Arte, ospitalità, cultura del buon cibo e della bellezza. Appartenere alla classifica stilata dal Gambero Rosso e Artribune per i “Visionary Places”, i ristoranti visionari che sanno unire aspetti gourmet e architettonici, per la goduria dei sensi di chi li visita, rappresenta un punto d’onore nel vasto panorama enogastronomico italiano.
La “fuffa”, per utilizzare un neologismo ampiamente abusato, del tutto fumo e poco arrosto ha ormai le ore contate. Abbiamo vissuto momenti indelebili nella ricerca spasmodica di ciò che sembrava mai raccontato. Imitazioni, per non dire copie con carta carbone, di realtà che poco hanno a che fare col savoir-fare italiano, fatto di affabilità e complicità con il cliente anche quello più esigente.
Non basta definirsi critici enogastronomici provetti, così come non va tutto buttato nel pattume, anzi. Lo stimolo per qualcosa di diverso, che coinvolgesse per tecnica e capacità realizzativa, ha portato la nostra idea di cucina verso spazi inesplorati. Il ricontatto con la realtà, mantenendo i piedi ben saldi a terra, conduce invece ad una necessaria contrazione dei mezzi impiegati verso un ulteriore gradino del concept gourmet da Stella Michelin.
Oggigiorno ci si scosta dall’ipotesi intonsa e candida delle visioni minimaliste del passato. Stili e colori spesso identici (il bianco che più bianco non si può), perché a parlare fossero solo nuvole, sifoni, gelificazioni e composizioni molecolari, “arie” dei titolari incluse. Ristoranti in profonda crisi economica e propositiva, che richiedeva per forza un passo di lato confortante.
Ritorniamo allora al concetto di bello, come voluto fortemente dal Gambero Rosso che di Guide ne capisce da sempre. Un vero e proprio comitato scientifico, con rappresentanti del mondo della gastronomia, dell’arte e della cultura per valutare i migliori Visionary Places, capaci di distinguersi senza seguire le mode, interpretando il concetto di benessere sia per i commensali che per il personale ponendo attenzione a tutti gli elementi accessori alla cucina, che contribuiscono a rendere l’esperienza del cliente completa.
Accanto a Gambero Rosso e Artribune, il direttore creativo del Gruppo Tenute Capaldo – Feudi di San Gregorio, Ella Capaldo, l’artista e appassionato “conoscitore” enogastronomico Gabriele De Santis, l’AD di MondoMostre Simone Todorow, ed Emilia Petruccelli, co-fondatrice di Galleria Mia a Roma e fondatrice di EDIT Napoli.
Un progetto voluto con passione sin dagli albori dal Presidente di Gambero Rosso e Artribune Paolo Cuccia, dal Consiglio d’Amministrazione al completo e dal neo Direttore Responsabile Lorenzo Ruggeri, al primo banco di prova importante dopo la sua nomina al posto del dimissionario Marco Mensurati, approdato ad altri incarichi di prestigio al Poligrafico e Zecca di Stato.
Vince su tutti il Luminist Cafè Bistrot di chef Giuseppe Iannotti, già proprietario del Kresios a Telese. Nella cornice esclusiva delle Gallerie d’Italia a Napoli, museo di Intesa Sanpaolo si è tenuta la presentazione della prima edizione del progetto con la premiazione dei 10 locali italiani tra i 30 che erano stati selezionati ed ha avuto la meglio proprio il ristorante posto al roof top del polo museale, inserito in un contesto di rara bellezza tra tele di Velàzquez e artisti conteporanei. Secondi e terzi sul podio rispettivamente il SanBrite di Cortina d’Ampezzo e IO Luigi Taglienti di Piacenza.