La parafrasi della canzone dolcissima di Sergio Endrigo, tanto amata dai bambini, è l’incipit ideale per parlare di un frutto caro ai nostri ricordi d’infanzia. Ci vuole un fiore anche per creare una castagna, che rappresenta il seme del castagno; una pianta forte all’apparenza, fin quando non venne assalita da un turista poco gradito: il Cinipide Galligeno (Dryocosmus Kuriphilus Yasumatsu).
Questo piccolo insetto proveniente dall’Asia, ha letteralmente messo in ginocchio i coltivatori castanicoli e, per quasi un decennio, il rischio di veder azzerata per sempre la produzione agricola delle castagne è stato più che concreto, salvato dalle scoperte recenti in campo di lotta antagonista integrata. Ancora una volta la mano dell’uomo riesce a rimediare ai danni immani provocati da se stessa, quando la mancanza di controlli e le pratiche errate portano alla distruzione un intero comparto merceologico.
Rialzare la testa per gli attori in gioco è stato un atto di profondo eroismo. Il dimostrare la voglia di riscatto e l’orgoglio d’appartenere a territori ancora selvaggi e aspri, dove la natura regna incontaminata lontana dai clacson e dell’inquinamento urbano. La nascita del Consorzio Distretto della Castagna e del Marrone della Campania che raccoglie tra le sue fila oltre 400 coltivatori regionali, 4 IGP e 10 PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani), ha fatto da necessario supporto e sostentamento alle idee positive per la tornare a primeggiare nel mondo.
Le castagne vengono, infatti, raccolte anche in Portogallo, Albania, Turchia e persino Cile, ma solo le nostre ricevono gli apprezzamenti degli americani, devoti alla perfetta farcitura del tacchino durante il giorno del Ringraziamento. Ecco la motivazione principale dell’ingente quantitativo di prodotto esportato, di cui meno del 20% resta in Italia per il consumo interno. Irpinia, Roccamonfina, Cilento con Roccadaspide e persino la Costiera Amalfitana sono ormai capisaldi importantissimi, ricchi di varietà diverse che si prestano agli usi richiesti dalla clientela privata e dalle industrie di trasformazione.
La vita di un castagno è pressoché infinita, arrivando a superare, in certi casi, i due secoli senza particolari difficoltà. A patto di non incontrare lungo la strada il temibile parassita, capace di deporre le proprie uova nelle giovani gemme primaverili e distruggerle con cicatrici indelebili a forma di cisti non più fertili. Eppure dopo il periodo buio, cui è seguito uno strascico causato dalla debolezza delle piante che soffrivano maggiormente di marciumi e altre malattie, l’ecosistema ha definitivamente vinto giungendo ad una nuova forma d’equilibrio dove interagire.
Il press tour organizzato dall’Agenzia di Comunicazione Miriade & Partners comincia da qui, dal dolore verso la speranza ed il sorriso. Dall’angoscia per il futuro ad un nuovo orizzonte ove prendersi per mano e camminare tutti insieme uniti in un solo destino. Perché i frutti della nostra Castanea Sativa godono di una texture particolare, tenace, che consente una corretta curatura, il procedimento di ammollo utile alla conservazione e successivo utilizzo delle castagne stesse. Una piccola sosta da Olio Basso che dal 1904 valorizza il made in Italy dell’Olio Extravergine d’Oliva di alta qualità e dalla cantina Villa Raiano con le sue deliziose espressioni di Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi, per ripartire verso il vasto mondo dei castagneti, che fungono presidio, contro frane e deforestazioni.
Dove c’era un castagno ci sarà sempre un altro castagno e così per secoli. Anche qui, come per la viticoltura, si possono realizzare sul campo vere e proprie selezioni clonali, per avere la miglior varietà nel contesto in cui crescere. E poi ci sono le tradizioni storiche, secolari, che narrano di coesione sociale, di famiglia e di aiuto ai più bisognosi. Quasi ovunque lungo il Distretto campano, la raccolta cessa il 1 novembre e dal giorno dei morti i ricci ancora a terra od in cima all’albero sono messi a disposizione della popolazione. Un retaggio del passato che significa lasciare del cibo per chi non poteva permettersi il pane. Con la differenza che la farina di castagne è adatta alle diete per celiaci, priva di sostanze allergeniche ed abbondante invece di tannini utili ai processi antiossidanti e di zuccheri complessi a lento rilascio glicemico.
Il prof. Antonio De Cristofaro, presidente del Consorzio Distretto della Castagna e del Marrone della Campania esprime la sua soddisfazione nel leggere i numeri in forte crescita del settore. Ci si è riavvicinati a quota 700 mila quintali, il livello prima dell’avvento del Cinipide asiatico e nonostante il cambiamento climatico ostile per le temperature eccessivamente elevate in fase di maturazione, attualmente soffrono solo i castagneti in bassa quota, in percentuale ancora trascurabile.
Roberto Mazzei, direttore del Distretto, ci conduce tra alcune realtà irpine, come Agricola De Maio produttore del Marrone di Santa Cristina e la Cooperativa Agricola Castagne di Montella, dove Maurizio Grimaldi ci spiega la caratteristica della pezzatura basata sul calibro e sul numero di frutti per chilogrammo. La castagna va sempre bagnata, non soltanto per ammorbidirla, ma per sviluppare la fermentazione e polimerizzazione dei tannini resi meglio digeribili dal corpo umano.
Perrotta apre le sue porte all’antica lavorazione della castagna del Prete nei gratali, strutture in verticale inframezzate da grate di legno ove far filtrare il fumo per essiccare le castagne riducendone il loro contenuto in acqua di ben l’85% prima di essere tostate a forno e bagnate ad immersione o a spruzzo. Sapore facilmente riconoscibile con quel tipico accenno affumicato tanto goloso e duttile negli abbinamenti gastronomici.
Diversificando i prodotti, aiutati dalle tecniche alimentari della trasformazione, si garantisce ai dipendenti di lavorare ininterrottamente per tutto l’anno, contrastando il fenomeno erosivo dell’emigrazione dalle campagne. L’azienda Agricola Malerba Castagne, dal 1862, è stata la pioniera in tal senso, arrivando persino alla produzione della birra di castagne in tre versioni IGA.
Spostandoci a Roccamonfina (CE) il discorso non cambia: Carlo Montefusco, giovane e già esperto sindaco, ci mostra la celebre Sagra della Castagna e del Fungo Porcino di Roccamonfina, un evento diffuso che dura per ben 30 giorni e che consente alle migliaia di visitatori di scoprire un luogo bellissimo, intriso di storia, di cultura e di usanze, devoto all’Ordine dei Francescani e al Santuario di Santa Maria dei Lattani.
Dalla castagna può nascere un fiore e quel fiore rappresenta l’anima di un intero popolo, fiero di esistere e di resistere.