Vitignoitalia, Napoli: l’evento nazionale più importante del Sud

Immagino, ma in realtà sono scene che ho anche visto, l’espressione di chi affronta la passeggiata che porta a Castel dell’Ovo.
La sensazione è quella di fare un tuffo nel medio evo; di essere tra mercanti di ambrosia, che girano tra corti e castelli, tra giochi e tornei, per allietare gli avventori, con il nettare degli dei.
La realtà non è poi così lontana dalla fantasia, perché per 3 giorni, mercanti ed avventori si sono incontrati a Castello, quello che si racconta custodire un uovo magico. 
Giullari di corte sono stati, con il dovuto rispetto, i sommelier, che con la capacità di racconto di cui sono dotati, hanno narrato storie di vino, che parlavano di luoghi, di costumi e di eroi: le gesta di donne e uomini nei campi.

Un programma intenso, una tre giorni dedicata al mondo dl vino.
La rassegna nazionale più importante, quella più consolidata, che si svolge a sud.
L’anteprima autunnale era stata interessante, primo appuntamento per le nuove annate, l’evento ufficiale ha confermato le premesse.
Ais, Scuola europea sommelier e Fisar si sono alternate nell’organizzazione di masterclass, convegni e concorsi.

La partenza affidata alla Scuola Europea sommelier che, Domenica 5,  ha proposto un approfondimento su “ i vitigni bianchii della costa adriatica”, dai Castelli di Jesi all’Abruzzo,
con UMANI RONCHI:
VECCHIE VIGNE 2020 – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc (BIOLOGIO)
VECCHIE VIGNE 2016 – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc (BIOLOGIO)
PLENIO 2020 – Castelli di Jesi Verdicchio DOCG Classico Riserva
PLENIO 2010 – Castelli di Jesi Verdicchio DOCG Classico Riserva
CENTOVIE 2020 – Colli Aprutini Igt Pecorino (BIOLOGICO)

A seguire l’incontro con  FRESCOBALDI
“Da quell’incontro, Luce fu Erano gli anni Settanta, quando il Merlot fece il suo ingresso a Montalcino per mano della Famiglia Frescobaldi.
Così, quando a metà anni Novanta, Vittorio Frescobaldi incontra Robert Mondavi è anche grazie a quell’esperienza pionieristica che si dà inizio a un nuovo capitolo nella storia dei grandi rossi toscani.
Un percorso presentato attraverso una verticale di Tentua Luce, 2011 – 2013 – 2019.

Lunedì 6 Giugno  è stata la volta dell’AIS con la masterclass dedicata a MARISA CUOMO
con la verticale di FIORDUVA 2007 – 2009 – 2015 – 2017 – 2019 – 2020
“Un vino appassionato che sa di roccia e di mare”


Seguita poi, con “Le Famiglie Storiche” – L’Amarone 2011:
Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi
Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta sant’Antonio
Tommasi, Torre d’Orti, Venturini, Zenato


Intanto all’Hotel Vesuvio Sala Mascagni si è tenuto il Concorso Miglior Sommelier della Campania.AIS

Martedì 7  a chiudere la Fisar che prima ha risalito le pendici dell’Etna, fermandosi a PASSOPISCIARO
Passobianco 2019 | Passopisciaro
Passorosso 2019 | Passopisciaro
Contrada C 2019 | Passopisciaro
Contrada G 2019 | Passopisciaro

È toccato, poi, alla Campania, prima con la presentazione del progetto “Grease” di
Feudi San Gregorio: tecnologie 4.0 per la gestione sostenibile del vigneto e il miglioramento del Greco, con vini sperimentali, poi con la Falanghina, regina bianca della Campania:
Azienda Agricola Nugnes – Falerno del Massico bianco doc “Tacito”
Azienda Agricola I Mustilli, Vigna segreta, falanchina del Sannio-  Sant’Agata dei Goti doc
Azienda Salvatore Martusciello – falanghina dei campi Flegrei  “Settevulcani “
Azienda Terredora di Paolo – Campania Falanghina IGT
Azienda Albamarina – Falanghina del Cilento

ha concluso l’evento la premiazione  dei 50 Top Italy Rosé – Guida ai Migliori Rosati d’Italia 2022 |  Sul podio: Ceraudo, Bonavita e Leone De Castris

14.000 presenze hanno popolato la sedicesima edizione, oltre 2500 etichette in degustazione delle 250 aziende produttrici provenienti da tutta la penisola, con un particolare focus sulla filiera del “Vitigno Campania”.

“Siamo estremamente soddisfatti – commenta Maurizio Teti, direttore di VitignoItalia – dei risultati ottenuti, che credo siano il giusto riconoscimento per il grande lavoro svolto. La prima giornata, ma ancor più quelle di lunedì e martedì, hanno dato ottimi riscontri in termini di affluenza di pubblico, sia italiano che internazionale”.

Grande entusiasmo e partecipazione anche per i seminari e workshop, tutti sold out, utili tanto per gli appassionati quanto per gli operatori del comparto.
Agli incontri tematici ha potuto partecipare anche il pubblico internazionale, grazie alle traduzioni in simultanea messe a disposizione dei WineLovers esteri, che continuano a consolidare di anno in anno la loro presenza alla manifestazione.
La sedicesima edizione di VitignoItalia ha saputo amalgamare i molteplici territori e le numerosissime sfaccettature del panorama vitivinicolo campano e di tutta la Penisola, riunendo a sua volta un pubblico estremamente eterogeneo in un clima di entusiasmo e, soprattutto, di ripartenza.

Vitigno Italia, 6 giugno, masterclass: verticale di Fiorduva

Immagino, ma in realtà ho visto la scena di chi affronta la passeggiata che porta a Castel dell’Ovo.
La sensazione è quella di fare un tuffo nel medio, di essere tra mercanti di ambrosia, che girano tra corti e castelli, tra giochi e tornei, per allietare gli avventori, con il nettare degli dei.
La realtà non è poi così lontana dalla fantasia, perché per 3 giorni, mercanti ed avventori si incontreranno a Castello, quello che si racconta custodire un uovo magico. Giullari di corte saranno, con il dovuto rispetto, i sommelier, che con la capacità di racconto di cui sono dotati, narreranno storie di vino, che parleranno di luoghi, di costumi e di eroi: le gesta di donne e uomini nei campi.

Il caldo è intenso, la brezza del mare corrobora, gli ospiti affaticati dalle irte salite, si concedono a libagioni. Nelle sale il tintinnio dei calici si alterna a quello della fuoriuscita dei tappi che liberano le nuove annate alla vita.
In alto, nella sala Megaride (dedicata proprio al nome dell’isolotto su cui si erge il castello) meno di 30 privilegiati, affrontano un percorso a ritroso nel tempo, che segue l’itinerario dé “il sentiero degli Dei”, in Costiera Amalfitana, dove la viticoltura eroica si pratica quotidianamente.
Terrazze che dominano il mare: con tutto il bello che lo avvolge, come poteva non essere un vino straordinario?

Non è la prima volta che ho la possibilità di partecipare ad una verticale Marisa Cuomo e del suo Fiorduva, ma mai mi era capitato di vivere una degustazione in maniera cosi immersiva.
Andrea Ferraioli è andato a fondo. E’ partito dal nome, dal suo significato, ignorato da molti.
Fiorduva non è dedicato, come si potrebbe facilmente pensare al fiore dell’uva, bensì nasce dall’idea di raccontare i due tesori del luogo in cui viene prodotto : il fiordo e l’uva.
Poi il percorso di ricerca e di sperimentazione sui vitigni autoctoni, le vinificazioni separate già dal ’95 con il professore Moio.
Ci ha descritto le singole proprietà : la vendemmia tardiva del Ripoli; quella precoce del Fenile, che arriva carico e segnato dal sole, della Ginestra, della Pepella.
La volontà di capire, di aspettare, fino alla conditio sine qua non del professore, che dopo aver assaggiato una sintesi, dopo qualche anno, pretese che il vino fosse messo in commercio, affinchè la collaborazione continuasse.
I cuori sono pregni di emozione, adesso bisogna soddisfare quella sensazione di arso, di bere quel nettare che intanto è stato versato nei calici.
L’oro è il colore dominate, si passa da quello più tenue delle annate recenti a quello antico, unico, brillante, intenso, ammaliante della 2009.
Come racconta Gabriele Pollio, il sommelier Ais che ha il compito di descriverlo tecnicamente, i profumi sono quelli della Costiera amalfitana, dei fiori, dei frutti, della terra: Il gesso, le erbe aromatiche, il limone.
Progressione minerali intense con morbide chiusure; lunghe persistenze; Freschezza sempre, aldilà del tempo. L’evoluzione del legno, più presente, nelle annate degli anni duemila, divenuto sempre più discreto nell’utilizzo, nei due decenni successivi.
Un vino importante, che parla Italiano nel mondo e lo fà con accento Campano.
Si dice che: “quando si viene a Napoli, si piange due volte: una quando si arriva e una quando si va via. Dopo una degustazione del genere, sarà difficile non emozionarsi al solo pensiero.

Intanto, per chi volesse vedere, quello di cui parlo, può guardare il video che segue

MARISA CUOMO
VERTICALE FIORDUVA 2007 – 2009 – 2015 – 2017 – 2019 – 2020


***qui l’altra masterclass che abbiamo seguito: https://www.20italie.com/masterclass-vitigno-italia-amarone/

VitignoItalia | Il vino, a Sud.

Comincia oggi, 5 giugno 2022, la sedicesima edizione del Salone VitignoItalia.

3 giorni nella splendida cornice di Castel dell’Ovo di Napoli dove 300 cantine italiane per oltre 2000 etichette si mostreranno al pubblico e a oltre 30 buyer. In programma degustazioni guidate da Scuola Europea Sommelier, Ais Campania e Fisar.

Dopo due anni di stop, si ritorna finalmente con oltre 20 ore di degustazioni e convegni.

A cura di Scuola Europea Sommelier

Domenica 5 Giugno – ore 16:30
Umani Ronchi
I VITIGNI BIANCHI DELLA COSTA ADRIATICA – Dai Castelli di Jesi all’Abruzzo
In degustazione:
VECCHIE VIGNE 2020 – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc (BIOLOGIO)
VECCHIE VIGNE 2016 – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Doc (BIOLOGIO)
PLENIO 2020 – Castelli di Jesi Verdicchio DOCG Classico Riserva
PLENIO 2010 – Castelli di Jesi Verdicchio DOCG Classico Riserva
CENTOVIE 2020 – Colli Aprutini Igt Pecorino (BIOLOGICO)

Domenica 5 Giugno – ore 18:30
FRESCOBALDI
Da quell’incontro, Luce fu
Erano gli anni Settanta, quando il Merlot fece il suo ingresso a Montalcino per mano della Famiglia Frescobaldi.
Così, quando a metà anni Novanta, Vittorio Frescobaldi incontra Robert Mondavi è anche grazie a quell’esperienza pionieristica che si dà inizio a un nuovo capitolo nella storia dei grandi rossi toscani.
Entreremo in questo fantastico progetto realizzato attraverso una verticale di Tentua Luce, 2011 – 2013 – 2019.

A cura di Ais Campania

Lunedì 6 Giugno – ore 15:30
MARISA CUOMO
VERTICALE FIORDUVA 2007 – 2009 – 2015 – 2017 – 2019 – 2020
“Un vino appassionato che sa di roccia e di mare” – L. Veronelli
conduce: Luciano Pignataro

Lunedì 6 Giugno – ore 17:30
Le Famiglie Storiche – L’Amarone 2011:
Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi
Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta sant’Antonio
Tommasi, Torre d’Orti, Venturini, Zenato
conduce: Luciano Pignataro

Lunedì 6 Giugno – ore 19:00
FEAMP
Degustazione con abbinamento ai prodotti ittici e presentazione della guida
aziende vitivinicole campane a cura dell’Assessorato Agricoltura e Ais Campania

CONVEGNI

Lunedì 6/Giugno – ore 14:00 / 19:00 – HOTEL VESUVIO (Sala Mascagni)
Concorso Miglior Sommelier della Campania.
AIS CAMPANIA

A cura di Fisar

Martedì 7 Giugno – ore 15:30
ETNA – PASSOPISCIARO
Passobianco 2019 | Passopisciaro
Passorosso 2019 | Passopisciaro
Contrada C 2019 | Passopisciaro
Contrada G 2019 | Passopisciaro

Martedì 7 Giugno – ore 17:15
FEUDI DI SAN GREGORIO
PRESENTAZIONE PROGETTO GREASE: TECNOLOGIE 4.0 PER LA GESTIONE SOSTENIBILE
DEL VIGNETO E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ DEL VINO GRECO.
DEGUSTAZIONE DEI VINI SPERIMENTALI OTTENUTI.

Martedì 7 Giugno – ore 18:30
La Falanghina – Regina bianca della Campania:
Azienda Agricola Nugnes – Falerno del Massico bianco doc “Tacito”
Azienda Agricola I Mustilli – VIGNA SEGRETA FALANGHINA DEL SANNIO – SANT’AGATA DEI GOTI DOC 
Azienda Salvatore Martusciello – FALANGHINA DOC CAMPI FLEGREI “SETTEVULCANI “
Azienda Terredora di Paolo – Campania Falanghina IGT
Azienda Albamarina – Falanghina del Cilento

CONVEGNI

Martedì 7 Giugno – ore 17:30 – HOTEL VESUVIO (Sala Mascagni)
EXTRA VERGINE – UN FUTURO SOSTENIBILE
BRANDING – TRACCIABILITA’ – TRADIZIONE – TURISMO

Introduzione Raffaele Amore – Presidente Comitato Promotore Olio Campania I.G.P.
TERESA DEL GIUDICE – Ordinaria di Economia Agraria Federico II Napoli
GIUSEPPE FESTA – Direttore del Corso “Wine Business”, Università di Salerno
LUCA MARTUSCELLI – Presidente Associazione Unisapori, Università di Salerno

conclusioni: Nicola Caputo – Assessore all’Agricoltura Regione Campania
modera: ITALO SANTANGELO – Agronomo Pubblicista

Sono stati invitati ad intervenire rappresentanti dei Consorzi di Tutela,
delle organizzazioni professionali agricole, del mondo della ricerca e delle categorie interessate.

Martedì 7 Giugno – ore 19:00 – CASTEL DELL’OVO (Terrazza)
Premiazioni:
50 Top Italy Rosé – Guida ai Migliori Rosati d’Italia 2022

Foto: vitignoitalia.it

Dal 5 al 7 giugno 2022 / 15:00 – 22:00
Castel dell’Ovo
Via Eldorado, 3 – Napoli

Ticket acquistabili su: https://www.azzurroservice.net/biglietti/vitignoitalia-2022

La Campania del vino fa prove di convivenza. Campania.Wine

Non è facile! Non sarà mai facile!
Che sia dettato da sentimenti di passione e di amore verso il vino, o da convenienza,
poco conta: c’è una novità!
Combinazioni astrali che coincidono, pezzi di puzzle che s’incastrano i perfettamente, non da meno l’approvazione inaspettata di un finanziamento europeo, hanno fatto si che, dopo l’appuntamento di ottobre si sia presentata l’occasione per i consorzi del vino campani, di scendere in campo uniti, sotto un’unica bandiera, quella di CAMPANIA.WINE
Qualcuno ha pensato e detto sottovoce, che sarebbe stato meglio prendersi del tempo, per evitare qualche errore organizzativo, altri invece, quelli propositivi, sono stati felici di partecipare a quella che potrebbe essere una svolta epocale.

Il futuro sta nella visione: “da soli si va veloci, insieme si va lontano”
Tre appuntamenti:Il primo a Palazzo Reale.
Location affascinante, un viaggio nel tempo emozionante:
l’invito a corte, l’ingresso da Piazza del Plebiscito, il salone delle armi del maschio An attraversare lo scalone d’onore (che Montesquieu definì la scala più bell’d’Europa) sedersi tra le poltrone del teatro privato, ma anche solo affacciarsi e trovarsi difronte il colonnato e la Basilica che circondano e racchiudono la piazza.


150 produttori coinvolti nelle degustazioni “walk around wine tasting.
masterclass di approfondimento sulle bollicine, rosati, bianchi e rossi Campani, presentate dal giornalista eno-gastronomico Luciano Pignataro, accompagnate dai riferimenti storico/culturali, risultate leggere e fruibili anche da un pubblico meno dotto.
I Forum, durante i quali si sono confrontati i consorzi e tutti gli attori regionali e ministeriali dell’agricoltura, hanno avuto come tema:”Le indicazioni geografiche come patrimonio sostenibile della Campania e il ruolo dei consorzi di tutela” 



Nei video che seguono, troverete spunti di riflessioni e pensieri degli attori principali dell’evento.
Grazie A Campania.wine, ma soprattutto a Luciano Pignataro, che da bravo mentore, ci porta nei posti in cui la passione e la cultura del fare, inebria l’aria, come quella che si respira in cantina quando il “Mosto” fermenta.
Sarà un piacere poterne seguire gli sviluppi, piena e totale disponibilità, nel nostro piccolo, ai consorzi.

Cantina San Michele Appiano presenta FALLWIND

La convinzione di valorizzare al massimo e di narrare il terroir della Cantina San Michele Appiano.
È con questi valori che nasce FALLWIND, il marchio che rappresenta al meglio il territorio e la zona di coltivazione della cantina eccellenza dell’Alto Adige.
“La qualità non conosce compromessi” la frase del winemaker Hans Terzer composta dalle parole che più contraddistinguono il lungo percorso di San Michele Appiano, cantina eccellenza dell’Alto Adige.
Per lui, che da oltre 40 anni perfeziona anno dopo anno con passione i vini che questo terroir sa offrire, ogni varietà ha bisogno di una collocazione particolare in vigna, con rese che devono essere improntate sulla qualità. Affinché questa qualità sia sempre garantita, ecco l’idea di rilanciare i vini, precedentemente rientranti nella linea SELEZIONE, che al meglio rappresentino il loro terroir, chiamandoli con il nome del vento di caduta che caratterizza tutta la zona di coltivazione della Cantina San Michele Appiano, FALLWIND.

FALLWIND, così chiamato da sempre dalla popolazione locale, è il vento che soffia ogni giorno e veglia sui vigneti, in grado di creare il microclima perfetto perché le uve siano al massimo del loro splendore e capaci di donare, grazie al prezioso lavoro dei soci viticoltori di San Michele Appiano, vini caratterizzati da freschezza, proprietà aromatiche e longevità.
È su questi valori, considerati il pilastro della produzione vitivinicola di San Michele Appiano, che si è ritenuto necessario evolvere sotto un unico nome rappresentativo per tutto il territorio, ossia FALLWIND, tutti i vini provenienti dai vigneti selezionati, ambasciatori del proprio terroire che rispecchiano in modo unico i punti di forza dei vari piccoli impianti.
Si tratta di singoli terreni su cui viene coltivata la vite da secoli.

A seconda della varietà, i vini vengono vinificati in acciaio o in legno con l’obiettivo di raggiungere una piena complessità e un bouquet raffinato.
La cura in vigna grazie all’intenso lavoro manuale sotto le rigide direttive sulla qualità, li contraddistinguono in Italia e nel mondo come vini ricercati, di carattere e ben strutturati.
Dieci i vini di FALLWIND tra i bianchi e i rossi dell’Alto Adige che al meglio esprimono il suo terroir: per i bianchi Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, Riesling e, novità, l’introduzione nella selezione il Gewürztraminer prodotto da vitigno autoctono.
Per i rossiPinot Noir Rosè, Schiava e leRiservePinot Noir, Lagrein e Merlot Cabernet. Fuori dal coro, ma parte della selezione della CantinaSan Michele Appiano, è il Pinot Bianco Schulthauser che mantiene nome e sua etichetta storica.
È ottenuto dai vigneti dell’omonima zona sopra Castel Moos ad Appiano Monte tra i 540 e i 620 metri di altezza.
Considerato tra i vini bianchi più importanti della cantina per qualità e per la sua storia, questoPinot Bianco viene prodotto per la prima volta nel 1982.
L’immagine di FALLWIND è rappresentata da una simbologia narrativa, che è espressa da un’importante iconografia sull’etichetta dei vini:un’antica incisione del Macaion, parte del massiccio della catena montuosa della Mendola che sovrasta sulla Strada del Vino diAppiano.
Non manca il simbolo che raffigura lo stemma dei signori di Appiano nato nel primo periodo medievale, composto da una stella e un chiaro di luna calante, icone colme di storia e significato, che si perdono tra i miti nelle pieghe del tempo e ancora oggi di grande valenza espressiva.
E infine, è incisa la frase in latino Ventus ferat, Ventus creat (ossia “il vento soffia, il vento crea”), elemento tra tutti gli altri della natura che rende perfetto il microclima che caratterizza il terroir e garantisce e preserva la qualità dei vini della Cantina San Michele Appiano

Esperienza immersiva nel territorio della Valpolicella e del Lago di Garda in occasione di grandi e piccoli eventi organizzati a Villa Cariola

Non solo in vacanza, Villa Cariola offre l’opportunità di vivere e scoprire il territorio della Valpolicella e del Lago di Garda in occasione di un evento. Matrimoni, meeting aziendali, cene di gala, eventi intimi o grandi ricevimenti sono l’occasione perfetta per concedersi qualche giorno di relax nella splendida dimora storica e Boutique hotel 4 stelle a Caprino Veronese e per godersi al contempo un’esperienza immersiva grazie alle iniziative promosse dalla struttura.
 
Caprino Veronese (VR), 31 marzo 2022 – Matrimoni, meeting aziendali, cene di gala e workshop. A Villa Cariolasplendida dimora storica e Boutique Hotel 4 stelle a Caprino Veronese, ogni occasione è perfetta per concedersi un’emozionante esperienza immersiva tra lago, colline e vigneti. Il motivo? Villa Cariola non solo gode di una posizione strategica ai piedi del Monte Baldo e a soli 15 minuti dal Lago di Garda, ma è anche ambita location per l’organizzazione di eventi e per la ricca proposta di ospitalità e attività alla scoperta del territorio.
 
Dotata di numerose sale interne in stile settecentesco, terrazze panoramiche, una vista unica sulla Valpolicella e la disponibilità, in ogni fase dell’organizzazione, di una wedding planner, Villa Cariola è meta esclusiva per la celebrazione di matrimoni, tanto da essere stata premiata dal 2016 al 2021 con il Wedding Awards di matrimonio.com. La Sala Feste, con i suoi ampi e luminosi spazi, può accogliere fino a 200 persone e consente di accedere direttamente al suo interno con allestimenti ingombranti, auto e altre attrezzature. Per gli eventi più intimi, l’elegante Sala Note, con i suoi affreschi rinascimentali, può ospitare fino a 90 persone.
 
Le Sale della Villa e gli spazi esterni vengono allestiti su misura e attrezzati con le più moderne tecnologie, diventando location d’eccellenza anche per piccoli e grandi eventi aziendali, meeting, workshop e congressi. L’esclusivo ristorante interno, con l’offerta di una selezione di piatti della tradizione, rivisitati in chiave moderna, e cucina internazionale, è il fiore all’occhiello di Villa Cariola per l’accoglienza di cene di gala per oltre 400 persone.
 
Ad offrire professionalità ed assistenza in ogni fase dell’organizzazione, il manager della struttura Omar Gastaldelli che dichiara: «Ogni tanto mi viene chiesto come si fa ad organizzare eventi di successo. A questo sono solito rispondere che, anche dopo oltre 15 anni e migliaia di eventi organizzati, è la soddisfazione e la gioia dei nostri clienti, che apprezzano il nostro impegno e la nostra professionalità, che ci spinge a dare sempre il meglio. Sicuramente la passione è uno dei segreti del successo, ogni anno crescente, della nostra location, unita all’incredibile magia che questa dimora storica, immersa in un’oasi di verde e fiori, riesce a trasmettere ad ogni nostro ospite».
 
Villa Cariola regala l’occasione di vivere un’esperienza a 360 gradi, grazie anche agli eccellenti servizi in termini di ospitalità. Sono 36 le camere (tra suite, preziose junior suite e camere standard) e 100 i posti letto, che la struttura mette a disposizione di chi desidera trascorrere qualche giorno di relax e svago, oltre alla giornata del grande evento offrendo così l’opportunità di vivere e scoprire il territorio della Valpolicella e del Lago di Garda. Gli 8 ettari di parco, con piscina estiva olimpionica, Pool bar, sauna a legna a forma di botte e un’area dedicata agli amici a 4 zampe, costituiscono l’oasi di pace in cui gli ospiti possono vivere momenti di puro benessere.
 
Numerose, infine, le proposte di attività e soluzioni per chi ama storia e cultura, cibo e vino di qualità: oltre alle esperienze di degustazione al Ristorante Vecchia Doganache offre un’ampia selezione di specialità mediterranee e gardesane proposte dallo chef Davide Rangaioli, Villa Cariola invita gli ospiti ad immergersi nella natura delle colline tra il Lago di Garda e il Monte Baldo con emozionanti escursioni a piedi o tour in barca.

bosco de medici

Bosco de’ Medici, viticoltura di qualità all’ombra del Vesuvio

Ignoriamo, per un attimo, dove ci troviamo e a che punto del percorso di qualità sia giunta la viticoltura in Campania. Cancelliamo pure gli anni bui dell’enologia del “dopo”: quelli del dopoguerra e dopo terremoto. Gli strascichi dell’assurda villania contro ambiente e territorio. Le naturali, miopi diffidenze verso i pionieri della modernità e l’apporto positivo delle giovani leve. Chiediamoci piuttosto cosa possa trascinare verso la notorietà produttiva un determinato luogo. Parlare di Vesuvio vuol dire parlare della forza del Vulcano, di terreni scuri e caldi che scrocchiano sotto i piedi, di vini tesi e potenti con una vena minerale spinta, frammista a nerbo acido e agrumato. In sintesi l’animo mediterraneo che si fonde nei ricordi di chi vive realtà in profonda trasformazione. Alzi la mano chi non ha sentito il profumo dei fiori di gelsomino, delle foglie di limone, di un rametto di rosmarino. Per non dimenticare il sapore del cedro maturo e della ciliegia appena colta dall’albero, eterne madeleine proustiane che, come il fegato di Prometeo, ricrescono a ogni morso della mente.

In tale contesto, Giuseppe Palomba dell’azienda Bosco de’ Medici rappresenta degnamente il ruolo da erede di una dinastia di coltivatori avveduti e preparati. Il nome della cantina prende spunto da un fatto storico, quando nel 1567 un ramo della dinastia fiorentina dei Medici si trasferì nel Regno di Napoli, acquistandone un feudo. Luigi de’ Medici, Primo Ministro del Regno, desideroso di arricchire la cantina della residenza napoletana con nobili vini del feudo, affidò al nipote prediletto il compito di elevare la qualità dei vini di famiglia. Qui la fillossera non ha attecchito; le viti crescono ancora a “piede franco”, senza bisogno di essere innestate su radici di vite americana.

Le tradizioni consentono ancora l’espansione dei filari per propaggine e l’allevamento a pergola ed alberello romano con pali di sostegno in castagno. Il prezzo da pagare consiste, però, nel dover curare ogni aspetto in modo manuale e maniacale, lavorando con forza e sacrificio gli arcigni terreni. A ciò si aggiunge il rispetto per metodologie millenarie, quando a Pompei si produceva il cosidetto Vinum Pompeianum che veniva invecchiato anche 25 anni.

Alcune famiglie si erano specializzate nella viticoltura e facevano sostare il mosto nelle anfore, per ottenere il “mulsum”, un vino dolcificato con l’aggiunta di miele: queste tecniche di affinamento sono rimaste valide e simili a quelle odierne, al punto tale da essere seguite da molti produttori locali. L’esempio più evidente sono i “dolia”, recipienti di terracotta che nella fase di fermentazione, per controllare la temperatura, venivano interrati.

Varietà a bacca bianca quali Caprettone e Falanghina, nonché Piedirosso e Aglianico per quelle a bacca rossa. Tutti autoctoni storici ai quali si aggiunge il recupero di ceppi antichissimi quali Uva del Conte, Catalanesca e Uva Cavalla che Bosco de’ Medici sta sperimentando in purezza, grazie alla consulenza dell’enologo Vincenzo Mercurio.

Una vera e propria cantina gioiello, con una parte riservata a fattoria didattica e un luxury resort completato da piscina con vista sul Vesuvio, che offre in aggiunta alla produzione vitivinicola un’ampia filiera di prodotti della terra a km zero, come passate di pomodoro, legumi nostrani e marmellate di arance. 

E veniamo dunque al nocciolo della questione: l’assaggio dei vini aziendali. Si parte dal bianco d’ingresso il Pompeii Bianco assaggiato sia 2020, attualmente in commercio, che nella vintage 2017.

La differenza sostanziale la da la sosta in anfora, 100% macerata per la versione agée dagli straordinari richiami di ginestra, albicocca disidratata, zafferano e scorza di cedro. Sorso lungo, dinamico ed appagante, che sfata il mai rinnegato tabù di una tipologia senza prospettive di resistenza al passare del tempo. La 2020 è ancora tagliente, in fase di assestamento con note di lime e gelsomino, ma promette equilibrio e durata persino maggiori della ’17.

Il Lavaflava Lacryma Christi Bianco 2020 blend di Caprettone e Falanghina rappresenta il deus ex machina delle loro etichette: agli inizi si voleva produrre soltanto questa tipologia. Il rammarico del nonno prima e di Giuseppe poi è di non poter rientrare nella Denominazione con le vigne di Pompei, causa non adeguamento del Disciplinare. Si deve pertanto ricorrere agli appezzamenti più lontani sempre di proprietà, nel territorio del comune di Terzigno, con il vigneto del “Colonnello”, chiamato così perchè nella metà del secolo scorso veniva utilizzato da un colonnello dell’esercito per trascorrere i suoi periodi di licenza. Il risultato è un vino eccellente per forza calorica, frutta quasi candita che richiama a tratti il lampone di bosco e una scia salmastra finale molto persistente.

Altro esperimento riuscito il Dressel 19.2 in pochissimi esemplari, dedicato all’archeologo tedesco cui Pompei deve la notorietà internazionale. Dall’estesa particella “La rotonda”, che prende il nome dalla sua forma circolare ed offre una magnifica vista panoramica che dal golfo di Napoli a quello di Salerno. Caprettone 100% vinificato in anfora con macerazioni comprese tra 20 e 40 giorni senza controllo di temperatura. Sorso pieno ed appagante che vira verso nuance mielose e speziate per finire verso cioccolato bianco in polvere.

Chiudiamo con una veloce trattazione dei rossi, evidenziando la spinta fortemente bianchista di Giuseppe, con il Pompeii 2020 da uve piedirosso e tipiche sensazioni di guarrigue, ribes nero, chiodi di garofano ed arancia tarocca. Anche qui, nel parallelo con la 2017 si evidenzia nella seconda un equilibrio maggiore, tra note voluttuose di amarene mature, china e pepe nero. L’Agathos 2018 è la versione in tonneaux di secondo passaggio dal grande potenziale. Un gusto che ammicca a determinati mercati esteri, anche con un prezzo elevato, ma che non disdegna quello italiano non essendo presenti temute invadenze boisé di prodotti similari.

marilena bambinuto

Cantina Bambinuto, la “Regina” del Greco di Tufo

Nasce prima l’uovo o la gallina? Nel caso di Marilena Bambinuto bisognerebbe chiedersi se il titolo di Regina del greco di Tufo sia attribuibile a lei o alla cantina fondata da papà Raffaele: per par condicio diremo entrambe. La storia è una di quelle già sentite nel mondo vitivinicolo; Raffaele decide di lavorare i terreni ricevuti in eredità e, con grandi sforzi economici, inizia subito ad imbottigliare evitando la canonica trafila del conferimento uve ad altri produttori o della vendita diretta di vino sfuso. La scelta si rivela piuttosto saggia e non certo frutto di casualità. Santa Paolina è una zona irpina particolarmente vocata per questa antica varietà, le sue colline salgono a mo’ di ventaglio su versanti contrapposti nei quali terreni e pendenze subiscono una forte differenziazione. La vigna destinata alla versione d’annata cresce su terreni in prevalenza argillosi ad altitudini di 450 metri slm, quella per il Cru Picoli, dal nome della omonima contrada, giace a oltre 600 metri con una vena calcarea che dona ai vini eleganza minerale.

Completano il quadro gli appezzamenti di Monteaperto per l’Aglianico, passione di famiglia, vinificato in acciaio come il resto dei prodotti. Marilena vuole la massima integrità aromatica senza interferenza di contenitori differenti dall’inox e senza uso di fermentazioni malolattiche. I suoi vini rappresentano l’emblema della rivincita delle annate senza modelli copia e incolla identici tra vendemmie diverse. Ecosostenibilità e stazioni meteorologiche per limitare al minimo l’utilizzo dei trattamenti, nel rispetto dell’ambiente circostante e della salute di chi ci vive, sono questioni che hanno toccato nel vivo la sensibilità dei Bambinuto.

Prima di passare alla straordinaria degustazione per 20Italie, lasciamo la parola alla vigneron Marilena, inseritasi in azienda nel lontano 2009. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, nel 2013 arriva l’anno delle scelte difficili e della giusta quadra, rendendo protagonista quasi esclusivamente il Greco di Tufo (con 5 dei suoi 7 ettari complessivi) ed eliminando altre varietà coltivate tranne per la Falanghina ed Aglianico. Infine, la scelta altrettanto coraggiosa di affidarsi a Vincenzo Mercurio enologo illuminato dalla visione moderna e rivoluzionaria, che sa domare alcune irrequietezze di queste terre seguendo la via dell’eleganza sopra ogni cosa. Fare vino è semplice, se lo si sa fare bene. La produzione prevede anche un passito, un originale distillato di mela cotogna e vino Greco di Tufo, un Brandy sempre di Greco di Tufo ed un delizioso Aglianico chinato, oltre a cioccolata, sapone e gelatine, frutto dell’inventiva vulcanica della produttrice.

Iniziamo gli assaggi con due rapidi accenni alla promettente 2021 ancora in vasca di acciaio, ponendo l’attenzione sulla Falanghina, agrumatissima e salina, fuori dagli schemi tradizionali. Contrastanti invece le due espressioni del Greco di Tufo: quello base panciuto e piacione su note di frutta a polpa bianca; il Picoli deciso e teso con richiami salmastri. Che la verticale abbia dunque inizio:

  • Greco di Tufo Docg 2019: assaggio in anteprima, evidenzia polpa, struttura e succo con una lieve mordenza sul finale di bocca. Sbuffi balsamici a ravvivarne il gusto persistente
  • Greco di Tufo Docg 2018: straordinariamente tipico e territoriale. Ricordi sulfurei e terragni, con richiami di camomilla e scia minerale poderosa. Da manuale.
  • Greco di Tufo Docg 2016: il migliore di giornata. Idrocarburo teutonico allo stato puro. Sta facendo una gara a parte.
  • Greco di Tufo Docg 2015: naso ancora contratto, si rivela al sorso in fase discendente su frutta secca e scorze di cedro. Soffre gli stress delle piante subiti nella faticosa 2014.
  • Greco di Tufo Docg 2014: ci ha colpiti. Ancora dotato di freschezza, con tocchi di spezie bianche ed un ricordo di pietra marina. Non ha la lunghezza di altre vintage, ma potevamo chiederla ad una annata fredda e umida come questa, nella quale si decise persino di non produrre il Picoli?

Cinque annate, cinque caratteri diversi, un unico comune denominatore: il Greco di Tufo della regina Marilena Bambinuto.

anteprime toscane 2022

Anteprime Toscane 2022: focus su Chianti Classico Collection

Alla faccia delle crisi economiche, pandemiche, militari. Alla faccia di chi afferma, per varie motivazioni (discutibili), che grandi eventi come questo sono fatti soltanto di pura confusione, come stare nella sala biliardo di un fumoso bar dello sport. Alla faccia di tutto, insomma, il Gallo Nero è invece più vispo che mai! Ventinovesima edizione della Chianti Classico Collection con ben 180 produttori presenti ed oltre 2000 persone del settore, stampa inclusa. Sì, proprio la stampa che oggi come non mai è chiamata al compito della massima integrità di giudizio, perché il treno veloce dei concorrenti rischia di avvantaggiarsi irrimediabilmente sul nostro made in Italy. Il Gallo Nero sta al Chianti Classico sin dalla nascita del Consorzio nel 1924. Sulle carte. Nella storia secolare di questa antichissima denominazione, il principio si radica già nel 1716 con il bando del Granduca Cosimo III° dei Medici, attraverso il quale se ne determina la zona di produzione pressoché identica a quella sancita dagli accordi di pace del XV° secolo sottoscritti tra Siena e Firenze. Il bilancio produttivo odierno è stato migliore di qualunque aspettativa, con un + 21% rispetto al 2020 e +11% rispetto al 2019. Un trend di crescita che continua anche nel 2022 che, a fine febbraio, fa registrare già un +7% rispetto al primo bimestre del 2021.

A proposito di annate non possiamo non proporre una attenta disamina dei 444 campioni in assaggio durante le giornate del 21 e 22 marzo nella bellissima location della Stazione Leopolda a Firenze. La 2020 si rivela semplicemente meravigliosa nelle sue delicate fragranze floreali. Il Sangiovese la fa da padrona con un tannino cesellato manco ci fosse stata la mano di Michelangelo. Siamo impazienti di testare in futuro i vini della Riserva e della Gran Selezione per capire se possiamo consacrare la vintage tra quelle memorabili. Discorso differente per la leopardesca 2019: la qualità dei campioni procede a macchia lungo le diverse zone produttive. L’equilibrio della 2020 non si riesce a rinvenire egualmente nella possenza calorica della siccitosa 2019. Il varietale predomina, con toni che variano dall’erbaceo spinto alla cupezza speziata senza soluzione di continuità. Bene le versioni base decisamente larghe ed avviluppanti, meno facili le Riserve piuttosto decise al palato, che richiedono necessario riposo come a dare una tirata di briglie agli indomiti cavalli di razza. Annata che vai, diversità che trovi. La 2018 ritorna fresca ed agrumata. Qui la Gran Selezione vince a mani basse, con il corretto apporto di grappoli scelti ed uno stile sempre più elegante. Alcune di esse rasentano persino la perfezione stilistica, fugando ogni dubbio recondito sulla nascita di questa tipologia per nulla scontata e “commerciale”. Considerazioni finali per la 2017 simile per certi versi alla 2019, ma meglio addomesticata soprattutto nelle Gran Selezione e la 2016 che presenta ancora qualche incognita sull’evoluzione delle trame antocianiche decisamente vivaci e mordaci. Lo scopriremo soltanto vivendo dicevano.

Qualche piccola nota dolente la dobbiamo pur trovare e riguarda il progetto UGA del Chianti Classico, oggetto anche del seminario condotto dal giornalista Aldo Fiordelli, collaboratore di testate quali Decanter, Espresso e Corriere Fiorentino. Il nobile impegno del Presidente del Consorzio Giovanni Manetti, nel realizzare ciò che non si è riuscito a fare in secoli di storia, è davvero encomiabile. «Ancora molto può e deve essere fatto – dichiara Manetti – per valorizzare ulteriormente la denominazione continuando a consolidarne il valore e l’immagine nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali». Noi aggiungiamo che la strada è piuttosto irta e piena di insidie, pur avendo confinato l’iniziativa, al momento, soltanto alla Gran Selezione. Sanare antiche “ruggini” presenti tra piccole/medie realtà e grandi imbottigliatori non sarà facile. Inoltre, in alcuni micro areali i produttori si contano sulle dita di due mani e le etichette proposte sono di numero troppo esiguo per ragionare in termini di sottozona. Il carattere sanguigno dei produttori di questa meravigliosa regione completa e complica il quadro della situazione. Ai posteri, dunque, l’ardua sentenza.

Il racconto dei vini del Sannio di Libero Rillo (Fontanavecchia)

Parlare di Sannio, tra le morbide colline di Torrecuso, con il Presidente del Consorzio di Tutela Vini del Sannio Libero Rillo è un’esperienza unica. “Nomen omen” dicevano gli antichi romani e Libero non è da meno quando esprime con franchezza e senza veli il pensiero sul territorio, sull’importanza dell’ospitalità enogastronomica e sulle scelte impegnative da attuare per il futuro dell’intero comparto. Dobbiamo partire, anzitutto, da una breve esposizione di quanto la famiglia Rillo (papà Orazio ed ora i figli Giuseppe e Libero) abbia fatto per accrescere la fama dei vini beneventani grazie all’azienda Fontanavecchia.

Ben 20 gli ettari in continua crescita dagli anni ’90 del secolo scorso; la ricerca della qualità possibile grazie anche ad una accurata parcellizzazione degli appezzamenti vitati, seguendo la filosofia dei CRU avanzata, da secoli, dai contadini francesi. Grave Mora, Vigna Cataratte, Orazio, Libero e Facetus rappresentano ormai dei cavalli di battaglia che riescono ad esprimere al meglio tutte le potenzialità delle varietà autoctone campane come Falanghina, Aglianico, Coda di volpe, Greco, Fiano e Piedirosso. La storia secolare si mescola, però, con le migliori tecnologie innovative: il vino resta pur sempre vino, ma la precisione e le cure maniacali odierne possono renderlo un’eterna opera d’arte liquida.

Non soltanto produzione, ma passione, coesione e spirito di gruppo, perché da soli non si va da nessuna parte. Da qui l’impegno di Libero nell’attività di Presidente del Consorzio di Tutela Vini del Sannio: compito non semplice quello di gestire le diverse “anime” presenti ognuna con richieste ed esigenze diverse. Rillo ne darà ampia spiegazione nella video intervista rilasciata in esclusiva per 20Italie. Vi lasciamo alla visione dell’intervento in attesa di poterci salutare con la descrizione analitica di uno dei gioielli enologici di Fontanavecchia.

Chi dice che i vini bianchi non possano sfidare lo scorrere inesorabile del tempo dovrà necessariamente ricredersi scendendo a miti consigli, dopo aver assaggiato la Falanghina vendemmia tardiva proposta da Fontanavecchia. Un leggero passaggio in barrique (soltanto per il 10% della massa) non fa altro che accrescere il ventaglio aromatico del prodotto, interamente declinato tra note succose di pesca ed albicocca e fragranze floreali di camomilla e ginestra. La spezia bianca sottile guida il sorso verso una profonda vena sapida, nulla che faccia presagire all’evoluzione, ma tutto estremamente giovanile e gioviale. Attendere un altro lustro prima di aprire la bottiglia sarebbe stato persino doveroso se non avessimo avuto la smania di raccontarvi cosa significhi lavorare bene in Campania.