Rauscedo: alle radici del Vino

Avrete spesso sentito parlare di quanto lavoro ci sia dietro ad un calice di vino: anni di grande sacrificio, di passione e dedizione da parte di produttori, enologi e tutte quelle persone che rendono possibili le nostre degustazioni: dalla cura dei vigneti, alla trasformazione dell’uva in vino, dall’imbottigliamento alla distribuzione. Oggi affronteremo un viaggio che inizia ancor prima del vigneto, nei primi 12 mesi di vita della vite (scusate il gioco di parole), quando la stessa prende il nome di “barbatella”.

La visita al VCR Research Center – Vivai Rauscedo si è rivelata istruttiva e al tempo stesso suggestiva: un percorso iniziato con la visione di un documentario sulla storia di Rauscedo e delle barbatelle, la passeggiata nei vivai, la degustazione e la visita alla cantina storica.

Un po’ di storia

I primi documenti storici sulla storia di Rauscedo, piccola frazione del comune di San Giorgio della Richinvelda, in Friuli-Venezia Giulia, risalgono al 1204, l’etimologia del nome “Rauscedo” deriva da “rausea” che nel basso latino significa “canna” o “canneto”. In tale ambiente estremamente dinamico e complesso, per via dei fiumi che lo percorrono, nella prima decade del Novecento è fiorita la produzione delle barbatelle, un’attività che ha consegnato Rauscedo alla storia mondiale.

Nel XIX un insetto proveniente dall’America sconvolse la vite: il parassita della fillossera, un afide che si nutre di linfa e attacca le radici della vite. Svolge il suo intero ciclo di vita a contatto con la pianta: dalle foglie, dove depone le uova, alle radici dove inizia a creare danni. Un vero e proprio flagello di natura che portò alla distruzione di interi vigneti in tutta Europa.

Correva l’anno 1880 quando due ricercatori Charles Valentine Riley e Jules Émile Planchon capirono come l’unica strada percorribile fosse cambiare l’innesto. Avevano notato la resistenza dell’apparato radicale di alcune varietà di vite americana, da innestare con le varietà di vite europea, aggirando il parassita. Inizialmente l’innesto veniva fatto su un ceppo di vite americana già presente sul terreno.

Bisogna attendere qualche anno ancora, nel 1917, quando un caporale maggiore dell’esercito sabaudo, sopravvissuto alla disfatta di Caporetto, nel tornare a casa, ricevette ospitalità da Andrea Rauscedo a cui insegnò la tecnica dell’innesto al tavolo. Non fu più necessario unire la gemma europea su un ceppo americano già sul terreno, era sufficiente avere un tralcio di vite americana e una gemma, unirli in modo che i legni attecchissero e solo dopo fare in modo che la nuova piante sviluppasse radici e foglie. Una tecnica questa che cambiò radicalmente l’approccio dei rauscedesi che oggi arrivano a produrre il 75% delle barbatelle italiane e più di ¼ di quelle mondiali.

Il processo di produzione delle barbatelle

Verso la fine di dicembre e gli inizi di febbraio avviene la raccolta dei tralci di vite europea e di quella americana; il legno americano viene ripulito e tagliato ad una lunghezza di 40/50 cm, etichettato e conservato in frigo. Stessa sorte per le gemme di vite europea che però vengono tagliate ad una lunghezza di 5/6 cm. Agli inizi di febbraio si avvia la fase dell’innesto al tavolo: la marza, gemma europea, viene innestata sul piede americano, il porta innesto.

L’incisione può avere diverse forme, la più comune è il taglio ad omega. L’innesto passa quindi alla paraffinatura che protegge e rinforza la zona di contatto dei due legni. Da questa unione nascerà la nuova pianta che, sistemata in una cassa di legno con segatura umida, creerà il callo di cicatrizzazione tra la marza e il porta innesto. 

A metà aprile si controlla la cicatrizzazione e si ripuliscono le barbatelle che vengono sottoposte ad una seconda paraffinatura di protezione coprirà metà pianta e dopo 10/15 giorni si procederà con la messa a dimora della barbatella nel vivaio. Questa operazione è totalmente manuale: inserite una ad una ad una distanza che varia dagli 8 agli 11 cm garantiscono lo sviluppo dell’apparato fogliale e di quello radicale. In estate seguono controlli, irrigazione, pulitura dei polloni prodotti dal porta innesto.

A settembre la maturazione della pianta è oramai vicina e ad ottobre inizia l’espianto; le barbatelle saranno conservate in ambienti chiusi e umidi fino a quando avverrà l’ultima paraffinatura di protezione per essere poi etichettate e conservato in locali refrigerati in attesa di essere vendute.

Da più di un secolo la produzione di barbatelle di vite accomuna i cittadini di Rauscedo, paese ai piedi delle Alpi Carniche, un’avventura diventata ormai leggenda. Oggi oltre 200 aziende e tante cooperative, come quella dei Vivai Cooperativi Rauscedo. Costituita nel 1930, vanta attualmente duemila dipendenti, 210 soci-produttori, oltre 80 milioni di barbatelle innestate all’anno e una presenza commerciale capillarmente distribuita in 35 Paesi nel mondo. Una realtà che ha saputo trasformare una terra povera nel primo distretto al mondo per la produzione di barbatelle.

Nel 1965 la creazione del primo centro sperimentale della Cooperativa. Da qui sono partite le prime selezioni clonali e le sperimentazioni delle varietà resistenti. La visita al VCR Research Center, ampliato e rinnovato nel 2019, si è svolta percorrendo le sale adibite ai laboratori, la cantina di microvinificazione, un vero e proprio gioiello unico nel suo genere dove vengono effettuate 900 microvinificazioni all’anno, le celle climatizzate per l’imbottigliamento e la sala per le degustazioni dove abbiamo assaggiato tre anteprime di varietà resistenti: il Sauvignon Kretos con una linea aromatica di buona intensità e un buon potenziale di invecchiamento; il Sauvignon Rytos dalla bella mineralità e sentori di frutta tropicale; il Pinot Iskra spumantizzato con notevole freschezza e persistenza.

La visita è proseguita nella cantina storia Rauscedo, nata nel 1951, una cooperativa che unisce persone con ideali di condivisione e aggregazione. 1900 ettari di superficie vitata, la più importante del Friuli, il 92% di uve è a bacca bianca. Gli spazi ampi ospitano le cisterne e i sistemi all’avanguardia con cui si vinifica.

Abbiamo degustato anche il Metodo Classico Brut Villamanin, Pinot Nero e Chardonnay, oltre 32 mesi di affinamento sui lieviti, dai sentori fruttati di ananas e mela, ottima mineralità e lunghezza; il Traminer Aromatico, dai ricordi floreali di rosa e di frutta a polpa gialla, elegante e di buon corpo; lo Chardonnay Rauscedo secco e armonico, elegante e intenso.

I vini di Rauscedo esprimono l’essenza di questo territorio con terreni di origine alluvionale, prevalentemente sassosi e ghiaiosi dove la vite ha trovato il suo habitat ideale. La visita è terminata con una pausa pranzo da Antica Osteria Il Favri per assaggiare le prelibatezze culinarie di questi luoghi. Un posto autentico con una cucina casalinga da 10 e lode.

Un grazie sincero a Lorenzo Tosi, Michele Leon e Mauro Genovese, senza dimenticare le amiche divine e di vino Claudia e Marta.

Prosit!

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Carolina Leonetti

Sono Carolina Leonetti, per gli amici Carol, nasco a Monza nell’anno della contestazione giovanile, quando nasce anche la DOC Valpolicella e, sarà un caso, ma proprio un viaggio in quella zona mi avvicina al mondo del vino. Sommelier e winelover racconto del vino nella mia pagina Instagram carol_cake_wine e lo faccio ponendo l’accento sulla storia, le curiosità, le leggende che sono legati ad un vino, un vitigno, un territorio o ad una cantina. Descrivo il vino in maniera emozionale, lontana da punteggi e classifiche, mi piace raccontare le emozioni, i ricordi che un calice può donare. Il mio linguaggio è semplice e poco tecnico, dove le note classiche di degustazione e il linguaggio settoriale sono ridotti al minimo, per cercare di coinvolgere e di condividere con i più questo meraviglioso mondo. Prosit!

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