li propongo con alcuni cenni sull’azienda. 

I Garagisti di Sorgono è una splendida realtà enologica sarda, nata nel 2015 dall’unione di tre giovani viticoltori: Pietro Uras, Renzo Manca e Simone Murru. Il loro obiettivo è produrre vini artigianali, espressivi e di elevata qualità con vitigni autoctoni dell’isola.

Pietro Uras – I Garagisti di Sorgono

Coltivano circa 10 ettari vitati al centro geografico della Sardegna, più precisamente a Sorgono (NU), area di confine fra Barbagia e Campidano all’interno della Doc Mandrolisai. Alcuni vigneti ad alberello libero, considerati tra i più belli del mondo, superano addirittura gli ottanta anni di età; altri invece arrivano ai sessanta, messi a dimora dai genitori e persino dai nonni dei proprietari.

Le altimetrie si attestano sui 550 metri s.l.m. con suoli poveri e sabbiosi derivanti da disgregazione granitica. Il clima è di tipo mediterraneo, caratterizzato da notevoli escursioni termiche e le uve beneficiano della maggior concentrazione di aromi. Le varietà coltivate sono, Cannonau, Monica e Muristellu (o Bovale Sardo). La scelta del nome aziendale deriva da “Vin de Garage”, termine usato a Bordeaux per aziende di piccole dimensioni, limitate produzioni e vini di indubbia qualità.

Note di degustazione 

Rosato Mandrolisai Doc 2022 – dalle eleganti note di rosa, lampone e creme de cassis. Fresco, sapido, leggiadro e ben ordinato.

Parisi – Bovale Igt 2021 – rosso rubino intenso, naso da viola mammola, ribes nero, pepe in grani e liquirizia. Gusto piacevolmente tannico, vellutato ed equilibrato. 

Manca – Cannonau Doc 2020 –  riflessi rubino vivaci, intensi aromi di more, prugna, ribes e mirtillo che anticipano note di pepe nero ed erbe aromatiche. Avvolgente, coerente e persistente.   

Murru – Monica Doc 2020 – rubino intenso, naso da ciliegia, lampone e rabarbaro, cui seguono note di spezie dolci e mandorla. Molto lungo e armonioso. 

Uras – Mandrolisai Doc 2020 – svela subito nuance di petali di rosa rossa, frutti di bosco, macchia mediterranea e sottobosco. Finale sapido, rotondo e armonioso.

Filippo Bizzarri e il suo “Pirata Suino”

di Alberto Chiarenza

La nostra visita da Filippo Bizzarri, esperienza nel mondo delle cave estrattive e uno dei titolari dell’azienda Pirata Suino, inizia proprio dal casale con La Bottega dei Sapori, un’ex stalla riattata ove il nonno già allevava bovini da latte ed oggi locale di vendita al pubblico di carne e prodotti tipici.

Da sinistra Catia Minghi, Filippo Bizzarri, Antonino De Gennaro, Carlo Zucchetti

Il padre di Filippo trasformò la stalla in cantina, con tanto di tini d’acciaio e botti in castagno da 20 ettolitri per fare vino. Purtroppo non ebbe il successo sperato e Filippo decise, invece, di invertire la rotta e ritornare sulle impronte lasciate dal nonno.

Un vero e proprio punto vendita dei lavorati a marchio Pirata Suino, attività nata da una sorta di scommessa a tutela del territorio. Ci troviamo, infatti, fuori dalla capitale Roma sul tratto di strada che da Via della Pisana (zona Pontegaleria-Pisana), conduce verso Fiumicino-Maccarese.

La grande richiesta di sabbia e ghiaia necessaria alla produzione di calcestruzzo nel dopoguerra, ha lasciato in questa “area di preda” numerose voragini, rovinando l’ambiente circostante anche per le generazioni avvenire. Da qui il progetto, condiviso con altri soci, per sanare le ferite del passato.

Nel 2013 Bizzarri inizia quasi per caso ad avvicinarsi al mondo dei bovini, dopo aver conosciuto alcuni allevatori tra cui Alessandro Fantini, veterinario e direttore responsabile di Ruminantia. Apprese come una spugna le tecniche per un allevamento a regola d’arte, arrivando nel 2019 all’acquisto dei primi bovini.

Lo scopo è stato quello di creare una sinergia tra tre elementi naturali: il terreno di recupero da altre attività, il materiale di sfalcio e potature e il letame proveniente degli animali. Elementi messi insieme e riposizionati per ridare equilibrio e consentire, in un circolo virtuoso, di coltivare foraggio destinato agli allevamenti suini e bovini, portando così nuova vita a terreni destinati all’abbandono. Un progetto importante per la salvaguardia territoriale che si è tramutato in mano d’opera e tanti posti di lavoro, nel pieno rispetto della sfida alla sostenibilità.

La visita della azienda, organizzata dal giornalista enogastronomico Carlo Zucchetti e dall’esperta Catia Minghi, ha consentito di toccare con mano questo impegno e di osservare gli animali al pascolo. Si possono notare pure i maiali di razza Cinta Senese allo stato brado e gli ovini e, prossimamente, altre attività nell’ambito della ristorazione e produzione di prelibatezze culinarie.

Al termine la consueta degustazione con i prodotti proprio di Pirata Suino, preparati dall’estro dello Chef premiatissimo Marco Ceccobelli, del Agriristorante Il Casaletto a Grotte di Santo Stefano (VT), in abbinamento con i vini di Castello di Torre in Pietra illustrati dall’enologo interno della cantina Antonino De Gennaro.

“Trentodoc in Città”: a Napoli le bollicine di montagna guardano il Vesuvio

di Ombretta Ferretto

“Trentodoc in Città” è la manifestazione promossa dal consorzio spumantistico trentino per promuovere le bollicine di montagna in diverse realtà italiane.

Lunedì scorso 17 Aprile è approdata a Napoli, all’Hotel Eurostar Excelsior, con trentadue banchi d’assaggio e due seminari di degustazione guidata. L’evento, realizzato con il supporto di AIS Campania, era prevalentemente rivolto a operatori del settore, che, in una delle sale al piano terra, hanno potuto degustare i prodotti della DOC, scegliendo tra le cento etichette in mescita. Presente con ben tre referenze la cantina che ha scritto la storia del Trento Doc: Ferrari. Così come i colossi della viticoltura trentina Cavit e Nosio, attraverso i loro marchi Trentodoc, Altemasi e Rotari.

Non è stata facile la scelta all’interno di un così vasto assortimento, dove l’unica possibile classifica è quella dettata dal gusto personale. Tra i presenti ai banchi, spiccano Maso Martis Pas Dosé Riserva Bio, per la ricchezza e le mille sfaccettature al naso, e il +4 Rosé Riserva Letrari, per la gustosità del sorso che richiama la gelatina alle fragoline di bosco.

Le due Masterclass, guidate da Valentino Tesi, Miglior Sommelier d’Italia 2020, e Tommaso Luongo, Presidente AIS Campania, hanno raccontato la storia e le caratteristiche principali di questa Denominazione di Origine nata nel 1993 come la prima in Italia totalmente dedicata a un Metodo Classico. L’Istituto Trento Doc, fondato nel 1984 (e dunque prima ancora della stessa denominazione), conta oggi 67 aziende iscritte. Oltre 1154 sono gli ettari vitati certificati, nelle cinque valli intorno al capoluogo Trento: Vallagarina, Valsugana, Valdicembra, Val d’Adige, Valle dei Laghi. Quattro invece le varietà d’uva previste dal disciplinare: Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco e Meunier. Determinati pure gli affinamenti minimi per le diverse categorie: 15 mesi per il Brut, 24 mesi il Millesimato, 36 mesi per la versione Riserva.

Giulio Ferrari fu il primo a intuire, all’inizio del secolo scorso, che l’elemento latitudine, così determinante nella zona dello Champagne, poteva essere sostituito in Trentino da un altro elemento altrettanto caratterizzante, l’altitudine, con risultati altrettanto pregevoli nella produzione di un Metodo Classico. Bollicine di montagna è l’indissolubile slogan legato al nome Trentodoc, perché la caratterizzazione principale di questo spumante è determinata dal territorio montano, da suoli prevalentemente porfirici e calcarei (spesso ricchi di dolomia e roccia rossa del Trentino), che ne determinano profumi sottili ed eleganti e un gusto teso e minerale nell’evoluzione.

Ho partecipato alla seconda degustazione guidata, con sette campioni rappresentanti tutte le aree di produzione. Eccone, in sintesi le mie personali impressioni.

Trentodoc Sarnis Rosé s.a. – Cantina sociale di Avio 65% Pinot Nero – 35% Chardonnay
36 mesi di permanenza minima sui lieviti

Colpisce immediatamente per il suo colore rosa antico. Naso contraddistinto dalla delicatezza dei profumi di cipria, melagrana, fiori secchi, che si completano in bocca con la freschezza delle erbe mediterranee e il finale piacevolmente mordente.

Trentodoc Monsieur Martis – Rosé de noir 2018 Brut Millesimato – Maso Martis
100% Pinot Meunier
48 mesi di permanenza minima sui lieviti

Unico campione da Pinot Meunier in purezza. Bouquet complesso, immediatamente minerale vira poi agrumato su arancia rossa, bonbon al mandarino, acqua di mille fiori, tostature al torroncino.
Bocca avvolgente è perfettamente sostenuta dalla freschezza vivace, in uno dei campioni con un basso residuo zuccherino da dosaggio (5,5 g/l).

Trentodoc Altemasi Pas Dosé – 2017 Millesimato – Altemasi
60% Chardonnay – 40% Pinot nero
60 mesi di permanenza minima sui lieviti

Primo dei Pas Dosé in degustazione, Altemasi Millesimato si presenta di un giallo brillante con nuance ancora giovanili. Scie balsamiche di eucalipto e mentolo, ma la nota agrumata, così tipica del Trentodoc, si fa strada tra pompelmo rosa, cedro e fiori di zagara. Teso in acidità, anche e golosamente coerente al palato con ricordi di canditura.

Trentodoc Blasé – 2016 Millesimato – Revì
75% Chardonnay – 25% Pinot nero
42 mesi di permanenza minima sui lieviti

Giallo brillante per il Millesimato 2016 che, con i suoi 24 mesi di affinamento ulteriori dopo la data di sboccatura, si contraddistingue per le note di evoluzione, proseguendo su sentori di tostature, marzapane e fiori appassiti. Gusto su scie di distillazione e frutta surmatura nella parte retronasale.

Trentodoc Opera Brut – 2014 Millesimato – Opera Valdicembra
100% Chardonnay
60 mesi di permanenza minima sui lieviti

Verve dorata dall’inizio alla fine, esplode su caratteristici sentori di zagara e agrumi, persino pungenti, dove il lime spicca assieme ad una tenue nota di menta nepitella da mixologia moderna. Verticale come una lama, si completa tra essenze rinfrescanti e gusto pieno.

Trentodoc Blauen Extra Brut Blanc de Noirs – 2015 Millesimato – Moser
100% Pinot nero
72 mesi di permanenza minima sui lieviti

Presente anche la casa spumantistica del campione ex ciclista Moser, con l’etichetta che ricorda il suo record dell’ora di 51,151 km. Naso gentile declinato su profumi di mela cotogna, susina acerba, e nuance officinali di felce. Sorso fresco, secco, con una persistenza di note fruttate mature.

Trentodoc Domini Nero Brut – 2016 Millesimato – Abate Nero
100% Pinot Nero
60 mesi di permanenza minima sui lieviti

L’ultimo in degustazione è di nuovo un blanc de noirs, di brillante vivacità. Naso ricco e sfaccettato di erbe di montagna, fiori di campo, mela, susina e note fumé in chiusura. Acidità e sapidità dialogano alla perfezione sulle fragranze presenti in sottofondo.

Ultima curiosità: sul marchio Trentodoc: le due “o” del logo rappresentano in maniera stilizzata il remuage al quale vengono sottoposte le bottiglie di metodo classico in pupitre.

Ad maiora!

Qoco 2023: si traccia la via per l’Olio Extravergine di Oliva che verrà

di Serena Leo

Quanto può un semplice ingrediente caratterizzare il territorio? Su questa domanda e su buone prospettive di crescita, si è svolto l’evento Qoco 2023, il Festival dedicato all’Olio Extravergine di Oliva che torna dopo una lunga pausa. Tanti i cambiamenti in fatto di cucina e società, pronti a far parlare di buona Puglia in casa ed in tutto il mondo.

Una tre giorni di condivisione e di scambi culturali, questo è Qoco 2023 che ha messo l’Olio Extravergine di Oliva nelle condizioni di diventare, ufficialmente, pietanza classica e non soltanto uno degli ingredienti delle ricette mediterranee. A dimostrare la forza dell’oro verde di Puglia sono le sinergie che sul suolo andriese hanno evidenziato la capacità di innovare e rinnovare, creando un concetto di cucina del futuro.

Cosa sta cambiando in questo settore? Quali sono le riflessioni fatte e quali gli scenari ancora da scrivere? Ne abbiamo parlato con gli addetti ai lavori attraverso dei temi chiave.

Consapevolezza e trasparenza

Per raccontare una storia servono idee, ma anche la conoscenza di ciò che è stato. Spesso si è sacrificata una buona fetta di informazione a discapito della velocità, della mancanza di cultura, di condivisione e dell’ineluttabile guerra al ribasso. Ora, però, c’è un’inversione di tendenza basata sulla consapevolezza. Ripartire dall’olivo, dai suoi frutti prelibati fino alla bottiglia, per raccontare ciò che significa l’Olio Extravergine di Oliva per la Regione e per l’Italia intera.

Marcello Longo, Presidente Slow Food Puglia, propone la chiave della trasparenza tramite un’etichetta narrante interattiva, per informare a dovere il consumatore “Acquistare una bottiglia d’Olio Extravergine di Oliva significa acquistare un prodotto dalla filiera chiara e lineare, dall’albero alla bottiglia, e ciò deve essere comunicato al consumatore finale. Noi di Slow Food, con il progetto etichetta narrante, raccontiamo tutte le fasi produttive: dalla scelta della cultivar, a chi l’ha raccolta, al frantoio, alla conservazione e tutto ciò che stabilisce la qualità. Tra i messaggi essenziali di Qoco c’è proprio la trasparenza”.

Insieme a questo traguardo Slow Food Puglia sta cercando di preservare nel miglior modo possibile non solo un patrimonio culinario ma anche paesaggistico, ecco quindi come l’attuale Presidio degli olivi secolari di Puglia, che annovera ben 19 esemplari, è destinato ad aumentare anno dopo anno.

Formazione continua

Farsi forza sull’Olio Extravergine di Oliva si può? Certamente, ma serve un’imprescindibile formazione. Le riflessioni di Nino Di Costanzo, chef di Danì Maison, due stelle Michelin a Ischia, in giuria per la competition di Qoco 2023: la sua idea a riguardo è estremamente chiara, compresi gli strumenti da utilizzare.

Bisogna iniziare a introdurre il concetto di cultura alimentare nelle scuole, parlando anche di olio extravergine di oliva, un alimento che in cucina è essenziale. La buona formazione è utile per evitare l’utilizzo di prodotti non autoctoni e di trattare con cura le materie prime. Il Sud esprime qualcosa di straordinario da trasmettere ai giovani. Nelle scuola c’è ancora tanta ignoranza in materia. Una buona conoscenza serve per utilizzare al meglio ogni alimento. Per una regione che si affaccia sul mare e annovera tra i suoi patti forti il pesce, tale condimento è perfetto per esaltare i sapori. Nel caso pugliese la regione ha ancora un potenziale inespresso”.

Sulla base di questo si può e si deve fare innovazione. “Dell’Olio Extravergine di Oliva bisogna avere rispetto e tentare di lavorarlo il meno possibile. Se i produttori fanno un grande lavoro per portare sulle nostre tavole un alimento tecnicamente perfetto, anche dal punto di vista organolettico, il nostro compito è cercare di mantenerne l’integrità. Ad esempio io cerco di non trasformarlo, mantenendolo quasi sempre a crudo per renderlo protagonista a tavola”.

Idee in cucina

Tante volte in cucina si parla la lingua della semplicità. Tra gli ambassador del buon mangiare c’è Chef Felice Sgarra, di Casa Sgarra a Trani, una Stella Michelin e fiero pugliese. Nel suo compito di giurato per la competitionQoco 2023 – Un filo nel piatto” sposa e promuove il concetto della “cucina di una volta”, però con attenzione. Proprio come accade nel suo ristorante, la tradizione si eleva a un livello superiore, premiando le eccellenze territoriali, lavorando sul chilometro zero ragionato e, grazie alle esperienze nazionali e internazionali  dei suoi fratelli, sulla fusione di culture diverse. Il risultato? Piatti che ci fanno sentire a casa, ma in modo diverso.

L’Olio Extravergine di Oliva da noi è sempre stato di uso comune, un prodotto disponibile in casa non per ricchezza, ma per abbondanza. In Puglia, in tutte le famiglie c’è sempre una buona scorta. In cucina è un protagonista assoluto e sta a noi farne un uso coerente assieme a tutti gli altri ingredienti che la biodiversità territoriale ci offre, prodotti che tutto il mondo ci invidia”. Riguardo a una nuova visione Sgarra tiene la barra dritta: “l’innovazione si può fare ed è nell’indole degli chef. Per innovare bisogna sbagliare, accettare e migliorarsi sempre. Si parte riadattando il nostro essere, senza guardare esclusivamente fuori dai confini. Sfido chiunque a fare un piatto sbagliato con dell’Olio Extravergine di Oliva, anche una semplicissima pasta in bianco. Con aggiunta di esso hai già fatto l’amore a tavola”.

L’Olio Extravergine di Oliva può essere un viatico per rilanciare la Puglia gastronomica? “Come tutti i prodotti artigianali anch’esso contribuisce al rilancio della Puglia dal punto di vista economico e di immagine. Una buona campagna olearia significa ricchezza, abbondanza. Puntare sull’oro verde è la strada giusta.”

Il vincitore

Impegno istituzionale

L’Olio Extravergine di Oliva necessita non solo di una fortunata annata produttiva, ma anche di un costante impegno istituzionale pronto ad attuare un sistema di successo. Secondo Giovanna Bruno, sindaco di Andria, che assieme alla sua squadra ha voluto fortemente Qoco 2023 “Bisogna unirsi evitando le fazioni. Quando si fa ricerca dell’eccellenza è essenziale fare rete in modo da dare, anche nel caso dell’olio extravergine di oliva, l’importanza che merita”. Per il sindaco serve un’innovazione ragionata e l’ausilio dell’esperienza in modo da soddisfare le esigenze del nuovo consumatore alla ricerca di un cibo dallo storytelling forte e salutare.

Vince la creatività

Nella competition “Qoco 2023 – Un filo nel piatto”, la giuria presieduta da Alfonso ed Ernesto Iaccarino ha proclamato vincitore lo chef Rafael Arroyo Martinez che dall’Andalusia ha portato un piatto dal gusto mediterraneo, ma per nulla scontato: crema calda all’Olio Extravergine di Oliva, vongole e branzino del mediterraneo, il tutto condito da una monocultivar Coratina.

Un lavoro di ricerca fatto sui semi di ulivo in cui si dimostra la versatilità di un caposaldo della tradizione italiana e pugliese. Secondo Alfonso Iaccarino, patron del ristorante stellato “Don Alfonso 1890” a Sant’Agata sui Due Golfi, “è stato lo chef che più di tutti ha esaltato il tema del concorso valorizzando le peculiarità dell’extravergine, coniugandole nel segno della modernità e della mediterraneità magistralmente interpretate”.

Al secondo e terzo posto, rispettivamente, si attestano Martin Zupanc, chef sloveno con il suo Fish and Cheese e Andrea Valentinetti che propone un dessert chiamato Mela e Olio.

Con la creatività e nuove energie si può far sempre meglio per la Puglia e per la buona cucina: Qoco 2023 ne è stata la piena dimostrazione.

I vini dell’azienda JOAQUIN: la “stella” del firmamento irpino

di Carmela Scarano e Ombretta Ferretto

Il 27 marzo, per la prima volta in Irpinia, il Gruppo Meregalli ha presentato il suo catalogo vini “VISCONTI 43” presso Palazzo Filangieri, monumento storico sito in Lapio (AV).

L’evento intitolato 100 vini in cantina ha richiamato l’attenzione di numerosi operatori del settore ed esperti del mondo “wine” da varie regioni del sud Italia. Unica etichetta irpina presente nel catalogo è quella di Joaquin, cantina che ha fatto da patron dell’evento con una masterclass di 4 vini in degustazione presentata da Francesca Auricchio, Sales & Export Manager di Joaquin, dal Wine Hunter Mattia Tabacco (un vero e proprio cacciatore di vini che ha tramutato la sua passione in professione), e dal Master of Wine, nonché Director of Wine di Oenogroup, Justin Knock.

A farmi compagnia durante l’intero arco temporale dell’evento la collega degustatrice Ombretta Ferretto, che ha raccolto e tramutato in forma scritta alcune impressioni salienti della giornata.

Justin Knock ha introdotto la platea sostenendo che la grande complessità di molti vini campani risiede invece nella capacità intrinseca di esprimere il suolo vulcanico da cui provengono. Questo fattore, unito alla responsabilità intrinseca del produttore di immettere il vino sul mercato soltanto nel
momento perfetto per essere goduto appieno, pone la cantina Joaquin ad un livello di eccellenza.

I 4 vini degustati durante la Masterclass sono stati:

  • Vino della stella 2020
  • Piante a Lapio 2018
  • Piante a Lapio no vintage
  • Taurasi riserva della società 2015

Il primo campione, Fiano di Avellino Riserva 2020Vino della Stella”, è un Fiano in purezza da mezzo ettaro circa di vigne poste a Montefalcione, a 550 metri di altitudine, su terreni calcareo–argillosi. Raccolta delle uve nell’ultima settimana di ottobre, al raggiungimento della piena maturità tecnologica e fenologica. Fermentazione e affinamento in acciaio. Esce in commercio non prima di trenta mesi dalla vendemmia. Si presenta di una delicata veste color paglierino dai riflessi dorati, ed un corredo odoroso di fiori bianchi, leggermente agrumati con tostature finali. Sorso fresco, di grande impatto e sapidità.

Il Piante a Lapio 2018 prende il nome dal bosco che si trova davanti al vigneto, acquistato da Raffaele Pagano, proprietario di Joaquin. Si estende su 0,34 ettari con viti centenarie prefillossera. Esce sul mercato dopo 5 anni di affinamento. A differenza del Vino della Stella che fa solo acciaio, il Piante a Lapio dopo un primo affinamento in acciaio passa in botti scolme quasi esauste di castagno e acacia per poi terminare l’affinamento in bottiglia. Più intensi i riverberi dorati nel calice, con profumi di spezie ed erbe aromatiche. Avvolgente al palato, ricco di morbidezze fruttate. Vino signature dell’azienda.

Piante a Lapio No Vintage è invece un blend di due annate in percentuali diverse e precisamente il 14% annata 2014 (solo legno) e il 60 % annata 2020 (solo acciaio).  Il naso vira subito verso frutta gialla matura e poi succo di agrumi per indulgere in sentori tostati accompagnati da sbuffi eterei e minerali. Tanta albicocca, maracujá, nocciola.

Last but not least, l’etichetta definita da Francesca Auricchio “da momenti speciali”: il Taurasi Riserva 2015, proveniente da un appezzamento 1,2 ettari a Paternopoli. Anche queste sono viti a piede franco prefillossera.

Esce in commercio dopo 7 anni, ben oltre i canoni previsti dal disciplinare di produzione, sempre in linea con lo stile della cantina il cui pensiero è quello di attendere il vino. Al calice si presenta rosso granato, con profumi lunghi e complessi che spaziano dal cioccolato al tabacco, con note speziate di cannella, vaniglia e noce moscata. Di carattere, pieno ed avvolgente, con un tannino disteso e vibrante, che ci lascia presagire una lunga vita.

Experience a 4 mani: seconda reunion esclusiva tra Sangiovanni e Deleo

Comunicato Stampa

Experience a 4 mani: seconda reunion esclusiva tra Sangiovanni e Deleo


Buona la prima per l’Experience a 4 Mani, la rassegna culinaria limited edition di Matteo Sangiovanni che mira ad attrarre gli appassionati e i gourmand all’interno del prestigioso spazio de Le Radici Experience a Battipaglia. Una serie di appuntamenti, ideati da Sangiovanni, in cui poter ammirare la vera passione e l’estro alla base di menu esclusivi scelti per l’occasione dai migliori chef stellati in Italia; in queste serate uniche la loro sapienza si armonizza alle visioni dello chef Matteo Sangiovanni, reinventando in sincrono contrasti e sapori. Uno spettacolo di processi che celebrano la materia prima prestandola ad un crescendo di lavorazioni e abbinamenti, sempre più ottimali.

Foto ©Alessandra Farinelli


Il primo appuntamento di marzo ha visto la presenza di Paolo Barrale, una stella Michelin del ristorante Aria. Tecniche e memorie delle tradizioni hanno guidato gli intenti e la professionalità dei due chef a confronto. Sangiovanni e Barrale, spalla a spalla, sono riusciti a dar vita a particolari evoluzioni che esaltano la cucina tradizionale ma che trasgrediscono le regole con sublimi e originali variazioni. Dosate, spesso inaspettate.


Ora è la volta di Michele Deleo, giovane chef di Tenuta San Domenico, un innato talento, distinto dalla personalità eccelsa. Una stella Michelin conquistata con il sorriso, l’umiltà e la verve tutta partenopea che si esprime al meglio nell’esplosione vulcanica della sua cucina.


Con queste invitanti premesse la sera del 31 marzo 2023 lo chef Deleo proporrà 3 delle 5 portate che comporranno il menù d’eccezione di Experience a 4 mani: in particolare un antipasto, un secondo e un predessert.


Lo scampo arrosto, il finto zabaione di bufala, le cime di rapa piccanti e senape agrodolce, comporranno le prime mise en place esclusive in un’atmosfera altamente suggestiva. Il baccalà affumicato, con latte di cocco, funghi e karkadè, sarà il secondo proposto da Deleo in un perfetto equilibrio tra sapori diversi, eleganza e autenticità. A conclusione il predessert “Come un Gin Fizz” che racconterà il suo determinante stile creativo e molto accurato.
Un’experience densa e ricca di contaminazioni per la serata del 31 marzo in cui non mancherà l’apporto essenziale di Sangiovanni; le altre portate, a sua firma, completeranno il menu, come quel valore assoluto che alla fine attribuisce bellezza consapevole alla cucina esperienziale in cui lo chef ha sempre creduto fermamente.


Nuovo appuntamento alle ore 20.30 a Le Radici Experience, in Via SS 18 Tirrenia Inferiore n°54 a Battipaglia.

PITTI TASTE – il racconto e le interviste di 20Italie

di Alessia Benincasa

PITTI TASTE SI RICONFERMA LA FIERA DELL’ARTIGIANATO D’ECCELLENZA MADE IN ITALY

Tante conferme per il PITTI TASTE, ad iniziare dalla location suggestiva di Fortezza dal Basso, che per il secondo anno di seguito ospita la Fiera delle nicchie d’eccellenza Made in Italy.

Firenze, culla della bellezza e della cultura italiana, ha ospitato 538 aziende e oltre 7.000 operatori del settore intervenuti da oltre 50 paesi, con un afflusso del +40% rispetto a un anno fa.

Degli oltre 500 espositori, il 90% erano già presenti nell’edizione precedente, a riprova che la nuova scenografia è stata apprezzata dai protagonisti e dai buyers, rappresentativi delle più importanti insegne da tutto il mondo, soprattutto dai mercati emergenti. Le presenze migliori sono quelle di Francia (+46%), Stati Uniti (+53%), Regno Unito (+28), Olanda (+66%), e Austria (68%).

Abbiamo intervistato Agostino Poletto, Direttore Generale di Pitti Immagine, che ha ribadito la forte vocazione del PITTI TASTE a rappresentare l’evento italiano di riferimento per l’artigianato d’eccellenza e per le aziende di nicchia che portano agli occhi del mondo il valore unico della qualità italiana e di tradizioni familiari che si sposa al dinamismo e all’eleganza delle nostre imprese.

Oltre 10.000 visitatori, infatti, hanno avuto l’opportunità di vivere un’esperienza di gusto e di storie di successo.

Aziende come Acquapazza Gourmet, storici produttori della pregiata colatura di alici di Cetara, sono considerate le “vecchie guardie” della Fiera, presenti sin dalla prima edizione con un racconto che accoglie uno sguardo più ampio e globale sul significato di qualità italiana.

Ad unanime consenso si aggiungono voci di aziende di più recente nascita nel panorama dell’agro-artigianato, come I Segreti di Diano, che trovano nel PITTI TASTE una delle opportunità più interessanti nello scenario italiano.

E ancora: abbiamo ascoltato i feedback di Pastificio dei Campi, solida realtà della denominazione Pasta di Gragano IGP, un vanto italiano nel mondo; l’importante lavoro sul biologico di Inserbo, storica azienda conserviera di tradizione familiare nell’agro nocerino-sarnese.

Infine, abbiamo vissuto il Cilento e le sue bontà mediterranee con Santomiele, per terminare con la famosa nocciola piemontese che dà vita agli scrigni golosi di Tastelanghe.

Grande merito del PITTI TASTE è quello di aver reso i prodotti delle piccole eccellenze artigianali italiane un evento contemporaneo, cool, grazie anche ai tanti eventi svoltisi nella Unicredit Arena e dentro la città con i Fuori di Taste!.

Il PITTI TASTE è una fiera che nel tempo è diventata propagatrice di tendenze e veicolo dei valori di riconoscibilità, eleganza, bellezza e bontà che rendono la cultura italiana unica nel mondo.

Interviste video realizzate per 20Italie a cura del giornalista Milko Chilleri.