Il G7 in Italia, fuori dalla geopolitica e dagli aspetti diplomatici, ha costituito una grandissima opportunità di mostrare al mondo quanto il nostro Paese sia il più spettacolare giardino di biodiversità che si sia mai visto. È straordinario poter affermare che lo Stivale, al 1600° posto per superficie rispetto a tutte le altre terre emerse del pianeta, detenga un primato inarrivabile in termini di materie prime, tradotte dal genio italico in raffinate preparazioni culinarie da gustare tra paesaggi di mare e di montagna.
Ce lo dicono anche i radar astronomici della Nasa: le colazioni più belle, gli aperitivi più glamour, i pranzi e le cene più esclusive, forse anche qualche happy-hour chissà, hanno avuto luogo tutte in Puglia dal 13 al 15 giugno per accogliere i vertici delle varie nazioni durante il G7. Con tutte le gatte da pelare, in periodi di gravi crisi e nel bel mezzo di due focolai bellici, gli uomini più potenti della terra si sono rinfrancati dalle loro immani fatiche nel salvare il mondo dall’inquinamento e dal riscaldamento globale, oltre che da un’umanità che da troppo tempo ha perso la giusta misura delle cose. Il G7 in Italia è un simbolo di cultura, bellezza, gastronomia, arte, vino e chi più ne ha.
I “grandi della Terra”, non conoscono invece le palesi difficoltà di chi vive nel Belpaese e si devono accontentare (per fortuna) del meglio che l’italica arte culinaria e vitivinicola ha da offrire. E Dio non voglia, se la legge del contrappasso infernale dovesse esistere, che Cerbero prenda ad annotare da quali leccornie e regali servigi siano stati deliziati. Il 13 giugno al Castello Svevo di Brindisi, il presidente Mattarella ha fatto gli onori di casa con i classici convenevoli e protocolli vari, agli occhi compiaciuti della Premier Giorgia Meloni, nel suo modello di sobria e galante compostezza.
Facciamo un salto indietro nel tempo
Sono stati sei i G7, o G8 a seconda della presenza di alcuni stati, che hanno avuto la presidenza italiana da quando il summit internazionale è nato, e cioè nel 1975. I primi si svolsero a Venezia nel 1980 e poi nel 1987, gli ospiti furono invitati a cena nell’appartamento del Doge a Palazzo Ducale. Nel 1994, durante il primo governo Berlusconi, il G8 si svolse a Napoli con una cena memorabile all’interno della Reggia di Caserta. Chef Salvatore Di Meo, napoletano doc trapiantato poi in Sardegna, che portò in tavola i più celebri piatti della tradizione campana.
Famosa in quell’occasione la visita del Presidente americano Bill Clinton alla Pizzeria Di Matteo, storica insegna in Via Dei Tribunali di Napoli, durante una passeggiata per i vicoli del centro. Avanti poi fino al 2001, in quel drammatico G8 di Genova passato alla storia non certo per ciò che mangiarono i Capi di Stato, blindati all’interno della zona rossa tra proteste e guerriglie. Nel 2009, invece, il G8 arrivò a L’Aquila, in Abruzzo, e a cucinare fu lo chef personale del Cavaliere: Michele Persechini dalle cucine di Palazzo Grazioli si trasferì in quei giorni nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito. Il menù riprendeva a dir poco ingenuamente le tonalità del tricolore: pennette verde, bianco e rosso con pesto, al pomodoro e ai quattro formaggi.
Nel 2017 fu l’anno della Sicilia a Taormina: la cena dei grandi della terra avvenne all’Hotel Timeo e fu curata dallo chef Roberto Toro, siciliano legato ai sapori della Dieta Mediterranea. Una cena rimasta negli annali perché il Presidente degli Stati Uniti Trump, bontà sua, consumò ai pasti solo Coca-Cola. A Pino Cuttaia fu affidato il pranzo delle First Lady e dei First Gentlemen del summit siciliano di quell’anno. Lo chef due stelle Michelin per il ristorante La Madia di Licata, preparò una degustazione tutta locale: arancini, melanzane, cannoli, tenerume di cocuzza e molto alto per il pranzo al Palazzo degli Elefanti di Catania.
E al G7 del 2024?
Il club dei Paesi più importanti al mondo, quello del G7, si è dato appuntamento a Borgo Egnazia dal 13 al 15 giugno 2024, con l’Italia come paese ospitante. Un congresso aperto anche ad altri paesi oltre gli USA, il Canada, la Francia, la Germania, l’Inghilterra e il Giappone e Città del Vaticano. Tra i leader presenti anche il presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Sono stati invitati, inoltre, i paesi cosiddetti “outreach” anche le seguenti nazioni:
Troika G20 (Brasile, India e Sudafrica), Mauritania, Kenya, Algeria, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tunisia, Argentina, ma anche l’Onu con il segretario generale Guterres, la Banca Africana di Sviluppo, l’Ocse, l’Fmi e la Banca Mondiale.
La tavola imbandita con i piatti e i vini italiani è forse l’unico luogo del G7 dove non era possibile firmare un accordo finale condiviso preventivamente: tutto in diretta, tutto giudicato al momento, una prova da brividi per lo chef Massimo Bottura e per il suo staff. La politica d’altronde si fa anche a tavola, sperando che i piatti spettacolari siano riusciti a limare le differenze, ammorbidire gli opposti schieramenti.
Cibo e vino, le vere armi a disposizione per una pace temporanea
Lo chef dell’Osteria Francescana di Modena, per questi tre giorni, è stato il re della cucina al Castello di Brindisi ed a Borgo Egnazia. Il menù, studiato attentamente, ha fatto pivot sulle eccellenze italiane, con un percorso gastronomico che prende il nome Vieni in Italia con me, ed un focus da Nord a Sud.
Il pranzo del primo giorno
Pane e pomodoro della Campania, passando alla zuppa di pesce dell’Adriatico, direttamente dalla Laguna di Venezia, con cottura in forno a vapore di cozze, cannolicchi, granchio blu, vongole, gamberi rossi ed erbe aromatiche. Si fa un salto in Sardegna con il risotto all’astice blu, fondo di branzino e agrumi e si torna in Costiera Amalfitana con brodetto di olive verdi capperi e colatura d’alici. Come dessert l’immancabile “Ooop, mi è caduta la crostata” dello chef, uno dei suoi piatti più celebri.
La cena del primo giorno
l’organizzazione è stata affidata a Tenuta Moreno, struttura recettizia a Mesagne, e lo chef Vincenzo Elia ha portato in tavola i sapori della Puglia. Originario di San Vito dei Normanni, dopo esperienze a Roma e Londra è alla direzione di Tenuta Moreno dal 2002.
Le proposte: scorfano con pomodorini secchi ed erbe aromatiche, tortelli ripieni di gallinella con pesce serra affumicato, per poi proseguire con il filetto di dentice alle mandorle di Toritto e crema di burrata di Andria. Una cucina fresca a base di pesce a cui si abbinano i prodotti del territorio, come i vini di Tenute Rubino, per finire un amaro a base di carciofo, il Carduus Brindisino, e il caffè di una torrefazione di Francavilla Fontana.
Il 14 giugno invece tutto è dedicato al Nord Italia
Il piatto d’apertura è ispirato alla Liguria, ed è anche uno dei grandi classici dello chef, dal nome “Come un pesto alla genovese”. Si passa in Emilia con altre due ricette che hanno fatto la fortuna di Bottura:” La parte croccante di una lasagna”, interpretazione creativa del piatto bolognese, e il “Tortellino del dito mignolo”, servito con crema leggera al Parmigiano Reggiano di Rosola. Immancabile l’omaggio al Piemonte con la fassona piemontese servita con una salsa leggera alle verdure, più salsa al Barolo e tartufo nero d’Abruzzo. Per dolce: frutti di bosco in una crema di latte e vaniglia.
I vini
Immancabili il Tignanello, che proprio quest’anno festeggia 50 anni dal suo esordio, e il Sassicaia. Poi tre Chianti Classico, denominazione che di anni ne celebra i suoi primi 100: Vigna del Sorbo di Fontodi, Ruello di Boschetto Campacci e Castello di Volpaia. Poi quella che dai più viene definita la star del Brunello di Montalcino, Casanova di Neri, schiera il Tenuta Nuova a fianco del Barolo di Ceretto e del Valpolicella Toar di Masi, quindi le bollicine di Ferrari Trento, Bellavista “Vittorio Moretti” di Villa Sandi, Cantina della Volta, Tenuta Foricola e Marcalberto, inoltre Torre Rosazza e poi le cantine Jermann con il Vintage Tunina. Non mancavano altri grandissimi vini bianchi: l’abbruzzese Marina Cvetic di Masciarelli, il sardo Is Argiolas di Argiolas Winery, l’altoatesino Aristos di Valle Isarco e il campano Furore Bianco Fiorduva di Marisa Cuomo che, mentre il Sassicaia veniva eletto il vino più buono al mondo, nello stesso aveva già raggiunto i massimi punteggi sulle guide più prestigiose.
Due gli autorevoli commenti raccolti per i nostri lettori a caldo
Intanto va sottolineata la presenza in carta di vitigni reputati a torto i meno blasonati, come il Vermentino, con le sue miriadi di espressività. Ecco perché teniamo alle parole di Mariano Murru, enologo di Argiolas Winery, nonché presidente Assoenologi Sardegna, che può essere tanto fiero del recente summit più importante del vino in Italia, officiato a Cagliari, quanto della presenza di una sua speciale referenza, l’Is Argiolas Vermentino. Infatti afferma: <<Il motivo dell’inserimento del Vermentino di Sardegna tra i vini che hanno rappresentato l’Italia al G7 è legato alla qualità. Il vermentino è un vitigno che ama il mare e in Sardegna ha trovato la sua terra d’elezione, con ormai oltre 5000 ettari vitati, l’unica denominazione di origine controllata e garantita, il Vermentino di Gallura, e una denominazione di origine controllata, il Vermentino di Sardegna, che abbraccia tutta l’isola, si attesta come la regione più importante a livello mondiale>>.
Il Vermentino Is Argiolas, un classico della produzione regionale e uno dei Vermentino storici dell’azienda Argiolas, nasce sulle colline di marne calcaree che si affacciano sul golfo di Cagliari.
Qui la dichiarazione di Andrea Ferraioli, presidente del Consorzio Vita Salernum Vites, nonché proprietario delle storiche cantine amalfitane: <<Non è la prima volta che siamo presenti al G7 con i vini delle cantine Marisa Cuomo e non sarà certo l’ultima, però continua ad essere sempre motivo di orgoglio crescente ogni volta, oltre che di impatto emotivo e soddisfazione, per me e per la mia famiglia. Tengo a precisare, ringraziando Riccardo Cotarella per la curatela della carta dei vini, che questo risultato è collettivo per la provincia di Salerno e premia tutte le cantine che si prendono cura delle viti e del paesaggio, esprimendo vini di altissimo profilo qualitativo. Da presidente del Consorzio il mio ringraziamento va a tutte le cantine salernitane, motivo di fierezza e vanto. Dunque un successo inclusivo per tutti i salernitani>>.
Proprio durante il buffet di chiusura, manco a dirlo, c’erano il Donna Augusta di Vespa Vignaioli, tanto il Bruno nazionale si è giustificato dicendo il suo vino fosse già lì in carta, oltre a Carvinea di Eliele spumante metodo classico 2013 ed il Primitivo Igt del Salento firmato da Gianfranco Fino: l’Es Red 2019.