Che cosa accomuna le rovine dell’antica Cuma e un pomodorino di forma oblunga e gusto versatile? Semplice: il territorio dei Campi Flegrei ricco di storia e cultura enogastronomica. Se poi parte delle coltivazioni del Pomodorino Cannellino Flegreo sono localizzate nella città bassa del Parco Archeologico di Cuma, la suggestione di trovarsi in un’area densa di cultura diventa una realtà tangibile e concreta.
La giornata del 22 Luglio, inizio della raccolta stagionale del Pomodorino Cannellino Flegreo, è stata anche quest’anno l’occasione per promuovere alla presenza di stampa locale e nazionale l’agricoltura di qualità, in concomitanza della visita agli scavi. Una bella iniziativa di promozione volta a rafforzare il filo diretto che lega una delle storiche colonie della Magna Grecia (la fondazione di Κύμη risale all’VIII secolo avanti Cristo) con un ecotipo attestato sul territorio almeno dalla fine dell’Ottocento.
La manifestazione è stata organizzata dall’Azienda Cumadoro, in collaborazione con l’Associazione del Pomodoro Cannellino Flegreo e con il Patrocinio del Parco Archeologico dei Campi Flegrei, l’Ente Regionale dei Campi Flegrei e il Comune di Pozzuoli.
Durante la serata Giovanni Tammaro, amministratore delegato di Cumadoro, ha raccontato un progetto nato nel 2018 con la creazione, insieme ad un pugno di giovani agricoltori-imprenditori locali, dell’Associazione del Pomodoro Cannellino Flegreo, ma che affonda le sue radici in un’epoca molto più lontana dato che questa tipologia di pomodoro è coltivato localmente da oltre un secolo. La famiglia Tammaro, con il suo vivaio, è custode del seme per la riproduzione, conservato anche nella banca semi della Regione Campania. Giovanni ha spiegato come un ricordo d’infanzia, quello del ragù preparato in famiglia proprio con questi pomodoroi, si è trasformato nella volontà di diffondere la conoscenza di questa coltivazione oltre che di creare opportunità di crescita e sviluppo per il territorio.
In questo senso il progetto è rientrato nel Monterusciello Agro City (MAC), finanziato nell’ambito dell’UIA (Urban Innovative Action), un’iniziativa dell’Unione Europea volta al recupero e alla valorizzazione delle aree urbane. Dal 2018 a oggi gli ettari totali coltivati a Pomodorino Cannellino Flegreo sono passati da 3 a 50, di cui 10 all’interno del Parco archeologico, e l’obiettivo rimane quello della crescita costante.
“Si deve cercare di fare sempre più sistema attraverso produzioni DOP e IGP”, ha commentato l’Assessore all’Agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo, intervenuto all’evento, “Gli agricoltori devono convincersi che bisogna stare insieme: vinciamo se vinciamo tutti”.
Il Pomodorino Cannellino Flegreo deve il suo nome alle canne a cui vengono legate le piante per sollevarle da terra e che caratterizzano il panorama dei campi coltivati. Si è adattato in maniera ideale ai terreni sabbioso-vulcanici dell’area flegrea; ha forma oblunga, con una lieve strozzatura al centro, e pesa 15-20 grammi; il gusto a tendenza dolce, unito a una buona sapidità, ne fa un prodotto versatile sia nelle preparazioni salate che dolci, mentre la buccia sottile lo rende particolarmente vocato a trasformazione in salse e conserve.
Dopo la visita agli scavi di Cuma con una guida d’eccezione – Fabio Pagano, direttore del Parco Archeologico – abbiamo avuto l’occasione di degustare il pomodorino, declinato in varie proposte gastronomiche, grazie alla partecipazione di numerosi professionisti locali della ristorazione.
Dallo Scialatiello 2.0 con pomodorino e burrata al cheesecake al Pomodoro Cannellino Flegreo, passando per il bocconcino di tonno in doppia consistenza di Pomodoro Cannellino Flegreo e crumble di fresella, abbiamo potuto constatare la grande versatilità di questo prodotto, sempre più richiesto sul mercato della ristorazione e da poco entrato in Rossopomodoro, catena di ristoranti e pizzerie napoletane diffuse in Italia e all’estero.
Rimane di questa serata un’immagine suggestiva: la città alta di Cuma si affaccia da un lato su quel braccio di mare in cui la nostra storia più antica affonda le sue radici, dall’altro sulla piana che, grazie a un’agricoltura sostenibile e di qualità, promette prospettive di crescita nel futuro del territorio.