Il vino tra business, comunicazione e storytelling.  Chiara Giorleo

Abbiamo raggiunto Chiara Giorleo, dopo l’intervista rilasciata al blog di Hubitat, per raccogliere in video la sua testimonianza. Esperta e giornalista enogastronomica freelance, con diverse incarichi internazionali di primissimo piano, tra i quali segnaliamo l’attuale posizione di referente per l’Italia nel concorso sull’enoturismo World’s Best Vineyards (WBV) e co-curatrice della guida ai 50 Top Rosé italiani, nonché Giudice nel concorso internazionale dell’International Wine Challenge di Londra (IWC). 

Tra le firme prestigiose della nostra testata 20 Italie, Chiara Giorleo è in grado di offrire sia uno sguardo panoramico sul settore, sia di offrire approfondimenti verticali su singole realtà ed eccellenze territoriali, tracciano trend molto interessanti. Abbiamo chiesto a Chiara di raccontarci come è arrivata a svolgere la sua professione attuale, per poi addentrarci con lei nel concetto di brand, applicato al mondo del vino. Nel suo discorso, il concetto di brand aderisce perfettamente sia addosso a singole etiche, sia a livello di territori regionali, riuscendo a conquistare un popolarità su scala internazionale. Questo circolo virtuoso che dalla notorietà della singola cantine, si estende a interi territori riesce, in talune eccellenze, a generare un turismo del vino, che per taluni brand territoriali ha raggiunto una popolarità decisamente vincente.

Tra i consigli che Chiara Giorleo darebbe oggi ai social media manager, impegnati a comunicare le cantine, sente di raccomandare la massima attenzione. Ci tiene a sottolineare quanto il vino sia un campo minato, ricco di trappole. La vicinanza con il settore food la porta a fare dei parallelismi e a tracciare differenze sostanziali. A differenza del food, il visual del vino, infatti, è molto più complicato: foto che ritraggono il vino in calice, lontano da occhi tecnici, rischiano di assomigliarsi e di certo, non hanno la stessa potenza evocativa che potrebbe avere una pietanza appena pronta e ben impiattata. Il packaging, nella visione della Giorleo, può svolgere una funzione rilevantissima nella cattura dell’attenzione, specie dei bevitori poco esperti. In questo modo, si potrebbero avvicinare nuove schiere di consumatori, che oggi restano invece lontani, a causa di un’attenzione all’estetica delle etichette ancora troppo amatoriale. Su neuromarketing del vino, ci sarebbe da fare tantissimo proprio per correggere distorsioni cognitive che si creano ricorrendo a colori inappropriati, ad esempio.

Chiara raccoglie il nostro stimolo ad indicarci percorsi validi di aggiornamento delle competenze degli esperti di vino. In primo luogo, si sofferma sulla ripresa dei numerosi eventi ed appuntamenti di degustazione guidate, sia in presenza sia a distanza. Ci sono per gli esperti degustazioni tecniche come le verticali, quindi stesso vino ma annate diverse, che sembrerebbero sfumature ma non per un palato esperto. Ad ogni modo, un’altra direttrice che può accomunare sia le ricerche online dei tecnici sia quelli di chi aspira a diventarlo, riguarda la ricerca degli opinion leader che a livello territoriale sono possono rappresentare le tipicità dell’area geografica di pertinenza. E stando in Campania non può che citare il blog di Luciano Pignataro.  
Ci sono infine due approcci diversi nella ricerca delle fonti online, vale a dire quelle quantitative, più attente ai numeri, in grado di rappresentare le condizioni materiali del mercato e quelle qualitative orientate alla narrazione del vino. Chiara ci confida che sul versante quantitativo, una delle sue fonti preferite è The drink business, che le offre una panoramica sui vari mercati, tra cui anche il vino. Poi ci sono le ricerche più focalizzate sullo storytelling del produttore, perché i numeri riescono a svelare solo una minima parte di questo mondo. L’annata da sola potrebbe raccontarci tantissimo sul territorio e sul suo mondo agricolo di riferimento. E come non considerare la storia imprenditoriale familiare, le sperimentazioni, i successi e i vari tentativi realizzati prima di affermare un’etichetta. E qui l’aggiornamento avviene sui siti delle aziende che si sanno raccontare online, caso per caso.    

Veritas, palato indipendente per spiriti liberi.

Il Veritas è la finestra su Napoli che il patron Stefano Giancotti ha deciso di aprire anni fa, per lanciare la sua sfida sulla cucina, sul buon vino e sulla convivialità.

Indipendenza, autenticità, libertà. Ed il lusso di essere ‘piccoli’, perché solo in un piccolo ristorante si possono curare maniacalmente i dettagli.
Ma è un lusso in blue jeans, informale e accogliente.
Tutto questo è il Veritas, un nome latino che racconta bene non solo il territorio, Napoli, ma anche lo stile che caratterizza il ristorante.
Il Veritas trova oggi la sua sponda naturale in Carlo Spina, lo chef di Soccavo che viene da un’esperienza ricca, fatta di una gavetta intensa e rigorosa nella disciplina, ma anche di tanta contaminazione.
Carlo Spina incontra con naturalezza la filosofia identitaria e libertaria del Veritas.La ricerca della qualità non è mai limitata al piccolo territorio, la sperimentazione – e la sfida – è fare della cucina una sintesi di culture, con una tecnica che mette insieme tante esperienze per restituirne una: l’esperienza “Veritas”, riconoscibile ed autentica.

Il gusto e il sapore sono al centro della cucina di Carlo Spina che può essere definita voluttuosa, intensa, seducente.
Dopo un recente restyling dei locali, oggi il Veritas si presenta con un ambiente accogliente e allo stesso tempo sofisticato, dal design deciso. 
Ai piatti di Carlo Spina si affianca la cantina di Alfredo Raucci, sommelier dall’approccio passionale e concreto. Al Veritas non solo è possibile consumare al calice l’intera offerta della cantina, ma si può godere della consulenza di Alfredo, che spazia sapientemente tra piccoli produttori, vignaron, artigiani e artisti del vino.
Un ‘identità libera da pregiudizi, questo è ciò che il Veritas ricerca attraverso la sua “finestra”. Per scoprirne di più, ecco l’intervista completa di Francesco Costantino:

osteria arbustico

Dai monti al mare: un viaggio andata e ritorno

Nascita e formazione in altitudine, da Valva a Roccaraso. Una bella e lunga esperienza con Niko Romito, quando Reale era a Rivisondoli, poi un lungo giro in cui incontra Nino Di Costanzo, Valeria Piccini e Gennaro Esposito, prima del ritorno a Valva, dove nel 2011, insieme a suo fratello Tomas, nasce osteria Arbustico, proprio nella casa di famiglia.
Pochi anni e arriva l’ambito riconoscimento della Stella Michelin, che fa di questo piccolo borgo di montagna una meta di gourmet e appassionati, anche se il viaggio per raggiungerla, non è dei più comodi. Questo, oltre alla dimensione rurale iniziano a stare stretti, il desiderio di potersi aprire a un pubblico più ampio ha la meglio sulle ragioni del cuore.
Il nuovo corso di Osteria Arbustico parte dal mare, dalle porte del Cilento, dove la storia ha lasciato le tracce più vive della Magna Grecia, dove la storia moderna la stanno scrivendo proprio le stelle, quelle della ristorazione.
La cucina di Cristian è riconoscibile, essenziale, diretta. L’abitudine alla stagionalità è congenita. Terra e Mare in egual misura, senza mai eccedere nell’articolazione di un piatto, pochi elementi, ma sempre di “sostanza”: il perfetto riflesso del carattere dello chef.
Il rispetto delle persone, della loro attenzione e del tempo che dedicano alla sua cucina, deve essere ripagata con un’emozione che lasci un segno, nulla di banale, niente di convenzionale.
Oggi Arbustico ha una location d’eccezione, una sala importante, una cantina strutturata ma soprattutto una grande cucina, sia nelle dimensioni che nella tecnica. Il resto lo lasciamo alla chiacchierata che piacevolmente ci siamo fatti qualche giorno fa a Paestum. Se volete conoscerlo meglio, basta guardarla.

giovanni mellone

Il Mood di Giovanni Mellone è la grande novità salernitana

Una cantina importante con etichette incredibili. Materia prima spettacolare ed eccellenze di tutto il mondo affidate alle abili e sapienti mani di Giovanni Mellone. Un incontro ravvicinato, un ritratto della persona. Come nascono le idee dei piatti; come si arriva a forme e geometrie insolite. Il piacere di conversare con una persona umile e determinata. Un’aziendalista, che ha deciso di non esaltare il proprio ego, spostando il focus della soddisfazione del cliente. Questo che segue è la sintesi del nostro incontro.

Tre Olivi, la rivelazione dell’anno secondo Michelin

Come si arriva a ottenere questo risultato? Progetto, strategia e lavoro di squadra. Era doveroso andare oltre, capire e carpire i suoi segreti. Lo abbiamo fatto cercando di conoscere cosa c’è dietro l’uomo Giovanni Solofra. Abbiamo poi incontrato la responsabile della comunicazione del Tre Olivi, Chiara Pierro, che ci ha raccontato il concept. Lei che arriva dall’alta moda, ha saputo trasferire e adattare alcuni di quei concetti, ma soprattutto la strategia.

Infine, una piacevole chiacchierata con Salvatore Pagano, il giovane “visionario”, che ha creduto fortemente nel progetto, sostenendolo anche durante la pandemia, trasformando la difficoltà della chiusura in opportunità per dedicarsi al territorio, alla ricerca di quelle peculiarità che potessero esaltare il lavoro della cucina. La promessa è di incontrarci ancora, perché il racconto è appena all’inizio.