Alla Téa del Kosmo a Livigno brillano le giovani stelle della cucina italiana

Gli Chef Talarico e Siega si esibiscono in un menu a 4 mani eccelso, sotto gli occhi del Maestro, Norbert Niederkofler

Inizia la stagione estiva alla Téa del Kosmo. A Livigno, !”il piccolo Tibet”, una enclave stupenda incastonata tra le Alpi a oltre 1800 metri, è sempre un piacere tornare. La neve si è ormai diradata e le bici prendono il posto degli sci al Mottolino: in cucina l’executive Chef Michele Talarico ci regala un’esperienza inedita, fondendo per una sera la sua cucina e quella dello Chef Mauro Siega, Executive dell’Atelier Moessmer Norbert Niederkofler, sotto gli occhi proprio del loro Maestro.

La Téa del Kosmo nasce esattamente un anno fa, a compimento di un progetto di valorizzazione del territorio realizzato da Siria Fedrigucci, cuore e anima di questo luogo e suo marito Marco Rocca, ora affiancato dalla next-generation Valentina e Ian. Il pilastro su cui si erge tutto questo è il Mottolino Fun Mountain, che con le migliorie apportate negli ultimi anni si candida ad essere uno degli Ski & Bike Resort più completi a livello internazionale, con innovazioni e coccole per l’utente finale, frutto delle esperienze mondiali accumulate da Ian idolo del territorio e Campione Europeo Freeski 2018. Un edificio quindi simbolo della zona, pronto a splendere nelle prossime Olimpiadi Invernali 2026, di cui sarà Headquarter e luogo di investitura di ben 78 medaglie Olimpiche.

La filosofia del Kosmo

Talarico applica al Kosmo Taste the Mountain la filosofia della cucina di montagna appresa dal suo fondatore, lo Chef Norbert Niederkofler; no waste, no all’alloctono, no agrumi, no all’olio d’oliva sostituito dall’olio di vinacciolo. La ricerca è in altitudine e latitudine, una filosofia complessa nella quale lo Chef si erge a custode del territorio, cerca e difende la qualità intorno a sé, nel rispetto della stagionalità e delle dinamiche naturali, senza eccezioni. In questi contesti e con questi dogmi trovare i produttori diventa una sfida e dietro ogni ingrediente si cela un racconto di vita, un produttore “Eroico”.

Le fragole provengono da un coltivatore locale che ha sostituito i diserbanti con insetti competitivi, le uova da galline libere di scorrazzare per i boschi, che le depongono negli incavi degli alberi. Infiniti esempi come il grano saraceno, cereale principe del territorio, arriva al Kosmo grazie a una collaborazione con la Cooperativa So.la.re.s  di Bormio impegnata nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate che nelle sue colture annovera Grano Saraceno Locale, non solo più buono dal punto di vista organolettico ma anche più completo per qualità nutrizionali. Piccoli tasselli che han portato il Kosmo a ottenere la Certificazione Ufficiale CARE’s Ethical Restaurant.

Téa del Kosmo

Téa (Nome antico dato qui alle baite) è lo Spin-Off da 5 tavoli con cui Kosmo vuole presentare questa filosofia in maniera ancora più radicale. Entrando in entrambi i luoghi si comprende subito la differenza. Se nel Kosmo lo sfondo della vetrina apre meravigliosamente sulle Alpi, come un quadro vivente di Caspar David Friedrich, nella Téa il momento è intimo, caldo, il legno ci abbraccia, i colori ci rassicurano, il focolare pone l’accento e ci riporta idealmente tra le mura domestiche.

Qui la padrona di casa è Siria che cura meticolosamente ogni dettaglio, lo Chef può alzare ancora di più l’asticella amplificando il no waste, “Lo spreco è il fallimento dell’immaginazione”: ecco perchè ogni ingrediente va usato interamente e va a comporre un piatto, al quale poi si troverà un abbinamento grazie alla maestria della Sommelier Giada Rosa, che propone una carta vini armonizzata con la filosofia dando ampio respiro alle piccole realtà montane ed eroiche.

La notte stellata e l’Abbraccio della Montagna

Proprio Téa del Kosmo, per una sera, è stata il palcoscenico di un iconico Abbraccio della Montagna, tra Valtellina e Val Pusteria, tra la brigate del Kosmo e quella del tre stelle Michelin e Stella Verde per la sostenibilità Atelier Moessmer Norbert Niederkofler, unite per pensiero, ideali, dinamismo e soprattutto gioventù. Sinergia perfetta tra le voci: i piatti si alternano tra le due brigate, ma si muovono all’interno di uno spartito e una splendida sinfonia. Gli Chef e le brigate duettano abilmente riuscendo inoltre a far sentire i loro timbri caratteristici nei rispettivi piatti. dinamiche complesse vengono sintetizzate in piatti all’apparenza semplici, ma che dietro nascondono sapiente uso della tecnica, il tutto sotto uno sguardo attento e un filo compiaciuto del proprio Maestro.

Iniziamo con un calice in Cantina  Castel Noarno – Blanc de Blancs  Trento DOC 2017, Chardonnay di piena maturazione, cremoso, dal buon frutto giallo pieno e scorza di cedro candito e salgemma. E poi zagara, pepe bianco e burro, piccola pasticceria in sottofondo. E’ prodotto sulle alte colline della Vallagarina, che oltre alla piena maturazione riescono a donare ai vini ricche connotazioni dinamiche e minerali al naso e al sorso a questo vino. Un passe-partout di bella eleganza che si muove vivacemente tra gli amuse-bouche, piccoli morsi di territorio: La Tradizione (Rivisitazione di Pizzoccheri). Il Ricordo (Tarassaco in varie consistenze giocato magistralmente per dare la sensazione olfattiva, gustativa e palatale di un olio d’oliva). Biscotto di Mais con formaggio Zoncolan (a pasta semidura). Waffle con lardo di Persico.

Il percorso continua nella Téa, ogni piatto è un’esperienza e Siria insieme al suo staff sono il trait-d ’union tra piatti apparentemente semplici per i nostri sensi che nascondono invece esecuzioni complesse e storie e dinamiche di territorio da scoprire.

La Carota è uno dei piatti che stupisce per questo. Quella che appare come una semplice verdura in agrodolce nasconde molteplici cotture, tra cui la salsa, nata proprio da una stracottura, sfruttando anche il carbone della stessa. Una elevazione a potenza dell’ingrediente.

L’abbinamento proposto è un Etza -Radoar 2021 Müller Thurgau intrigante, da viticoltura eroica, maturazione in parte legno e soli lieviti indigeni. Al naso melone giallo, mela cotogna in gelee aprono ed in un attimo risvegliano sentori di banana matura e uva passa, fieno e caffè estratto a freddo. Saporito e di spiccata freschezza, con la sua lunghezza rappresenta un matrimonio perfetto col piatto.

Segue un piatto di semplice perfezione: Il Pane e il Burro, elevato da companatico a protagonista, eseguito con lievito madre e una miscela di farine locali poco raffinate e il burro mantecato con 2% di sale e servito al cucchiaio.

Poi Chicche di patate ed ortica, con crema di latticello e spalmabile di capra, piatto dai sentori erbacei, bella aromaticità e speziatura, l’abbinamento gioca in perfetta concordanza VIGNETI DELLE DOLOMITI IGT SAUVIGNON “FUME” 2020 – WEINGUT ABRAHAM. La fermentazione in botti di rovere, l’uso di lieviti naturali, il prolungato contatto sulle bucce di parte della massa ampliano molto il raggio di questo Sauvignon e la desinenza fumé enuncia già parte del mondo che troveremo nel bicchiere. Pietra focaia e note burrose giocano con note floreali e vegetali varietali, il sorso è ricco, avvolgente definito da una vibrante e lunga scia salina.

La Trota della Valmalenco gioca con le cotture e con gli scarti di questo ingrediente per proporci un piatto singolarmente complesso. La scelta di abbinamento è stata un Pinot Nero – Le Anfore 2014 di Marcel Zanolari un naso piacevolmente floreale, succo di mirtillo, violetta, ginepro e cuoio, sottobosco,  un leggero finale smaltato, all’assaggio la freschezza e l’agilità del pinot nero giocano bene con una surmaturazione del frutto in pianta che lo rende decisamente più succoso e per questo molto adatto in questa versione evoluta a completare il servizio di questa ricetta che tra i suoi ingredienti annovera anche il gaurum di trota.

La Capra. Brasato di Capra servito sopra un panbread, succulento, aromatico, appagante. L’abbinamento è la Vigneto la Purscela 2015 di Involt Agnelot, una vigna storica piantata come da vecchia tradizione con Chiavennasca (in Valtellina significa Nebbiolo) e piccole percentuali di Brugnola e Pignola. La vinificazione prevede acciaio e terracotta, cosa che esalta le note di piccoli frutti al naso, la viola e una leggera liquirizia. In bocca i tannini sono setosi, fruttati e ben legati alla massa di buona freschezza e sapidità, in abbinamento si completano.

Il dolce è una bellissima Insalatina Primaverile, composizione dall’abile gioco di consistenze costruite sapientemente e sapori, che cela più di una sorpresa all’assaggio. In abbinamento un vino altrettanto poliedrico, Moscato Rosa 2021 – Franz Haas , fresco, vivace, dal bouquet aromatico intenso, tra cui spiccano rosa, cannella, buccia d’arancia. Stupisce al palato per spiccata acidità, dolcezza ma soprattutto tannino, perché questo vino nasce da una vinificazione in rosso la cui fermentazione è interrotta con l’uso del freddo.

Un album musicale a due voci di eccellente fattura che narra le storie del territorio, delle sue usanze e dei suoi uomini che suona le sue ultime note sul pass con le ultime creazioni, gelee e altre piccole coccole, come il Kosmocciolino e una moka fatta al momento sulla brace.

Bonus Track …e invece. Tra gli ultimi complimenti a Siria, a tutta la famiglia Rocca, alla sommelier Giada, scatta un invito genuino agli Chef da parte di alcuni di noi, figlio di bei rapporti che ogni tanto per fortuna si creano. Chef perché non ci si vede dopo da noi per una Aglio e Olio notturna? Michele e Mauro si guardano, la lampadina si era accesa, pochi secondi dopo al Kosmo le padelle tornavano a saltare. Una dimostrazione di sinergia, estro e di aderenza al proprio ruolo e al proprio credo, Olio e Aglio diventano Burro e Pesteda, terminate con un crumble finale. Apprezzato come l’ultimo singolo che la band decide di regalare ai fan rientrando dopo essere uscita, il finale perfetto di un gran bel concerto di giovani talenti.

Livigno si sta preparando molto bene per queste Olimpiadi e la Téa del Kosmo sta portando un nuovo messaggio di Fine Dining, ergendosi insieme a tutta la struttura del Mottolino a fondamentale rappresentanza del territorio stringendosi nell’abbraccio della montagna.

“…E così, tra i suoi dirupi e le sue creste,

L’anima errante trova pace e rifugio,

Nell’abbraccio severo della montagna,Dove il tempo si dissolve e il cuore ritrova il suo equilibrio.”

L’IGP Olio di Puglia conquista Roma: una serata di gusto e tradizione con il Gambero Rosso

Ehi, amici degli ulivi! Avete mai pensato che un lunedì sera potesse trasformarsi in un viaggio sensoriale attraverso i sapori della Puglia? Beh, è esattamente quello che è successo il 22 luglio nei Giardini di Palazzo Brancaccio a Roma.

L’IGP Olio di Puglia ha fatto il suo ingresso trionfale nella Città Eterna. Immaginate la scena: un palazzo storico, giardini mozzafiato e l’aroma inconfondibile dell’olio extravergine d’oliva che fluttua nell’aria. Non stiamo parlando di un olio qualsiasi, ma del re degli oli. E sapete una cosa? La Puglia non scherza quando si parla di olio: pensate che produce il 65% dell’olio di tutta l’Italia.

Non è solo una questione di quantità. La Puglia ha dimostrato di poter giocare alla grande anche quando si parla di qualità. Le sue olive sono come una squadra di calcio di Serie A: abbiamo la Peranzana, star del centrocampo, la Coratina, il difensore roccioso, l’Ogliarola, il regista tuttofare, e la Cellina di Nardò, l’attaccante veloce. E come se non bastasse, hanno pure i nuovi acquisti: la Favolosa e il Leccino.

Maria Francesca Di Martino, la capitana di questa squadra d’oro (o meglio, d’olio), nonché Presidente del Consorzio IGP Olio di Puglia, non poteva essere più felice: “Ragazzi, più del 40% dell’olio buono che mangiate e che pensate venga da chissà dove, in realtà è made in Puglia!” E dove meglio per dirlo se non nella cornice da sogno di Palazzo Brancaccio?

Ma la serata non è stata solo un “guarda e annusa”. Prima del grande evento, c’è stata una masterclass per veri intenditori. Immaginate di essere a scuola ed invece dei libri avete bottiglie d’olio e invece della lavagna c’è Stefano Polacchi, il guru degli oli del Gambero Rosso, che vi spiega tutti i segreti dell’oro verde.

Il focus della masterclass è stato la resilienza e la rinascita del settore olivicolo pugliese, in particolare alla luce delle sfide poste dalla Xylella, un batterio, noto per i suoi effetti devastanti sulle coltivazioni agricole, che ha avuto un impatto economico significativo sugli uliveti della regione.

Nonostante queste difficoltà, la Puglia mantiene un ruolo di primo piano nella produzione olivicola nazionale. Con il 65% della produzione italiana, che ammonta a 366 mila tonnellate annue, la regione si conferma leader del settore. Tuttavia, questa produzione non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno interno: il consumo medio pro-capite annuale in Italia si attesta intorno alle 700 mila tonnellate, rendendo necessaria l’importazione di olio da altri paesi del Mediterraneo, principalmente Spagna e Tunisia.

Durante la degustazione guidata è emersa la necessità di una maggiore consapevolezza sull’importanza dell’Olio Extravergine di Oliva. Nonostante sia un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, riconosciuta per i suoi benefici sulla salute, l’olio EVO rimane spesso sottovalutato nel dibattito pubblico e nella percezione dei consumatori.

Serve una presa di coscienza collettiva sul ruolo cruciale che l’olio extravergine di oliva riveste non solo come condimento, ma come alimento quotidiano essenziale per l’intero comparto alimentare italiano. La sua valorizzazione potrebbe avere ricadute positive non solo sulla salute pubblica, ma anche sull’economia del settore agricolo e sulla promozione del Made in Italy nel mondo.

La masterclass si è conclusa con un appello a una maggiore educazione del consumatore e a politiche di sostegno per il settore olivicolo, in particolare per quelle realtà che, come la Puglia, stanno dimostrando una straordinaria capacità di rinascita e innovazione di fronte alle sfide ambientali ed economiche.

Gli oli proposti in degustazione sono stati dieci di cui si elencano le caratteristiche organolettiche

  1. IGP Olio di Puglia Monocultivar Leccino – AGRICOLA TAURINO: Sentori di mandorla e nocciola.
  2. IGP Olio di Puglia (blend di Ogliarola Barese e Leccino Peranzana) – ASSOCIAZIONE FRANTOIANI DI PUGLIA: Profumi e sapori dierba, carciofo, cicoria, con sensazioni amaricanti.
  3.  IGP Olio di Puglia (blend di Coratina, Ogliarola Barese, Leccino Peranzana) – DE CARLO: erba tagliata, rucola, mandorla e carciofo. Sapore decisamente amaro.
  4. IGP Olio di Puglia (blend di Coratina e Olgiarola Barese) – OLIO CICCOLELLA: Sentori tipici della Coratina con evidenza di erba tagliata e nota speziata finale.
  5. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina 4 CONTRADE: Maggiore morbidezza con sentori di mandorla e erba tagliata. Finale amaricante.
  6. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina PANTALEO: Più delicato rispetto ai campioni precedenti, con sentori di mandorla e erbe amare.
  7. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina OLIO GUGLIELMI: Un olio pulito ed elegante con sentori di mandorla e carciofo.
  8. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina AZIENDE AGRICOLE DI MARTINO: note erbacee, mandorla, erba tagliata, finale amaricante.
  9. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina LE FERRE: Nota amara marcata, più potenza che eleganza,erbe amare e carciofo.
  10. IGP Olio di Puglia Monocultivar Coratina COOPERATIVA MADONNA DEL ROSARIO: mela gialla, sentori di frutta secca, erbe amare.

Per chi pensa che l’olio sia solo per condire l’insalata, preparatevi a ricredervi. Lo chef Marco Brioschi della Gambero Rosso Academy ha tirato fuori dal cilindro piatti da far venire l’acquolina in bocca solo a sentirli: Acquasale, pasta con cozze, cacioricotta e taralli (praticamente la Puglia in un piatto), e le mitiche bombette pugliesi. Il tutto, ovviamente, impreziosito dall’olio IGP di Puglia.

Tra un assaggio e l’altro, potevate incontrare i big dell’olio pugliese come l’azienda Agricola Taurino, De Carlo, Olio Ciccolella, Pantaleo. Ognuno con il suo olio speciale, alcuni puri come un diamante (i monocultivar), altri mix sofisticati da far invidia a un cocktail di un barman stellato.

Ovviamente non potevano mancare i vini pugliesi e tanti produttori delle eccellenze gastronomiche. Tra questi abbiamo intervistato i coniugi Lombardi della Pasticceria L’Arte di Luciano che ad Apricena in provincia di Foggia hanno il laboratorio di produzione dolciaria. Infine i formaggi di Capra Garganica, Panificio Di Biase e La Bella Contadina.

Insomma, amici, l’olio pugliese non è solo buono, è un vero e proprio protagonista della dieta mediterranea, un supereroe del gusto che fa bene alla salute e al palato.

“L’olio nostro è come l’ammore: fa bene al core!”

Vero Omakase Rooftop: tra sashimi, nigiri, gunkan, wasabi… e cultura del Sol Levante

Il sushi master Gilberto Silva crea un viaggio nei sapori e nelle tradizioni più autentiche del Giappone. 

Quante volte avete pronunciato le parole “mi fido di te”? Il contesto davvero particolare del Vero Omakase Rooftop, all’interno del Ro World di Nola (NA), rischia di rappresentare un nuovo modo di affidarsi totalmente nelle mani di qualcuno.

La cosa più bella è la mancanza di un reale vincolo di parentela se non “temporaneo”: giusto il tempo, infatti, di sedersi al banco dello chef, in attesa di essere stupiti dalle tante preparazioni ideate ogni sera da Gilberto Silva.

Il concept stesso di sushi (nel termine ampio di piatti tipici a base di pesce crudo, alghe, uova, riso e condimenti) viene ridisegnato sulla base delle usanze orientali, nel rispetto delle rigide normative alimentari europee. Una differenza anzitutto nel metodo di lavorazione e conservazione, che in Italia prevede l’obbligo del passaggio in abbattitore per evitare pericolose contaminazioni parassitarie.

Nel Paese del Sol Levante, invece, si pratica l’immediata sfilettatura del pescato, preceduta dall’eviscerazione ed eventuale marinatura con limone. La temperatura di servizio delle pietanze è però identica per entrambe le realtà, compresa tra 3 e 9°C atta a garantire la massima qualità del prodotto.

Parte da qui il viaggio tra i sapori e i ricordi di Gilberto Silva, originario del Brasile e divenuto amante di tutto ciò che riguardi l’Oriente. Un’esperienza riversata ai clienti finali, sulla relazione diretta tra chef ed ospite, che siede in prima fila per ascoltare, osservare e gustare. Nella formula Omakase (traduzione “mi fido di te”), le preparazioni vengono eseguite e raccontate davanti all’avventore, con un massimo di sei persone per volta di fronte allo chef.

Al Vero Omakase Rooftop è comunque possibile optare per i tavoli in sala ed ordinare à la carte :sono disponibili 20 coperti interni e 40 in terrazza. Il maître Roberto Tanzi ed il sommelier Giuseppe Bonomo riescono ad intercettare le varie esigenze gastronomiche esaltando al meglio l’experience.

I protagonisti, le selezioni del pescato proveniente da tutto il mondo, vengono presentate all’interno di una scatola di legno quasi un dono ed un segno di rispetto per i presenti. Da lì sono giunte le ricette per noi della stampa, presenti la sera del 10 luglio grazie all’abile organizzazione della giornalista Nadia Taglialatela. Un momento di riflessione su quanta fretta abbiamo spesso in un istante che dovrebbe essere di gioia e d’attesa come il piacere di acculturarsi a tavola.

Scampi freschi, gamberi di Mazara del Vallo, trilogie di tonno, capesante del Canada, ricciole e ricci di mare giganti del Giappone. E poi ancora dentici, orate, polpo di Spagna e persino il Wagyū la carne più pregiata di sempre, proprio per non farsi mancare nulla.

Il lungo percorso ha inizio prima dal “cotto”, con un bao di kebab di tonno, spezie orientali, cipolla al lampone e crema acida, saporito al punto giusto. Si vira rapidi sulle specialità del pesce crudo, con carpaccio di rombo in salsa ponzu (soia e agrumi), erba cipollina e uova di trota salmonata con polvere di peperoncino togarashi molto delicata.

Una pausa fatta dal Tamagoyaki, la frittata in padella quadrata con soia e brodo dashi composto da alga kombu e katsuobushi per poi assaggiare i vari Sashimi: di tonno, ricciola di Hokkaidō, polpo verace e salmone delle isole Faroe con foglia di wasabi.

Proseguiamo con una tartare di scampo affumicato, con olio yuzu, zenzero fresco, uova di pesce volante e foglio d’oro a 24 carati da lasciare i commensali senza parole. I ravioli di gambero rosso di Mazara del Vallo anticipano il Kobe in salsa demi-glace cotto a bassa temperatura per 72 ore.

E adesso il momento clou con i Nigiri proposti da branzino giapponese, capasanta del Canada, gambero e sgombro, per concludere con un Gunkan di riccio di mare gigante ed una tagliata di Wagyu affumicata. Abbinamento cocktail-list personalizzato, coordinata dal giovane bartender Antonio Onorato, dove spicca un gustoso Bloody Mary al caramello salato.

Giuseppe Tufano, ideatore e proprietario di Ro World e del Vero Omakase Rooftop, esprime così la sua soddisfazione per il premio ricevuto dal Gambero Rosso con le “Tre bacchette” nella Guida Sushi 2025

<<È un premio che ci lusinga tantissimo. Il fatto di essere in Campania per me non ha mai significato proporre soltanto tradizione regionale. Qui da noi arrivano persone delle più diverse tipologie e provenienze:  italiani, stranieri, manager, appassionati, visitatori di passaggio. Sentivo il bisogno di far sentire accolto ciascuno di loro.  Poi c’è stato l’incontro con un maestro sushi del calibro di Gilberto Silva e  l’opportunità di porci in maniera ancor più internazionale e dinamica:  anche il mondo gastronomico giapponese, quello autentico, qui ha trovato lo spazio che merita.  Con eleganza e cura dei particolari, com’è nel nostro stile>>.

Vero Omakase Rooftop

(all’interno di Ro World)

Km 50, SS7bis, 80035 Nola NA

aperto a cena, dal lunedì alla domenica – È richiesta la prenotazione

+ 39 349 888 6066

www.roworldexperience.com/vero/

Un viaggio in Trentino: le Dolomiti a un passo dal cielo

Che il Trentino sia un posto speciale non è un modo di dire. Basta guardare il panorama, le sue bellezze naturali, le vette spettacolari delle Dolomiti, i laghi, parchi naturali e le valli verdi. E poi i paesini con costruzioni di montagna dalle quali svettano chiesette che sembrano uscire da una fiaba.

Nelle pianure e sulle pendici collinari si stendono vigneti che sembrano un tappeto verde in contrasto con il rosso scuro della roccia porfirica. Il Trentino è una Regione ricca di bellezze naturali, storia, cultura e tradizioni, che offre opportunità uniche sia per il turismo che per i momenti di ogni giorno.

Le Dolomiti, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, sono una meta ideale per attività all’aperto quali l’escursionismo, l’arrampicata e lo sci. I laghi, come il Lago di Garda, il Lago di Caldonazzo e quello di Levico ad esempio, offrono occasioni per nuoto, vela e relax. I parchi naturali, tra cui il Parco Naturale Adamello Brenta e il Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, proteggono la biodiversità e sono ideali per escursioni e osservazione della natura.

Il Trentino ha una storia lunga e complessa, influenzata dalle vicende politiche e culturali della regione alpina. Per secoli, il territorio è stato sotto il controllo del Principato Vescovile di Trento. Nel corso del XIX secolo, è diventato parte dell’Impero Austro-Ungarico fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando fu annesso all’Italia. Un patrimonio culturale unico, che condivide elementi italiani e tirolesi.

L’economia è diversificata: il turismo gioca un ruolo fondamentale grazie alle attrazioni naturali e sportive. L’agricoltura è importante, con una produzione di mele, uva e vini e la protezione di enti quali il Consorzio Vini del Trentino. L’italiano è la lingua ufficiale, ma sono presenti minoranze che parlano il ladino nelle valli delle Dolomiti, il mocheno e il cimbro in altre aree. Le tradizioni locali sono ricche e varie, con feste, sagre e rievocazioni storiche che celebrano la cultura e la storia della regione. Le tradizioni culinarie includono piatti come i canederli, la polenta, lo speck e numerosi formaggi tipici.

La città capoluogo è Trento, dal centro storico ben conservato, con il Castello del Buonconsiglio, la Cattedrale di San Vigilio, il Museo di Scienze Naturali MUSE e i palazzi rinascimentali come Palazzo Roccabruna. Altre città di interesse includono Rovereto, con il suo Museo d’Arte Moderna e Contemporanea (MART), e Riva del Garda, situata sulle rive del Lago di Garda.

Il Consorzio Vini del Trentino: un esempio di squadra e Identità Territoriale

Quando si parla del Consorzio Vini del Trentino, la definizione più calzante è quella di una squadra che rappresenta la quasi totalità (oltre il 90%) dei produttori e viticoltori della regione. Il termine “squadra”, non è usato a caso: la sua forza risiede non solo nella legge che gli affida il compito di salvaguardare le denominazioni di origine enologiche della provincia, ma soprattutto nella capacità di mantenere salda e credibile l’identità delle produzioni vitivinicole locali.

Avere una identità forte e riconosciuta è essenziale per ogni produttore, viticoltore, imbottigliatore e cooperatore del Trentino. Questa identità rappresenta le fondamenta su cui costruire una promozione efficace e credibile delle aree produttive, dei vitigni, dei vini e delle aziende della regione. È grazie a tale coesione che il Consorzio è in grado di tutelare le produzioni enologiche trentine, garantendo la sostenibilità ambientale e promuovendo i vini del Trentino sia a livello nazionale che internazionale.

I vini sono il risultato di una terra con un’alta vocazione e di una tradizione di livello mondiale, soprattutto, dell’impegno, soprattutto nel campo spumantistico.

L’Istituto Tutela Grappa del Trentino

L’Istituto Tutela Grappa del Trentino svolge in parallelo un ruolo fondamentale nella valorizzazione di un’altra produzione tipica: la grappa. Fondato nel 1969 conta oggi 24 soci, di cui 20 distillatori che rappresentano quasi tutta la produzione. L’Istituto ha il compito di valorizzare la grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino, qualificandola con un apposito marchio d’origine e la dicitura “Trentino Grappa”.

La produzione di grappa in Trentino rappresenta il 10% di quella italiana, un dato significativo che ne testimonia l’importanza e la qualità. Il Consorzio Vini del Trentino e l’Istituto Tutela Grappa del Trentino rappresentano due pilastri fondamentali per l’economia e la cultura locale. Grazie alla loro azione congiunta, questi enti garantiscono la salvaguardia delle produzioni enologiche e distillatorie, promuovendo al contempo l’identità e la tradizione di una terra unica.

Hotel Villa Madruzzo: connubio di storia, eleganza e gastronomia nel cuore del Trentino

Situato tra le colline verdi e le vette maestose del Trentino, l’Hotel Villa Madruzzo offre un’esperienza che combina la storia del XVI secolo con il comfort e il lusso moderni. Residenza nobiliare, originariamente dimora della famiglia Madruzzo, sa accogliere i suoi ospiti in un ambiente elegante e raffinato, suddiviso in due aree distinte ma complementari: la zona Classic e l’area Belvedere.

La zona Classic, con il suo fascino d’epoca, permette di immergersi completamente nell’atmosfera storica della villa. Le camere sono arredate con mobili antichi e dettagli che richiamano il passato glorioso dell’edificio, offrendo al contempo tutti i comfort moderni per un soggiorno piacevole e rilassante. Dall’altra parte, l’area Belvedere rappresenta una fusione armoniosa di modernità e benessere, dove il moderno si fonde con il calore del legno. La chicca è il centro benessere che rigenera e regala momenti unici. Gli ospiti possono godere di una vasta gamma di trattamenti, dalla sauna al bagno turco ai massaggi, immersi in un ambiente sereno e panoramico.

Al suo interno, il Ristorante Villa Madruzzo ha sale eleganti in grado di ricevere, non solo gli ospiti dell’albergo, ma anche il pubblico esterno. Il menu è un viaggio sensoriale attraverso le delizie della cucina trentina: dai canederli ai formaggi locali, passando per piatti a base di selvaggina e dolci tradizionali, ogni portata è preparata con cura e presentata con eleganza. L’attenzione ai dettagli e la passione per la gastronomia fanno di questo ristorante una meta imperdibile per gli amanti del buon cibo.

Dall’erba al formaggio lungo la filiera del latte

Un tour guidato in compagnia di Albatros tra i prati della campagna di Predazzo per scoprire il forte legame che c’è tra erba, latte e formaggi. Prima tappa in stalla presso l’azienda agricola Moser dove Maria Letizia ci aspetta con Mariapia Morandini e la sua famiglia per raccontare l’importanza che ha l’alimentazione delle mucche nella qualità del latte. Abbiamo avuto modo di assistere anche alla mungitura e scoprire le innovazioni che caratterizzano le stalle dei nostri giorni. La filosofia di famiglia è incentrata sul benessere degli animali. La produzione di latte è affidata a 110 capi diversi per razza e resa. Di queste, circa 70 vacche sono in lattazione durante l’inverno e le altre in estate per la produzione del celebre Puzzone di Moena DOP.

La scelta accurata del fieno e delle erbe sono importanti per la qualità del formaggio, sottoposto 2 o 3 volte al mese a controlli alla fine dei quali viene assegnato un punteggio con un valore numerico che può variare da 0,4 a 25. Assistere alla mungitura è un’esperienza che fa tornare la mente a quando guardavamo Heidi che mungeva e beveva il latte. Ovviamente non è proprio come il cartone animato, perché la mungitura avviene con mezzi sofisticati che tutelano la salute degli animali e dei consumatori. Una mungitura soffice e costante che serve, oltre a prelevare il prezioso liquido bianco, ad evitare dolorose mastiti alle mammelle.

Arrivando al Bistrot Caseificio Sociale Predazzo e Moena ci attende un vero e proprio Cheese Tasting narrato in compagnia del produttore: presenti in assaggio un caprino pastorizzato dolce e delicato, il “Gradevole” che ricalca lo stile dei formaggi a crosta lavata, il Puzzone di Moena Dop da mezza stagionatura saporito ma non troppo, un formaggio a pasta dura stagionata in stile 3 mesi e infine il Trentingrana, fatto esclusivamente con il latte del Trentino. Il tutto accompagnato ai vini della Tenuta Gottardi: nasce nel 2016 e le prime etichette escono nel 2022 con il “Posador” Pinot Nero, il Lagrëin, il Müller Thurgau e il Gewürztraminer.  

Roverè della Luna – la ricerca al servizio della viticoltura: Innovazione e Sostenibilità nei vigneti del Trentino

In una giornata di sole tra i vigneti del Trentino, Stefano Rizzi del Consorzio Vini del Trentino ci accoglie per parlare dell’importanza della ricerca nella coltivazione della vite. Il suo entusiasmo è palpabile mentre ci introduce alle tecniche innovative che stanno rivoluzionando il modo di coltivare i vigneti, con l’obiettivo di ridurre drasticamente, se non eliminare, l’uso di fitofarmaci.

Tra le pratiche più interessanti, l’uso della confusione sessuale per contrastare gli attacchi di lepidotteri e della Tignola. Una tecnica, che consiste nel diffondere feromoni che confondono gli insetti impedendo loro di accoppiarsi, si sta rivelando un metodo efficace e sostenibile per proteggere le viti senza ricorrere a sostanze chimiche nocive.

La ricerca non si ferma qui. Paolo Fontana e Livia Zanotelli, apidologi della Fondazione Edmund Mach, insieme a Maurizio Bottura, dirigente del Centro di Trasferimento Tecnologico, ci accompagnano nei vigneti per approfondire il tema della biodiversità. Gli studi condotti dalla Fondazione Edmund Mach in collaborazione con l’Università di Trento sono orientati a 360 gradi, esplorando ogni aspetto che possa contribuire a una viticoltura più sostenibile.

Fontana e Zanotelli ci parlano degli “apoidei”, un gruppo di insetti impollinatori di cui fanno parte anche le api. L’osservazione delle abitudini e degli orientamenti di questi insetti è fondamentale per studiare la biodiversità e adattare le conoscenze alla viticoltura. “Conoscere le interazioni tra gli apoidei e le viti può portare a pratiche agricole che favoriscono non solo la salute dei vigneti ma anche quella degli ecosistemi circostanti”, spiega Zanotelli.

Un altro tema cruciale trattato durante la nostra visita è quello della micro-irrigazione. Rizzi ci spiega come questa tecnica permetta di fornire alle piante la quantità d’acqua necessaria con precisione, riducendo gli sprechi e migliorando la qualità del raccolto. “La micro-irrigazione è un esempio di come l’innovazione tecnologica possa andare di pari passo con la sostenibilità ambientale”, afferma Rizzi.

Gli studi condotti dalla Fondazione Edmund Mach e dall’Università di Trento non solo offrono nuove prospettive per una viticoltura più verde e sostenibile, ma rappresentano anche un modello di come la ricerca e l’innovazione possano contribuire significativamente alla protezione dell’ambiente. La giornata si conclude con una nota di ottimismo: il futuro della viticoltura trentina sembra sempre più orientato verso pratiche sostenibili che rispettano la natura e promuovono la biodiversità.

La Fondazione Edmund Mach: eccellenza nella ricerca e formazione agricola

Situata a San Michele all’Adige, la Fondazione Edmund Mach rappresenta un’istituzione di rilevanza mondiale nel campo della viticoltura ed enologia. Fondata 150 orsono, la sua missione iniziale era quella di approfondire la conoscenza scientifica applicata all’agricoltura, con un focus particolare sulla viticoltura. Sin dall’inizio, l’istituto ha svolto un ruolo cruciale nel trasferire conoscenze e innovazioni agli agricoltori e viticoltori, diventando così un centro di formazione, ricerca, sviluppo e sperimentazione.

La Fondazione Edmund Mach gestisce 120 ettari di terreni, di cui metà destinati alla produzione di uva e l’altra metà alla coltivazione di mele. Questa vasta area di sperimentazione agricola permette di condurre ricerche avanzate su varie colture. Dal 2008, l’Istituto San Michele all’Adige è diventato ufficialmente la Fondazione Edmund Mach, in omaggio al suo primo direttore. Nello stesso anno, l’istituto ha incorporato il Centro di Ecologia Alpina del Monte Bondone, ampliando così il suo campo di ricerca anche all’ambiente.

Le “Tre A” della Fondazione: Agricoltura, Alimentazione e Ambiente

La filosofia della Fondazione Edmund Mach si riassume nelle “Tre A”: Agricoltura, Alimentazione e Ambiente. La sezione dedicata all’alimentazione comprende laboratori all’avanguardia per l’analisi del vino, includendo studi sulla vinificazione e tecniche avanzate di tracciabilità per prevenire sofisticazioni. 

Nel settore agricolo, la ricerca si concentra su due principali aree: il miglioramento genetico e la sostenibilità. La Fondazione ha registrato numerose varietà di melo e piccoli frutti, come i mirtilli, e ha sviluppato viti resistenti alle malattie, riducendo così la necessità di prodotti chimici. Inoltre, studia metodi alternativi per la lotta contro i parassiti, come la confusione sessuale, che evita l’accoppiamento degli insetti nocivi.

Supporto Tecnico e Formazione

Altro aspetto fondamentale della Fondazione Edmund Mach è l’assistenza tecnica agli agricoltori. Attraverso una rete di centri periferici specializzati vengono forniti supporto continuo per la gestione delle attività agricole, garantendo che gli agricoltori possano beneficiare delle ultime innovazioni e metodologie. La Fondazione ospita anche uno dei migliori Istituti Tecnici Agrari in Italia e collabora con l’Università di Trento per i corsi di Viticoltura ed Enologia.

Un’eredità storica

La sede della fondazione vanta una storia affascinante, nata in origine come una struttura fortificata nel dodicesimo secolo. Successivamente trasformata in un edificio monastico, i monaci iniziarono a coltivare la vite, costruendo una cantina nel 1200 che è ancora oggi operativa, mantenendo viva una tradizione secolare.

Un faro di innovazione e tradizione, combinando ricerca scientifica avanzata con un profondo rispetto per la storia e la cultura agricola. La sua continua evoluzione e il suo impegno per l’eccellenza garantiscono che rimanga un punto di riferimento nel panorama agrario e enologico mondiale.

Muse, Museo delle Scienze di Trento

Il MUSE, Museo delle Scienze di Trento, è un moderno museo scientifico situato nel quartiere Le Albere, progettato dall’architetto Renzo Piano. Inaugurato nel 2013, il MUSE offre un’esperienza interattiva che esplora la natura, la scienza e la tecnologia. Le sue esposizioni spaziano dalla storia naturale delle Alpi alla biodiversità, passando per la sostenibilità ambientale e le innovazioni scientifiche. Con una vasta gamma di mostre temporanee e permanenti, laboratori educativi e attività per tutte le età è un punto di riferimento per la divulgazione scientifica in Italia.

Proprio qui che il Consorzio Tutela Vini del Trentino ha organizzato la presentazione del secondo Bilancio di Sostenibilità del Consorzio. Ad aprire il convegno è stato Albino Zenatti, Presidente del Consorzio, che ha ricordato che questa è la seconda edizione della presentazione e che la precedente si è tenuta nel 2021. Zenatti ha inoltre sottolineato l’importanza che riveste lo studio e l’applicazione della sostenibilità; l’applicazione di regole e la messa in pratica di azioni volte alla tutela del terreno e dell’equilibrio naturale può portare nel tempo a risultati significativi. Ricerca, innovazione e investimenti mirati a ridurre drasticamente i trattamenti fitosanitari con l’obiettivo di annullarli totalmente sono fondamentali. Il concetto è chiaro: la terra che coltiviamo oggi è la stessa che avranno i nostri figli e le generazioni future. Investire ora in sostenibilità significa garantire un futuro migliore per chi verrà dopo di noi.

Le certificazioni SQNPI, VIVA e EQUALITAS sono fondamentali per portare avanti progetti e studi volti alla realizzazione di pratiche sostenibili. Un elemento cruciale è la partecipazione delle aziende: il 97% delle aziende vinicole ha aderito al protocollo di intesa, un successo inimmaginabile prima d’ora. Temi come l’Agenda 2030, la Certificazione SQNPI – qualità sostenibile e l’importanza di saper comunicare la sostenibilità sono stati al centro del dibattito.

La presentazione del bilancio si è conclusa con un aperitivo e una cena a buffet offerti dal Consorzio nella sala al livello inferiore del museo, accompagnati dai vini del Trentino e dai cocktail con la Grappa del Trentino, il tutto circondati da dinosauri, animali preistorici e oggetti dell’età della pietra, creando una bellissima atmosfera conviviale.

Palazzo Roccabruna: un gioiello rinascimentale nel Cuore di Trento

Nel cuore del centro storico di Trento sorge Palazzo Roccabruna, dimora nobiliare risalente alla seconda metà del Cinquecento. Questo edificio, recentemente restaurato dalla Camera di Commercio di Trento, è tornato al suo antico splendore e ospita oggi l’Enoteca Provinciale del Trentino. Tale spazio non è solo un museo di vini, ma un vero e proprio centro per eventi enogastronomici e culturali, dedicato alla valorizzazione del territorio trentino, della sua ricca storia e dei suoi prodotti tipici.

Tra i vari eventi organizzati presso l’Enoteca, la conferenza tenuta da Alessandro Marzadro ha illustrato la storia della grappa, dalle sue origini fino ai giorni nostri. Marzadro ha spiegato come questo distillato, che un tempo poteva essere considerato più una medicina che una bevanda, sia divenuto la celebre grappa piacevole e raffinata. “La gradevolezza è la caratteristica principale di una buona grappa”, ha sottolineato Marzadro, sfatando il mito che sia solo un digestivo. “Non è assolutamente un digestivo, ma una bevanda da meditazione, studiata per offrire momenti di puro piacere grazie ai suoi aromi complessi.”

La grappa trentina è un distillato ottenuto dalle vinacce italiane, con una gradazione alcolica minima di 37º, e gode del marchio di Indicazione Geografica Protetta (IGP). Questo la distingue dall’Acquavite, un termine generico che può riferirsi a distillati ottenuti da qualsiasi materia prima idonea.

Interessante anche l’origine della grappa, nata con un intento di recupero: la distillazione delle vinacce consente di valorizzare gli scarti della vendemmia, un processo sostenibile che non consuma ulteriore suolo agricolo. Tuttavia, è importante ricordare che, pur essendo un prodotto di qualità, la grappa non è un bene di prima necessità e l’abuso può essere nocivo per la salute.

Palazzo Roccabruna, con la sua storia secolare e il suo rinnovato ruolo di centro culturale, si conferma così un punto di riferimento per gli amanti del buon vino e delle tradizioni trentine. Gli eventi organizzati al suo interno rappresentano un’occasione imperdibile per scoprire e apprezzare i tesori enogastronomici del Trentino, in un ambiente che celebra il passato ma guarda con entusiasmo al futuro.

Dopo aver parlato della storia dei vini e delle grappe del Trentino, l’evento è proseguito con un tasting dedicato, offrendo ai presenti un viaggio sensoriale attraverso le diverse varietà prodotte nella regione.

La degustazione comprendeva:

  • Vini Bianchi: Nosiola (1-4), Chardonnay (5-19), Pinot Grigio (20-24), Kerner (25-27), Manzoni Bianco (28-32), Solaris (33), Müller Thurgau (34-46), Riesling (47-48), Sauvignon (49-54), Gewürztraminer (55-62).
  • Vini Rosati: Tagli Bianchi (63-68), Rosati (69-72).
  • Vini Rossi: Pinot Nero (73-89), Marzemino (90-98), Rebo e Sennen (99-101), Lagrein (102-114).
  • Grappa del Trentino.

Pranzo al Ristorante Borgo Nuovo: Un’Esplosione di Sapori Sardi nel Cuore di Trento

Nel vivace centro di Trento, tra strade storiche e moderni negozi, si trova un angolo di Sardegna: il Ristorante Borgo Nuovo. Un locale, rinomato per la sua cucina di pesce che offre un’esperienza culinaria unendo la tradizione sarda alla freschezza del mare, proponendo sia piatti crudi che cotti di altissima qualità. La chiave del loro successo risiede nell’utilizzo di materie prime sempre fresche, che garantiscono sapori autentici e piatti impeccabili.

L’ambiente del Ristorante Borgo Nuovo è caldo e accogliente, arredato con gusto e attenzione ai dettagli. Ogni elemento del design interno contribuisce a creare un’atmosfera rilassante e raffinata, ideale per godersi un pasto in tranquillità. Gli ospiti vengono accolti con un sorriso sincero, che riflette l’ospitalità sarda e la passione per la cucina.

Il menù del Borgo Nuovo inizia con antipasti di mare, dove i crudi di pesce, come tartare e carpacci, si distinguono per freschezza e la delicatezza dei sapori. A seguire, una selezione di primi piatti che celebra la tradizione sarda, con specialità come i malloreddus e la fregola, arricchiti da salse a base di pesce fresco e ingredienti di stagione.

Credits e ringraziamenti finali: Valentina Voltolini (Consorzio Vini del Trentino), Stefano Rizzi (Consorzio Vini del Trentino), Alessandro Maurilli (Istituto Tutela Grappa del Trentino) Lavinia Furlani (Wine Meridian), Dora Tavernaro (Strada dei Formaggi delle Dolomiti).

“Odio l’Estate”: le cene sul belvedere di Tenuta degli Eremi ad Acciaroli con il Truck Street Food di CiVà Cibo Vagabondo

Se siete nel Cilento alla ricerca di un luogo incantato dal panorama mozzafiato, immersi nella natura per sfuggire alla calura estiva, potrete godere di una serata all’insegna della qualità, della socialità e del divertimento. Lo scorso venerdì 5 luglio, nella suggestiva cornice della Tenuta degli Eremi ad Acciaroli (SA), si è dato il via alla stagione estiva 2024 delle serate a tema “Odio l’estate”, organizzate in collaborazione con il premiato CiVà Cibo Vagabondo ed il suo Truck Street Food.

La Tenuta degli Eremi posta nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, tra collina e mare, con il suo fascino rustico e paesaggi emozionanti, fornisce il contesto perfetto per le serate estive: ampi gli spazi verdi, illuminati da luci soffuse e decorati con eleganza, gli angoli e varie sedute comode e distensive dalla musica selezionata in sottofondo, creano un’atmosfera intima e rilassata, lontana dal frastuono delle città. Il tema “Odio l’estate” è sapientemente interpretato attraverso dettagli decorativi che evocavano un’estate alternativa, più fresca e contemplativa.

Il punto di forza è senza dubbio la sinergia tra i 3 ideatori di questi eventi: Giulia Leone, proprietaria della Tenuta degli Eremi, 24 ettari biologici di ulivi, piante di aloe e macchia mediterranea; Pietro D’Elia, giovane teggianese che nella sua azienda agricola “I segreti di Diano” ha recuperato nel 2017 il peperone Sciuscillone (P.A.T.); Tony Granieri, talentuoso chef con l’obbiettivo di portare a tavola preparazioni semplici, ma di spessore, capaci di leggere il territorio con uno sguardo a 360 gradi, senza disdegnare qualche intrigante contaminazione.

Giulia ha avuto l’intuizione di proporre un’offerta gastronomica curata dal CiVà Truck Street Food creando un sodalizio con Pietro e Tony. I menù proposti sono un viaggio attraverso i sapori del Cilento e del Vallo di Diano. Ogni piatto è preparato a vista con ingredienti freschi e selezionati. I sapori sono ben bilanciati, con combinazioni creative che rendono ogni morso un’esperienza unica. Il servizio è un altro punto di forza di CiVà Cibo Vagabondo: il personale è sempre sorridente, accogliente e pronto a soddisfare le esigenze dei clienti.

I piatti proposti dallo chef Granieri variano in ogni evento. Durante l’inaugurazione il menù è stato un vero trionfo di sapori perfettamente abbinato ai vini naturali della cantina Casebianche, in linea con la filosofia artigianale degli autori. L’entrée a sorpresa, una focaccia con topping gourmet a base di lardo di colonnata e fiori di zucca, ha lasciato presagire il succulento e delizioso prosieguo anche per l’ottimo abbinamento con l’agrumato e vibrante spumante “La Matta” di Casebianche, meto ancestrale ottenuto da Uve Fiano.

La tartare di manzo con salsa di cozze alla brace e tartufo estivo, ha sorpreso le papille gustative esaltate anche dallo splendido accostamento con il lucente e intenso rosato frizzante  “Il Fric” di Casebianche (uve Aglianico elaborate secondo il metodo ancestrale) che all’olfatto esprime delicati profumi di ribes, melograno e lamponi con dettagli di viola.

A seguire tortelli con gambero e caciocavallo podolico, crema di talli e fiori di zucca, accostati ad un profumatissimo Fiano Cumalè di agile e appassionante beva con un complesso profilo aromatico (sottofondo agrumato, accenni di arbusti marini ed erbe officinali), supportato da buona spalla acida coerente chiusura sapida. Il secondo piatto proposto è stato un delizioso tonno alletterato, con salsa mugnaia e fagiolini; piatto in perfetta armonia con il calice di Iscadoro, blend di Fiano, Trebbiano, Malvasia con sentori di agrumi e frutta matura e note di macchia mediterranea, morbido al palato e lungo nel finale.

La chiusura fresca e delicata è stata offerta da un dessert a base di yogurt al cioccolato bianco e fragola. L’ambientazione della Tenuta degli Eremi, con i suoi spazi all’aperto immersi nella natura, ha creato un’atmosfera piacevole e informale, permettendo agli ospiti di rilassarsi e socializzare in un contesto diverso dal solito, reso informale dall’allestimento di una lunga tavolata comune.

Da destra: Elisabetta Iuorio e Pasquale Mitrano (Cantina Casebianche), Tony Granieri, Giulia Leone, Pietro D’Elia, Silvia De Vita

L’organizzazione impeccabile, la qualità delle proposte enogastronomiche e l’atmosfera magica della location hanno reso la serata un appuntamento imperdibile per gli amanti del buon cibo e del buon vino.

Un evento che riesce a reinterpretare l’estate in modo originale, offrendo un’esperienza unica e indimenticabile.

Il Luminist Cafè Bistrot di Giuseppe Iannotti trionfa nella classifica dei Visionary Places redatta da Gambero Rosso e Artribune

Arte, ospitalità, cultura del buon cibo e della bellezza. Appartenere alla classifica stilata dal Gambero Rosso e Artribune per i “Visionary Places”, i ristoranti visionari che sanno unire aspetti gourmet e architettonici, per la goduria dei sensi di chi li visita, rappresenta un punto d’onore nel vasto panorama enogastronomico italiano.

La “fuffa”, per utilizzare un neologismo ampiamente abusato, del tutto fumo e poco arrosto ha ormai le ore contate. Abbiamo vissuto momenti indelebili nella ricerca spasmodica di ciò che sembrava mai raccontato. Imitazioni, per non dire copie con carta carbone, di realtà che poco hanno a che fare col savoir-fare italiano, fatto di affabilità e complicità con il cliente anche quello più esigente.

Non basta definirsi critici enogastronomici provetti, così come non va tutto buttato nel pattume, anzi. Lo stimolo per qualcosa di diverso, che coinvolgesse per tecnica e capacità realizzativa, ha portato la nostra idea di cucina verso spazi inesplorati. Il ricontatto con la realtà, mantenendo i piedi ben saldi a terra, conduce invece ad una necessaria contrazione dei mezzi impiegati verso un ulteriore gradino del concept gourmet da Stella Michelin.

Oggigiorno ci si scosta dall’ipotesi intonsa e candida delle visioni minimaliste del passato. Stili e colori spesso identici (il bianco che più bianco non si può), perché a parlare fossero solo nuvole, sifoni, gelificazioni e composizioni molecolari, “arie” dei titolari incluse. Ristoranti in profonda crisi economica e propositiva, che richiedeva per forza un passo di lato confortante.

Ritorniamo allora al concetto di bello, come voluto fortemente dal Gambero Rosso che di Guide ne capisce da sempre. Un vero e proprio comitato scientifico, con rappresentanti del mondo della gastronomia, dell’arte e della cultura per valutare i migliori Visionary Places, capaci di distinguersi senza seguire le mode, interpretando il concetto di benessere sia per i commensali che per il personale ponendo attenzione a tutti gli elementi accessori alla cucina, che contribuiscono a rendere l’esperienza del cliente completa.

Accanto a Gambero Rosso e Artribune, il direttore creativo del Gruppo Tenute Capaldo – Feudi di San Gregorio, Ella Capaldo, l’artista e appassionato “conoscitore” enogastronomico Gabriele De Santis, l’AD di MondoMostre Simone Todorow, ed Emilia Petruccelli, co-fondatrice di Galleria Mia a Roma e fondatrice di EDIT Napoli.

Un progetto voluto con passione sin dagli albori dal Presidente di Gambero Rosso e Artribune Paolo Cuccia, dal Consiglio d’Amministrazione al completo e dal neo Direttore Responsabile Lorenzo Ruggeri, al primo banco di prova importante dopo la sua nomina al posto del dimissionario Marco Mensurati, approdato ad altri incarichi di prestigio al Poligrafico e Zecca di Stato.

Vince su tutti il Luminist Cafè Bistrot di chef Giuseppe Iannotti, già proprietario del Kresios a Telese. Nella cornice esclusiva delle Gallerie d’Italia Napolimuseo di Intesa Sanpaolo si è tenuta la presentazione della prima edizione del progetto con la premiazione dei 10 locali italiani tra i 30 che erano stati selezionati ed ha avuto la meglio proprio il ristorante posto al roof top del polo museale, inserito in un contesto di rara bellezza tra tele di Velàzquez e artisti conteporanei. Secondi e terzi sul podio rispettivamente il SanBrite di Cortina d’Ampezzo e IO Luigi Taglienti di Piacenza.

Casa del Nonno 13: rispolverare i fasti di un tempo si fa anche con serate di prestigio e gli Champagne della Maison Palmer & Co

Ci volle molto lavoro per creare un’immagine consolidata, tale da ottenere la meritata Stella Michelin sotto l’egida del compianto chef-architetto Raffaele Vitale. Ce n’è voluto anche meno per distruggere quanto di buono realizzato, ormai un pallido ricordo di una cultura gastronomica soppiantata da sofismi e virtuosismi a tratti inutili.

Recuperare terreno per la nuova gestione di Casa del Nonno 13 è stato un percorso sicuramente difficile, a cominciare dal restauro della maison-ristorante, tanto chic quanto complicata per manutenzione delle antiche stanze interne e dei magnifici giardini esterni appartenenti alla famiglia Angrisani. La nuova proprietà, rappresentata da Francesco Palumbo già titolare del Crub a Cava dei Tirreni, non ha lesinato risorse economiche ed umane alla ricerca dei fasti d’un tempo. La scelta dello chef Gioacchino Attianese a capo della folta brigata di cucina e di Alessandro Pecoraro a dirigere la sala, esperto del settore food and beverage, sta dando i suoi frutti aiutando i consumatori che conoscevano le altalenanti fortune del locale a recuperare quota di fiducia per il presente e il futuro.

I menu articolati di Attianese e la selezione in crescendo dei vini proposti da Pecoraro rassicurano sul prosieguo del percorso intrapreso; tuttavia in questa fase (e speriamo anche dopo), l’organizzazione di eventi a tema con degustazioni di prestigio rafforzano ulteriormente quel legame perduto con la tradizione e con i clienti. Presente, stavolta, un’altra importante “Maison” a Casa del Nonno 13, da un territorio che non ha bisogno di presentazioni: quello degli Champagne di Palmer & Co dai vigneti nelle propaggini di Reims.

Séléna Cortot, export manager dell’azienda, e Gianluca Martinelli il distributore per la provincia di Salerno, hanno condiviso una buona gamma dei prodotti che comprendeva il Brut Réserve, il Blanc de Noir, il Rosé da metodo Solera e l’Extra Réserve Grand Terroir. Gli stuzzicanti appetizer serviti in giardino comprendevano una pizzetta alla marinara cotta al vapore e forno, un tacos di genovese di tonno, la scapece di zucchine e pan brioche e la parmigiana in una polpetta, quest’ultima davvero sorprendente.

Alessandro Pecoraro all’atto dell’apertura dello Champagne Brut Réserve di Palmer & Co

Il Brut Réserve è stato un valido compagno mai invadente, gustoso anche per un semplice sorso d’estate, ricordando quanto detto dall’armatore Aristotele Onassis che avrebbe bevuto Champagne in ogni ora della giornata se il medico non glielo avesse impedito. Molti sostengono che le bollicine non siano affatto semplici da apprezzare, ma richiedano un palato predisposto e preparato. Io sono tra coloro che all’arte nobile del rifermentato sur lies preferisce i vini fermi senza anidride carbonica, ritenuti meno aggressivi.

Alessandro Pecoraro, interrogato sulla questione offre la sua personale interpretazione: “il problema risiede, oltre naturalmente nella qualità del prodotto, anche nella temperatura di servizio. Un eccesso di freddo penalizza nella forma e nella sostanza l’assaggio di uno Champagne, anche se questo significa andare contro la moda del momento. Alcuni estimatori, infatti, preferiscono apprezzare la bollicina a qualche grado di temperatura in più”.

Insomma, la frase di Sean Connery – alias James Bond nel film 007 Missione Goldfinger – che paragona un Dom Perignon del ’53 servito oltre i 4 °C peggio solo del frastuono provocato dalle canzoni dei Beatles, può esser valida soltanto in certi romanzi d’avventura (con buona pace per i “4 di Liverpool” che hanno scritto pagine indelebili nella storia della musica).

Al gambero rosso in pasta kataifi e agrodolce di peperone ed alla renfetella di polpo allo spiedo, friggitelli, lime e patate è stato invece abbinato il Blanc de Noir di Palmer & Co, blend in parti uguali di Pinot Noir e Pinot Meunier, forse la miglior etichetta della serata, con le tipiche note di bosco unite a frutti gustosi tra il tropicale ed il selvatico.

Seduti al tavolo nella quiete della coorte interna, la cena è proseguita con riso acquerello, scampi, rosmarino e limone accompagnato del Rosé Solera nettamente rivalutato rispetto ad alcuni anni fa, meno pomposo e più scattante dalla struttura tipica di un Rosé de Saignée a contatto con le bucce.

Chiusura sulla delicata cernia, l’orto e il suo guazzetto e su un dessert strepitoso a base di mousse di latte di bufala, fichi quasi caramellati, champagne e nocciole, con un brindisi finale a base della Grand Terroir millesimo 2015, vino da meditazione oltreché gastronomico.

Chef Attianese sa eseguire le proprie ricette con mano elegante, rispetto per le tradizioni e le materie prime, come un buon direttore fa con le diverse anime di un’orchestra lirica. Nessuna nota stonata, solo tanta voglia di farsi apprezzare per costanza e giuste contaminazioni di sapori.

Casa del Nonno 13

Corso Francesco Caracciolo 13

84085 Sant’Eustachio (SA)

Il decennale di Wip Burger & Pizza: 10 anni non bastano a raccontare come fare ristorazione di qualità in Campania

Diciamocelo: Wip Burger & Pizza se lo aspettavano davvero in pochi agli inizi. La longevità ha sorpreso, ma non troppo, persino i titolari Domenico Fortino e Lorenzo Oliva, partiti in sordina 10 anni fa con un piccolo locale ai margini di una stazione di rifornimento a pochi passi dall’uscita autostradale di Nocera Inferiore.

E a ben pensarci, crescere in un contesto simile, affermarsi presso il pubblico anche selezionato ed esigente che non mangia solo “pane e puparuoli” ha rappresentato un traguardo simile alla scalata di una cima vertiginosa. Domenico, Lorenzo, due anime ben integrate dalla stessa idea di ristorazione: quella basata sull’esaltazione e lavorazione delle materie prime che la Campania sa offrire. Diverse scelte gastronomiche, a cominciare dall’immancabile pizza, passando per una cucina con piatti della tradizione e chiudendo sulla carne, per accontentare ogni palato.

Quanto detto sin qui non spiega il successo fatto di piccoli passi, uno dopo l’altro, che li hanno portati a festeggiare il primo decennale con un evento fuori dalla norma: l’annullo filatelico concesso dai dirigenti di Poste Italiane – agenzia di Nocera Inferiore – quale tributo al saper fare impresa da parte dei concittadini imprenditori. Il vero segreto di Pulcinella è l’abilità dimostrata nel tessere rapporti con le eccellenze del settore alimentare nostrano.

I banchi d’assaggio organizzati durante la manifestazione, rappresentano gli ingredienti “nascosti” nei piatti di Wip Burger & Pizza e quando giochi con la qualità è difficile distruggere e rovinare tutto con impreparazione e mancanza di rispetto per le materie prime. Difficile, ma non impossibile per chi scrive da anni di cibo e cultura enogastronomica.

Fare ristorazione di qualità si può ovunque, specialmente in Campania ove non mancano gli ingredienti e le tecniche giuste per utilizzarli in cucina. E quello di Wip Burger & Pizza ne è un caso lampante.

Ad esempio nella scelta di un Olio Extravergine di Oliva monocultivar Carpellese dell’azienda Pregio con sede a Serre (SA); o i salumi e le carni della Macelleria del Centro Storico di San Marzano sul Sarno (SA), dai prodotti innovativi come il salame di Scottona con Parmigiano Reggiano stagionato 120 mesi.

Gli affettati richiamano necessariamente, almeno al Sud Italia, la mozzarella, specie se di Bufala come quella proposta dal treccione del Caseificio Nonno Peppe a Marina di Eboli (SA). Infine, per placare la sete i gin di Prisco Sammartino di Officine Alkemiche Spirits per un abbinamento intrigante anche con la pizza, e il beverage di Perrella Distribuzione che segue i migliori locali della Regione.

Manca, a completare il quadro, la presenza di Andrea Ferraioli e della moglie Marisa Cuomo, da sempre inclusi nell’ampia lista vini proposti sia alla mescita che alla bottiglia, segno che la cultura e il consumo del vino sta cambiando in modo positivo nelle scelte degli avventori.

Presenti al momento clou della serata, l’annullo filatelico sulle cartoline commemorative, la funzionaria di Poste Italiane dott.ssa Elvira Graziano, il vice sindaco di Nocera Inferiore dott. Gianluca Pagliuca ed i giornalisti Annibale Discepolo e Gaetano Cataldo, estimatori della prima ora di Wip Burger & Pizza e dell’impegno di Fortino e Oliva.

Altri 100 di questi 10 anni!

Wip Burger & Pizza

Via Giuseppe Atzori 271

84014 Nocera Inferiore (SA)

La “Yellow Night” da Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel inaugura la stagione estiva nella divina Costiera

Esistono pochi posti al mondo dove il sapore della pizza incontra la suggestione di atmosfere uniche ed incantevoli e la Costiera Amalfitana è certamente in cima alla classifica. Ma se il matrimonio tra la tonda mediterranea viene officiata dal maestro Gino Sorbillo presso La Locanda della Canonica dell’Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel, la celebrazione non può che essere esclusiva e dal tocco decisamente glamour.

Di pizzerie in location mozzafiato ce ne sono tante al mondo, a dimostrazione del fatto che la pizza è la perfetta ambasciatrice della Dieta Mediterranea persino nella sua versione più elegante e gourmet, ma gustarne una all’interno di un monastero risalente al 1212, dalle mani di Gino Sorbillo tra i più iconici maestri pizzaioli, e godendo della vista mare sul Golfo di Salerno, non ha prezzo. Neanche mangiarla sul rooftop del grattacielo più alto del mondo sarebbe lontanamente equiparabile ad un’esperienza così profonda e rara.

La Locanda della Canonica è il pizza outlet di Gino Sorbillo, incastonata in uno dei luoghi simbolo di quella che un tempo è stata una delle quattro Repubbliche Marinare, sorto ad Amalfi nel XIII secolo e sovrastante il borgo marinaro dal colle Falconcello, antico crocevia sui traffici marittimi verso l’Impero Bizantino, Alessandria d’Egitto e l’India. La serata del 22 giugno scorso ha costituito un’esperienza davvero profonda: paesaggio, cultura ed enogastronomia, uniti all’istrionica giovialità di Gino Sorbillo, disponibile e cortese verso tutti gli ospiti.

Accompagnati dal personale cortese ed estremamente specializzato nell’arte dell’accoglienza è stato difficile resistere all’invito di esplorare la struttura nel suo cuore: le mura originarie dell’antico cenobio fondato dal cardinale Pietro Di Capua nel XIII secolo, prima ad uso dei monaci cistercensi e poi, nel 1583, affidato alle cure dei frati Cappuccini. La suggestione è forte nell’attraversare il complesso monumentale di San Pietro della Canonica, apprezzandone la struttura primigenia in stile arabo-normanno con il chiostro e l’antro naturale, scavato dalla forza del mare, per non parlare della chiesetta dedicata a San Pietro de Toczulo, con le sue vestigia e l’odore di incenso, in cui si officiano ancora cerimonie religiose. Percorriamo adesso il cammino a ritroso e poi la passeggiata dei monaci medievali, per raggiungere gli altri ospiti e celebrare i sapori di un menu che ha lasciato il segno.

Il Maestro Gino Sorbillo

La montanarina con pomodoro, parmigiano e basilico mette subito allegria assieme alle bollicine brut da metodo classico “Alta Costa”, con uve Biancazita e Biancatenera, di Tenuta San Francesco, briose e sapide, ma i fan della ”bionda” non hanno saputo resistere alle lusinghe della birra Ravello. A seguire una freschissima e delicata insalata di gamberi con cuore di insalata e maionese piccante, poi tartare di tonno rosso, pomodori secchi e olive e caponata napoletana con mozzarella di bufala e pomodori, fiori di zucca ripieni di ricotta e basilico, peperoni ripieni con capperi e olive taggiasche e crostini con burrata e zucchine alla scapece. Insomma, le danze si sono aperte con sapori autentici e combinazioni molto interessanti e qualcuno ha pensato bene di ballare con il cocktail di accompagnamento a base di Malfy gin, non a torto, mentre altri andavano di bolla con il rosato, ancora inedito, a base di uve Tintore della Tenuta San Francesco.

I tagliolini di limone sfusato amalfitano preparati dinanzi agli ospiti dallo Chef Resident Claudio Lanuto, hanno costituito un inno alla solarità della bella Costiera e un degno preludio alle pizze del maestro Sorbillo.

Chef Claudio Lanuto

Si parte con la Convent Pizza, con impasto di grani italici, crema di fiori di zucca, provola, alacce, terra di olive nere e zest di limone. Si prosegue con la Yellow Pizza, a base di crema di pomodorini gialli, fior di latte, chips di zucchine e provolone del monaco. Sempre preparata da Gino Sorbillo, arriva la Fresca Fresca, una focaccia fatta con mozzarella di bufala, pomodoro cuore di bue, bresaola di bufala e misticanza dell’orto. Tra gli invitati, qualcuno si è divertito a preparare la pizza assieme al Maestro Sorbillo, ben felice di condividere alcuni “trucchi del mestiere”. Il secondo piatto di pesce spada, melanzane e mozzarella ha anticipato l’ultima portata, costituita da totani e patate. C’è chi ha optato per un Tramonti bianco doc e chi per la versione in rosso, rispettivamente a base di Falanghina, Pepella e Biancolella, quindi di Aglianico, Tintore e Piedirosso, sempre di Tenuta San Francesco.

Hanno vinto entrambi gli abbinamenti, ma tutte e due le fazioni, poi, sono state sopraffatte dal buffet dei dolci con le delizie tipiche della pasticceria campana. Serata da ripetere assolutamente, sulle note briose di una serata estiva indimenticabile.

Le prossime date imperdibili per la Yellow Night: 12 luglio, 17 agosto, 16 settembre e 12 ottobre.

“L’orto sotto casa” rispolvera il classico pane e cipolla, purché sia Cipolla di Certaldo

Andrea, Alessio e Mirko Delle Fave, fratelli alla nascita, imprenditori per amore della terra con l’azienda L’orto sotto casa. Siamo a Certaldo, incantevole borgo medievale toscano di infinita bellezza.

Luogo intriso di storia, tomba per il poeta Giovanni Boccaccio, memoria di battaglie epiche alla conquista di colline bucoliche prestate da sempre all’agricoltura, qui nel centro della Val d’Elsa. Tra i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) degna di menzione è la Cipolla di Certaldo, presidio Slow Food e oggetto di produzione e commercio da parte di un ristretto gruppo di produttori locali.

Mirko Delle Fave

La varietà è a tunica rossa, come altre celebri italiane, ma ciò che la differenzia maggiormente sono le due qualità presenti: la “statina”, pronta per il consumo fresco a maggio (cipollotti) e matura in estate, e la “vernina”, con semina autunnale e raccolta a fine estate. Si impiega quindi sia come cipolla fresca da consumo (“statina” – cipollotti raccolti a maggio-giugno), sia come cipolla da serbo essiccata.

L’orto sotto casa ne produce diverse variazioni, proposte ai consumatori abituali e ai ristoratori che vogliono aggiungere quel pizzico di aromaticità e dolcezza alle proprie ricette. Conserve e sughi, salami e mortadella, per non parlare della composta e dei cantuccini, idea geniale per un momento appetitoso spezza fame o alla fine di un pasto.

E perché non riproporre l’antica tradizione del “pane e cipolla”, visto in passato come unico sostentamento delle famiglie in tempi di carestia e adesso rivalutato come merenda gustosa da accompagnare ad un tocco di Olio Extravergine di Oliva.

I riconoscimenti sono subito arrivati, dalle attenzioni di The WineHunter area Food del Merano Wine Festival, sia per i biscotti che per il salame al miele. Ma ai fratelli Delle Fave ciò non bastava: ecco allora spuntare l’Aglione, i pomodori costoluti, le zucchine lunghe fiorentine e molto altro ancora.

In fin dei conti lo stesso Boccaccio certificava la vocazione contadina degli abitanti del borgo, nel suo Decameron composto tra il 1394 ed il 1351: “Certaldo, come voi forse avete potuto udire, è un castello di Val d’Elsa posto nel nostro contado, il quale, quantunque picciol sia, già di nobil uomini e d’agiati fu abitato. Nel quale, per ciò che buona pastura si trovava, usò un lungo tempo d’andare ogn’anno una volta, a ricogliere le limosine fatte loro dagli sciocchi, un de’ frati di Santo Antonio, il cui nome era frate Cipolla, forse non meno per lo nome che per altra divozione vedutovi volentieri, con ciò che quel terreno produca cipolle famose per tutta la Toscana”.

La figura della cipolla compare persino nell’antico stemma di Certaldo del XII secolo, quando il paese era feudo dei conti Alberti e certamente L’orto sotto casa entra di diritto tra coloro che creano la storia con le mani e col sudore.

Perché la terra è sempre “troppo bassa” per chi la lavora…