Dal blu al Bue Apis: la storia dell’Aglianico del Taburno in sei annate

La Cantina del Taburno cambia passo. Siamo nel Sannio beneventano: il massiccio del Monte Taburno, sede del Parco regionale Taburno-Camposauro, è una delle zone a maggior vocazione vitivinicola della Campania e del Mezzogiorno. Qui, più di mezzo secolo fa, nasceva la Cantina Sociale del Taburno, cooperativa fondata ad iniziativa del Consorzio Agrario Provinciale di Benevento che – insieme ad altre simili realtà sannite – contribuì fortemente alla conservazione del vasto patrimonio ampelografico della zona, tutelando il reddito di migliaia di viticoltori beneventani.

La successiva crisi nazionale dei Consorzi ha portato ad un lento declino, dal quale solo la dote reputazionale costruita nei primi decenni ha evitato la sospensione delle produzioni vinicole o peggio la capitolazione definitiva. Oggi arriva il sannita Enzo Rillo, imprenditore multitasking a capo dell’omonimo, variegato gruppo industriale già operativo, anche in questo settore, con la cantina torrecusana “La Fortezza”, a pochi passi dalla neo-acquisita cantina di Foglianise. Una discontinuità nel segno e nel dichiarato rispetto della tradizione, del territorio, dei pionieri/protagonisti degli albori: in una parola, della storia di Cantina del Taburno.

Prova ne sia che l’evento scelto e voluto per tagliare ufficialmente il nastro del new deal è dedicato al vino forse più iconico della maison: il Bue Apis, storico cru di Aglianico – oggi DOCG “Aglianico del Taburno” – proveniente dalle uve prefillosseriche di contrada Pantanella in agro di Vitulano. Una vigna di qualche centinaio di ceppi a piede franco, tutti secolari ma alcuni risalenti addirittura a più di 250 anni fa. Si pensi che da misurazioni effettuate con moderne procedure si è stimato un fittonamento radicale delle piante di oltre 16/17 metri.

“Dal blu al Bue Apis – la storia dell’Aglianico del Taburno in sei annate” il nome dato alla celebrativa verticale che si è tenuta giovedì 13 giugno nel cortile dinanzi la bottaia di Cantina del Taburno; dal 2017 a scendere fino al 1987 (anno di prima vinificazione del vino dedicato al simulacro granitico egiziano posto, secondo leggenda, a guardia del Tempio di Iside di Benevento) passando per il 2015, 2008, 2004, e la memorabile 1999. E pensare che proprio la vigna vitulanese di Contrada Pantanella sarebbe tutt’ora interessata ad un espianto forzoso a causa di uno contestato progetto stradale progettato per collegare la vallata e che prevederebbe il pieno attraversamento del vigneto franco di piede.

Da sinistra il sindaco Raffaele Scarinzi e l’autore di 20Italie il giornalista Antonio Follo

Raffaele Scarinzi, battagliero sindaco di Vitulano, da tempo è impegnato, spesso in un clima di diffusa indifferenza, contro l’infelice scelta progettuale, avendo fortunatamente registrato i primi importanti successi giudiziari contro il nefasto tracciato che arrecherebbe un danno inestimabile alla memoria storica della viticoltura locale.

Angelo Pizzi

L’evento è stato condotto da Luciano Pignataro che, da par suo, ha ricordato ogni dettaglio della genesi della Cantina introducendo o semplicemente menzionando, di volta in volta, tanti protagonisti di questa bella storia; come nel caso di Angelo Pizzi primo ed importante enologo ad aver a lungo seguito il progetto cooperativo di Foglianise, cui fece seguito un giovane Luigi Moio. Il suo imprimatur in Cantina portò all’idea di destinare proprio quelle uve prefillosseriche al vino “alfiere” della casa potendo contare sulla diligente solerzia del suo allievo Pippo Colandrea tutt’ora alla guida tecnica della cantina dopo l’uscita di scena del professore di Mondragone.

Il giornalista sannita Pasquale Carlo, ampelografo e antropologo della vitivinicoltura sannita, ha citato dapprima Mario Soldati e Luigi Veronelli quali espliciti estimatori della prima ora dei vini taburnini, tracciando poi i profili di alcuni tra coloro che, come Libero Iannella e Mimì Grasso, furono parte attiva della Governance che resse il peso di una start-up, come diremmo oggi, che per i tempi e per i luoghi (zona interna dell’appennino centrale) poteva apparire… mission impossible. I Sindaci dei due maggiori paesi, il già detto Raffaele Scarinzi affiancato dal collega di Foglianise Govanni Mastrocinque, hanno entrambi simpaticamente fatto cenno al sano, composto e rispettoso campanilismo che da sempre anima le due confinanti comunità di Vitulano e Foglianise: ebbene proprio la Cantina (di Foglianise) e il Bue Apis (da uve di Vitulano) mettono proprio tutti d’accordo sul gradino massimo dell’eccellenza.

Le sei bellissime annate in calice sono state tutte raccontate, decodificate, disvelate sin nelle più remote sensazioni da Tommaso Luongo, Presidente AIS Campania che ha sciorinato – calice dopo calice – l’intero percorso evolutivo che Bue Apis ha saputo indicare. Una specie di tela di Penelope che, proprio come quella della fedele sposa di Itaca, si spera non abbia mai termine! Una speranza che si fa quasi certezza ma sicuramente impegno e dedizione, nelle appassionate parole dedicate al progetto da Michela Rillo, in rappresentanza della famiglia neo-proprietaria; a riprova del fatto che qualunque futuro non può prescindere da ciò che si è stato.

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Antonio Follo

Antonio Follo nella sua... prima vita è sindacalista esperto di sviluppo locale e fondi strutturali europei. Ma il suo impetuoso, prorompente, incontenibile "alter ego" è nella passione per la terra, il vino, l'olio e le persone che, con il proprio lavoro, li trasformano in emozioni. In AIS è Degustatore ufficiale, Segretario della delegazione di Benevento e Consigliere Regionale della Campania. Dal 1989 è giornalista pubblicista.

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