Podere Ema, podere di libertà

La crisi vitivinicola in cui versa l’intero comparto mondiale è ormai sulla bocca di tutti. Che sia effettivamente così, complice costi, cambiamenti climatici o semplicemente mutamenti d’animo dei consumatori finali, fronteggiare le sfide di un mercato globale è diventato sempre più ostico per chi voglia cimentarsi nella difficile missione di vigneron. Con serietà, si intende.

In tutto questo avere una denominazione forte e coesa alle spalle può alleviare alcuni carichi da sostenere; ma Enrico Calvelli di Podere Ema non ama giocare facile. Nel 2014 subentra ufficialmente nella gestione aziendale che conosceva già dal lontano ’97. Siamo a Bagno a Ripoli, borgo posto al limitare di Firenze, dai riverberi classici delle colline chiantigiane. Il nome simboleggia un piccolo affluente del fiume Arno che scorre languido ai confini dei vigneti.

Enrico è ancora un contadino alla vecchia maniera, dai modi bonari e dalla mente sempre lucida pronta a rischiare, ma sempre con i piedi per terra per il bene della famiglia. Un piccolo campo sperimentale con 1000 barbatelle da 12 varietà autoctone lo rende persino visionario nel rispettare quanto di autoctono il territorio possa offrire, rispetto agli innesti internazionali.

Ma la vera novità del Calvelli, a proposito dell’amore per il suo terroir, è l’aver concepito una Fattoria Didattica con un’esperienza immersiva nella storia del vino e delle tipologie ivi prodotte. Una realtà davvero unica in tanti anni di visite che ho fatto in giro per l’Italia. Varcando la soglia della cantina di vinificazione, un video illustrativo introduce all’incontro virtuale con Dante e Gian Vettorio Soderini, che narrano la storia della vite e dei vitigni toscani, dal Sangiovese al Trebbiano, passando per la Malvasia Bianca e le rispettive caratteristiche.

L’avatar di Francesco Redi poi, con l’ausilio di efficaci ricostruzioni grafiche, ci immerge in un mondo fatto di lieviti e batteri che permettono la fermentazione del mosto in vino. Entrano in scena anche due simpatici personaggi: Eric (il lievito) e Joe (la malolattica), che con ironia ci guidano alla scoperta della seconda fermentazione del vino, quella che gli conferisce morbidezza. Nella terza sala, infine, incontriamo Pellegrino Artusi, che invita gli ospiti a vivere di persona l’esperienza sensoriale, grazie all’ausilio di dispense aromatiche che rendono possibile riconoscere i sentori e gli aromi presenti nei prodotti di Podere Ema, suggerendo anche abbinamenti con i piatti della tradizione toscana, come il peposo, la francesina e il pollo in galantina.

E veniamo alla degustazione dei vini

I’Bianco 2023: da Trebbiano Toscano e Malvasia. Buona acidità in ingresso, ma soffre l’annata non semplice chiudendo rapido su mandorla dolce.

Xenoi 2023: unica referenza prodotta con vitigni internazionali dal blend di Chardonnay, Viognier e Petit Manseng in parti uguali. Una follia lucida di Enrico, con il risultato di essere il vino più interessante della batteria, tra nuance delicate di biancospino e agrumi mediterranei. Lungo e attraente.

Rosso Ema 2022: classico, “alla Toscana”, di rapida beva e succoso. Colonna portante la speziatura dagli accenni balsamici e ciliegiosi che vanta il Sangiovese in queste terre. Preferibile la 2022 rispetto alla 2021 troppo incline a note amarostiche di rabarbaro e chinotto.

Chianti Superiore 2021: che dire, eseguito alla perfezione. Appetitoso e dinamico, con scie d’arancia sanguinella e rosa canina, chiudendo su erbe officinali tenere. Tannini in ottimo equilibrio.

Fogliatonda 2020: recupero di una varietà storica, che un manipolo di produttori ha salvato dalla scomparsa. Passa del tempo in anfora, prima di esprimersi al calice con sensazioni morbide e caloriche, pepe verde, arancia sanguinella e liquirizia. Un finale composto, senza sbavature.

Nocchino 2018: Sangiovese, Colorino e Fogliatonda per un vino scuro e denso, richiamo alla tradizione dei supertuscan e con utilizzo delle selezioni clonali presenti in vigna.

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Luca Matarazzo

Giornalista, appassionato di cibo e vino fin dalla culla. Una carriera da degustatore e relatore A.I.S. che ha inizio nel lontano 2012 e prosegue oggi dall’altra parte della barricata, sui banchi di assaggio, in qualità di esperto del settore. Giudice in numerosi concorsi enologici italiani ed esteri, provo amore puro verso le produzioni di nicchia e lo stile italiano imitato in tutto il mondo. Ambasciatore del Sagrantino di Montefalco per il 2021 e dell’Albana di Romagna per il 2022, nonché secondo al Master sul Vermentino, inseguo da sempre l’idea vincente di chi sa osare con un prodotto inatteso che spiazzi il palato.

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