La gentilezza salverà il mondo? Parola di Arianna Ligi e La Bottiglia Gentile

In un universo sempre più egocentrico, frenetico, superficiale, anche indifferente, se vogliamo, e distratto verso il prossimo, spesso si sente dire che “la bellezza salverà il mondo”. Una specie di mantra, una ricerca di speranza perpetua, di quel “gancio in mezzo al cielo” a cui sperare di potersi attaccare per sollevarsi verso qualcosa di bello e che ci elevi dalla mediocrità con cui spesso tutti noi ci dobbiamo confrontare e di cui, talvolta, siamo gli inconsapevoli diretti artefici.

Questo vale pressoché per ogni settore, ma noi parliamo di vino e, quindi, andiamo nello specifico perché anche questo amatissimo ambiente è fatto di incanto e disincanto, a tutti i livelli e in tutte le relazioni interpersonali, tra chi passeggia in questo straordinario pianeta vinicolo.

«In un mondo pieno di brutte notizie, ho cercato di concentrarmi sulla bellezza. Sulla gentilezza, appunto».

Esordisce così Arianna Ligi, professionista del brand development, della comunicazione e marketing del vino. Le sue origini sono come il blend di un buon vino che ha preso il meglio da ogni terra di provenienza della sua famiglia: Piemonte e Romagna. Arianna oggi vive a Torino, ma ha trascorso 5 anni lavorando nelle meravigliose Langhe. Grazie alla sua laurea in Lingue Straniere e al Master in Marketing Internazionale del Vino, ha vissuto e viaggiato in Europa e in Italia. Sommelier AIS, ha poi approfondito gli studi in materia vinicola con un approccio internazionale alla degustazione, frequentando un corso WSET (Wine & Spirit Education Trust).

Arianna Ligi

La Bottiglia Gentile è un podcast focalizzato su interviste a produttori di vino e professionisti del settore, che racconta l’adorato nettare di Bacco in un modo diverso: legare il vino al concetto di gentilezza che, attraverso questo, si traduce in diverse forme di espressione come la Solidarietà, la Sensibilità, la Sostenibilità. Queste tre “S” costituiscono le linee guida nella selezione delle aziende che Arianna intende intervistare. Il fil rouge del percorso che La Bottiglia Gentile vuole disegnare, riguarda il tema della sensibilità nei confronti della terra, della vigna, del lavoro artigianale che porta alla produzione di un grande vino e del suo gruppo di lavoro, delle persone che sono l’ anima di ogni attività.

Nata come progetto sperimentale (ha debuttato lo scorso 20 dicembre 2021 sulle principali piattaforme di streaming online), ha già un grande potenziale e punta verso una crescita rapida, ma gentile. “Presto e bene non sta insieme”, recita un vecchio proverbio e La Bottiglia Gentile vuole ampliarsi al massimo (ma rimanendo sempre fedele ai propri princìpi e alla propria mission) per dare voce ai produttori che si approcciano al proprio lavoro con gentilezza.

La Bottiglia Gentile

La scintilla che ha creato la genesi di questo podcast è stata molto spontanea: parlare di vino in modo diverso, da un nuovo punto di vista. L’obiettivo del progetto è quello di raccontare il lato più gentile e umano del vino, puntando i riflettori sugli aspetti più “inediti” che ruotano intorno a questo mondo. In che modo? Nella maniera più autentica possibile: i produttori si raccontano a cuore aperto senza interruzioni o alcun tipo di censura. Le puntate sono infatti realizzate in un’unica registrazione.

Arianna è estremamente motivata e determinata, crede davvero molto nella sua causa ed anche i protagonisti delle prime interviste la seguono con grande empatia nel suo progetto “gentile”.

Numerosi e di grande prestigio gli ospiti che si sono raccontati nei podcast finora registrati o che saranno presto di fronte al suo microfono: la giornalista Laura Donadoni, i produttori Federico Ceretto, Marta Rinaldi, Giulia Negri, Camillo Favaro e molti altri arriveranno nelle prossime puntate.

Gli intervistati fino ad oggi desideravano raccontare un nuovo aspetto del proprio lavoro e non si sono risparmiati ai microfoni di Arianna. Non solo produttori, ma anche chi dalla vigna fino al servizio di sala, ha un approccio gentile a questo prodotto, come ad esempio Marco Simonit e Vincenzo Donatiello.

Arianna durante la registrazione del podcast

Ma come hanno risposto alla fatidica domanda di Arianna: «Esiste ancora la gentilezza nel mondo del vino?». Vediamo alcune risposte da parte dei diretti intervistati.

Marta Rinaldi – Azienda Agricola Giuseppe Rinaldi- Barolo (CN)

«Ho la fortuna e il privilegio di appartenere a un mondo del vino dove esistono senso di appartenenza ed etica, dove si parla di spirito artigianale e di rispetto della genuinità».

Enrico Rivetto – Azienda Agricola Rivetto – Serralunga d’Alba (CN)

«La gentilezza esiste, ma spesso e volentieri è mascherata dal “si è sempre fatto così”. Bisogna invece riuscire a tirarla fuori».

Giulia Negri – Serradenari Società Agricola – La Morra (CN)

«È forse uno dei mondi in cui ce n’è di più! Il vino richiama alla gentilezza e alla convivialità, alla gioia e alla parte bella dell’umanità. Avvicina alla sensibilità verso la terra e dobbiamo provare a preservare madre natura come meglio possiamo».

Laura Donadoni – Giornalista, scrittrice

«Gentile vuol dire inclusivo, aperto e accogliente. Penso che ce ne sia tanta di gentilezza nel mondo del vino ma a volte non viene comunicata e talvolta il linguaggio diventa non inclusivo. La gentilezza c’è e va sempre messa in risalto».

Camillo Favaro –Azienda Agricola Favaro Benito – Piverone (TO)

«Assolutamente sì! Mi sono innamorato di questo lavoro perché esiste ancora il valore della stretta di mano, dei rapporti umani».

Federico Ceretto – Ceretto Aziende Vitivinicole S.r.l. – Alba (CN)

«Sì, esiste ancora perché tu lo fai per lasciare qualcosa alla prossima generazione. Anche l’azienda più “brandizzata” si rende conto che è la terra che sta lasciando ai propri figli, a chi verrà dopo di noi. La gentilezza è una scintilla».

«Ho una grande grinta e voglia di collaborare, di trovare persone entusiaste come me sul tema, desiderose di mettersi in gioco e di investire sul binomio vino e gentilezza», racconta Arianna. Ma dietro al progetto gentilezza, c’è un obiettivo molto ancora più nobile da perseguire: «Se andrà in porto, come mi auguro – prosegue – dato che dal settore vedo già tanto entusiasmo dopo le prime puntate, la mia idea sarebbe quella di devolvere il ricavato degli ascolti a favore della ricerca sull’Alzheimer o ad associazioni che aiutano le famiglie con i parenti affetti da questa malattia».

Una causa benefica davvero importante che fungerà sicuramente da leva ulteriore per coinvolgere tanti altri protagonisti del podcast. Tutte le puntate de “La Bottiglia Gentile” sono disponibili a questo link: https://www.spreaker.com/user/15102523

Per qualsiasi approfondimento potete contattare Arianna Ligi attraverso i suoi canali social Linkedin, Facebook o IG @arianna_wine_online o inviando un’email a ariannawineonline@gmail.com

paestum wine fest 2022

Dal 18 al 20 marzo, torna il Paestum Wine Fest 2022

Dal 18 al 20 marzo 2022, a Capaccio-Paestum, torna il Paestum Wine Fest. Giunto ormai alla decima edizione, quest’anno il Festival del vino si terrà presso l’ex Tabacchificio SAIM di Borgo Cafasso. All’interno del sito, esempio di archeologia industriale, su una superficie di circa 8 mila metri quadrati, si incontreranno appassionati di vino e gastronomia, eccellenze vitivinicole e della gastronomia nazionale.

Il Paestum Wine Fest 2022 è organizzato da Angelo Zarra e Luca Gardini: «La ricerca è stata continua e improntata alla qualità – ha spiegato Zarra – per garantire agli esperti e agli appassionati un notevole percorso enogastronomico interessante, coinvolgente e istruttivo». Tra gli ospiti di questa edizione, si segnala la presenza del caporedattore centrale del Corriere della Sera, nonché curatore della rubrica DiVini, Luciano Ferrara. A questi, poi, si aggiungerà il giornalista e scrittore gastronomico Luciano Pignataro, l’ex sommelier della rubrica Gusto di TG5, Paolo Lauciani, e l’opinion leader del mondo enologico italiano Cristiana Lauro.

Il Paestum Wine Festival, sin dalla sua fondazione, ha voluto imporsi come uno degli eventi più importanti del settore enologico, registrando sin dalla prima edizione un record di accessi. Edizione dopo edizione, poi, i numeri sono cresciuti progressivamente. Anche grazie a questo, la manifestazione ha raccolto il patrocinio della Regione Campania e del Comune di Capaccio.

Cos’altro fare, una volta terminata la visita al Paestum Wine Fest? Ecco qualche consiglio per voi.

vin de la neu

Il resistente “Vin de la Neu” di Nicola Biasi

Mille bottiglie in totale per un vino che ha scalato tutte le classifiche, quelle della critica di settore come quelle dei prezzi e frutto di viticoltura eroica per le condizioni climatiche. Siamo a Coredo, in Trentino Alto Adige, paesino meno noto per la viticoltura, a quasi 1000 m s.l.m. D’altronde, il nome Vin del la Neu lascia facilmente immaginare episodi nevosi e, nello specifico, ci si riferisce alla prima raccolta delle uve che avvenne sotto la neve.

Nicola Biasi, dopo numerose esperienze anche all’estero, resta consulente di prestigiose realtà senza rinunciare a investire in un ambizioso progetto, solo suo, e nonostante le perplessità dello stesso genitore. Un solo vino, Vin del Neu appunto, da uve resistenti Johanniter. Agli scettici dei Piwi, ossia le nuove varietà di vite resistenti alle malattie fungine, risponde con decisione che in passato sono state troppo spesso lavorate male o piantate nei posti sbagliati ma restano “i vini del futuro” in ottica di concreta sostenibilità dimostrando, coi fatti, che il binomio alta qualità e sostenibilità esiste.

Il suo bianco deriva da vigneti ad alta densità per massimizzare la qualità facendo attenzione a produrre una quantità sufficiente per provvedere a una fermentazione tecnica vera e propria in contenitori che non sarebbero disponibili in caso di masse eccessivamente esigue. Nonostante questo tutti i macchinari sono realizzati su misura per gestire una produzione ridotta con la massima professionalità.

Così, a seguito di accurate cure come la gestione fogliare, volta alla massima esposizione al sole e l’irrigazione – non tanto per rischio di siccità ma affinché l’apporto sia regolare – si procede alla raccolta delle uve, intorno a metà ottobre. In cantina la vinificazione parte con piccola aggiunta di lieviti: voluta e controllata la malolattica per ammorbidire il sorso.

Il suo vino sfiora, di anno in anno, i 12,5 gradi alcool e grazie a questa gradazione limitata la maturazione in legno non comporta eccessive estrazioni che, quindi, non snaturano in alcun modo il carattere rinfrescante e sobriamente salino del calice (e nonostante il legno utilizzato sia per il 50% nuovo). Sarà poi rilasciato sul mercato dopo almeno un anno e mezzo in bottiglia.

Ho degustato di recente l’annata 2018, un vino esclusivo dai profumi sottili di agrumi e un ricordo di polvere vanigliata che, intrisi di sensazioni rocciose, anticipano un sorso teso e austero per un vino che promette di accompagnarci per diversi anni. Intrigante anche la sensazione tattile setosa che contribuisce a delinearne un profilo dinamico. Un vino di montagna penetrante che acquisisce note di spezie, frutta secca e mela golden vagamente ossidata con l’età per una beva, che anche nell’annata 2015, resta verticale e sapida, è dunque perfetto a tavola.

Terredora, un’autentica tradizione che anima il presente

Quando incontro Paolo Mastroberardino di Terredora è come un ritorno in famiglia. Il figliol prodigo in questione sarebbe il sottoscritto, assetato di ascoltare dalle parole del Maestro i segreti del suol natio: l’Irpinia.

Non è la prima volta che mi reco a Montefusco, ma oggi il viaggio è doppiamente soddisfacente in compagnia dei colleghi Francesco Costantino e Roberto Imparato per 20Italie, tutti desiderosi di dar voce a territori e produttori della nostra amata Campania.

Un giro in cantina, bottaia inclusa, rende l’idea delle dimensioni del progetto Terredora: a dispetto di grandi numeri qui si respira ancora un’aria da artigiani del vino. In questo luogo magico Doriana, figlia di Paolo, che da anni collabora nella consulenza enologica, ci racconta di una sperimentazione appena introdotta in Italia: la tecnologia Cleanwood per rigenerare e disinfettare le barriques di rovere in processi da 4 a 5 minuti.
Il trattamento disinfetta al 100% l’interno della barriques garantendo il controllo della salute e della qualità dei prodotti grazie ad onde ad alta frequenza. Il risultato è un netto risparmio di acqua, energia, additivi, elementi chimici e, soprattutto, l’acquisto di nuove botti, perfetto per il concetto di sostenibilità ambientale e preservazione delle materie prime.

Le innovazioni non finiscono qui, proseguendo negli spazi dedicati alla fermentazione alcolica del mosto con tini cilindrici orizzontali per assottigliare e controllare meglio il cappello di fecce superficiali che si viene a creare in questa delicatissima fase. D’altro canto l’improvvisazione non fa parte dei Mastroberardino, già dal lontano 1994 quando per una separazione familiare mossero i primi passi del loro sogno. Papà Walter con i figli Paolo ed il compianto Lucio, scomparso prematuramente nel 2013, avevano soltanto le vigne di proprietà e si dovettero adoperare per costruire a tempo di record una cantina funzionale senza affidare a terzi la prima annata del nuovo corso.

La video intervista a Paolo Mastroberardino, verrà suddivisa in 3 parti distinte, per arginare il fiume in piena di aneddoti ed informazioni tecniche. Un’autentica masterclass che parte proprio da qui, dalla storia dell’azienda e dal ricordo commosso di Lucio, con l’etichetta commemorativa del Taurasi Riserva vintage 2007.

La seconda parte concerne la narrazione di quel terroir ricco di tradizione e cultura dove risiede la famiglia di Paolo: l’Irpinia. Un luogo caratterizzato da asprezze climatiche che crescono in parallelo alle altitudini dei suoi versanti. Il bosco la fa da padrone assieme alle escursioni termiche, al vento ed alla neve, ancora presente seppur meno copiosa di qualche decennio fa. L’influenza del Vesuvio con le sue eruzioni è il vero segreto della morfologia dei terreni, stratificati da argille di medio impasto per vini di colore, struttura e carattere.

Last but not least, prima di dedicarci anima e core alla degustazione dei campioni in assaggio, non poteva mancare un’ampia carrellata sulle varietà principe della zona. Dal Greco di Tufo dei vigneti di Santa Paolina, frutto di una vera e propria selezione massale su 102 cloni/biotipi alllevati in due campi collezione per individuare le “piante madri”, fino al Re dei vitigni campani: l’Aglianico (biotipo Taurasi). Esso viene declinato in 3 versioni: Fatica Contadina, Pago dei Fusi e CampoRe, oltre alla prima uscita della special edition Riserva “Lucio” vintage 2007, fatta in rarissimi esemplari.

Dopo tanto parlare partiamo finalmente dalla note degustative cominciando dai bianchi:

Irpinia Falanghina Doc 2020 “Corte di Giso”

Falaghina d’altura, cresciuta a circa 600 mt per ben due dei tre siti di provenienza, fra i più elevati di tutta la regione. Forza espressiva ed armonia rievocano i madrigali di Carlo Gesualdo, principe dei musici, vissuto tra il ‘500-‘600 a cui si ispira il suggestivo nome. Figlia di una annata molto difficile, dagli equilibri altalenanti come l’inizio della lotta alla tremenda pandemia. Il frutto è meno marcato rispetto ad altre zone, più fresco ed agrumato. La bocca è salina, dalle movenze floreali di glicine e ginestra. Un pizzico di maggior lunghezza avrebbe reso il quadro davvero perfetto.

Greco di Tufo 2020 Docg “Terre degli Angeli”

Dedicato ad Angelo, lo zio di Paolo morto a fine anni ’70. Il vino giova degli studi clonali e di zonazione effettuati per oltre due lustri. In questi terreni a Santa Paolina sarebbe partita la rinascita della viticultura irpina. Superbo per nulla timido né all’olfatto né tantomeno al palato. A differenza della Falanghina ama un clima maggiormente fresco che esalta al meglio la sua matrice minerale, fino a sfiorare richiami di salsedine. Persistente, elegante, un vestito di seta che ben aderisce a numerose pietanze regionali dal pesce alla carne.

Fiano Docg 2016 “CampoRe”

I Borboni gradivano bere il vino proveniente dalle campagne di Lapio, al punto tale da diventare il Campo del Re. Zona particolarmente vocata per questo vitigno storico che trova la sua dimora sin dall’antichità, quando era conosciuto semplicemente come Apianum. La particolare tecnica utilizzata nel far fermentare il mosto in barrique con successivo affinamento, richiede l’immissione in commercio dopo oltre 5 anni giusto tempo per esprimere al top le proprie potenzialità. Un corredo di frutta secca e tostata, tipico marcatore del Fiano. Il finale chiosa su balsamicità di macchia mediterranea e pera succosa. Un gigante elevato da una vintage memorabile.

Irpinia Aglianico Doc 2015 “Il principio”

Etichetta di particolare effetto..ed affetto, che commemora gli inizi di Terredora. Corretto mix tra sosta in legno e bottiglia che nobilita l’Aglianico, con un passo felino fatto di violetta macerata e ciliegia matura. Declina sulla piacevolezza di beva e non chiede altro che farsi apprezzare in una chiacchierata tra amici a camino acceso. 

Taurasi Docg 2014 “Fatica Contadina”

Sono molto legato a questa etichetta. Non soltanto per l’espressione di un Taurasi agevole (se così si può dire) nell’impatto del tannino. L’annata racconta delle lacrime di Paolo, che si occupava della vigna, nel raccogliere l’eredità enologica lasciata da Lucio, per giunta in un’annata climaticamente al limite dell’impossibile. Il lavoro svolto ha trasmesso le emozioni ed il vino non fa altro che riproporcele come il riverbero di un microfono. Delicato, non esile, floreale ed equilibrato dal sorso di arancia sanguinella e ribes rosso. Averne.

Taurasi Docg 2012 “Pago dei Fusi”

Ecco l’evoluzione del Taurasi! Pensate che la 2012 è quella attualmente in commercio, indice di un lungo sonno del vino in bottiglia interrotto dopo ben 10 anni. Ovviamente le note terziarie entrano dalla porta principale e raccontano di tabacco essiccato, confettura di mirtillo, pepe nero, liquirizia. Il finale è da cioccolato fondente, cuoio, sanguigno e salino. Trama tannica potente e perfettamente integrata. Buono subito o tra qualche anno.

Chiudiamo la nostra visita parlando del Concorso Enologico dedicato a Lucio Mastroberardino che si spera possa riprendere in questa stagione. Nasce inizialmente su pressione di alcuni produttori che erano grati all’immenso lavoro svolto dal fratello di Paolo riconosciuto ai massimi vertici delle organizzazioni di settore. Da 30 cantine siamo passati ad oltre 140 con la creazione di un movimento che da lustro all’intero comparto enologico campano. Le ultime parole dell’intervista sono di ringraziamento per l’impegno profuso dalle figlie Doriana e Giulia Mastroberardino nel continuare la tradizione di famiglia iniziata con nonno Walter ancora alacremente al lavoro all’alba delle 89 candeline.

giovanni mellone

Il Mood di Giovanni Mellone è la grande novità salernitana

Una cantina importante con etichette incredibili. Materia prima spettacolare ed eccellenze di tutto il mondo affidate alle abili e sapienti mani di Giovanni Mellone. Un incontro ravvicinato, un ritratto della persona. Come nascono le idee dei piatti; come si arriva a forme e geometrie insolite. Il piacere di conversare con una persona umile e determinata. Un’aziendalista, che ha deciso di non esaltare il proprio ego, spostando il focus della soddisfazione del cliente. Questo che segue è la sintesi del nostro incontro.

Tre Olivi, la rivelazione dell’anno secondo Michelin

Come si arriva a ottenere questo risultato? Progetto, strategia e lavoro di squadra. Era doveroso andare oltre, capire e carpire i suoi segreti. Lo abbiamo fatto cercando di conoscere cosa c’è dietro l’uomo Giovanni Solofra. Abbiamo poi incontrato la responsabile della comunicazione del Tre Olivi, Chiara Pierro, che ci ha raccontato il concept. Lei che arriva dall’alta moda, ha saputo trasferire e adattare alcuni di quei concetti, ma soprattutto la strategia.

Infine, una piacevole chiacchierata con Salvatore Pagano, il giovane “visionario”, che ha creduto fortemente nel progetto, sostenendolo anche durante la pandemia, trasformando la difficoltà della chiusura in opportunità per dedicarsi al territorio, alla ricerca di quelle peculiarità che potessero esaltare il lavoro della cucina. La promessa è di incontrarci ancora, perché il racconto è appena all’inizio.

Quando il panettone diventa oggetto da raccontare

Il mese di dicembre, tradizionalmente, è il mese dei festeggiamenti natalizi. Allo stesso modo, è il periodo in cui le attività di comunicazione delle aziende si intensificano, per soddisfare i desideri di un’utenza sempre più esigente. Questo vale anche per la produzione dolciaria del periodo – panettoni, in primo luogo – che negli ultimi anni è diventata fortemente competitiva, variegata e diffusa su tutto il territorio italiano.

Il panettone, da questo punto di vista, non è più solamente un prodotto da consumare a tavola. La sua consumazione inizia molto prima, durante l’acquisto, come oggetto del desiderio, quando viene posto sotto all’albero di Natale, oppure portato come dono natalizio, come oggetto da ostentare. Solo in ultimo, quando viene messo a tavola, esso viene consumato come prodotto da forno. E anche in quel momento, la qualità del prodotto incide solamente in parte.

Per questo, la comunicazione del prodotto gioca un ruolo fondamentale. Lo insegnano tanti casi, che sono diventati di studio per chi vuole crescere col proprio prodotto e accedere a un mercato che produce volumi crescenti, non solo in Italia. Siamo andati a studiare alcuni casi, che evidenziano questo trend.

Azienda Agricola San Salvatore: food design, oltre la sostanza

L’Azienda Agricola San Salvatore, e la sua propaggine La Dispensa di San Salvatore, negli ultimi anni ci hanno abituato con una produzione d’eccellenza. Questo sia nell’ambito dei prodotti caseari, con la mozzarella e lo yogurt, che nell’ambito vitivinicolo, con tutta la sua produzione di etichette. Proprio in quest’ultimo settore, una storia di particolare successo è quella che riguarda Vetere, che, oltre alla qualità del prodotto, affianca una bottiglia dal design particolarmente ricercato.

L’attenzione a questi dettagli, ovviamente, è stata riposta anche nella proposta di panettoni, che rispecchiano la tradizionale filiera corta dell’azienda, ma anche l’attenzione al design. L’ultima proposta, declinata a seconda del gusto – Panettone al Mosto di Fiano e Panettone Pandorato – rispecchiano la nuova filosofia estetica dell’azienda. Minimalista, ma ricca di significati legati al territorio. Ricercata e mai scontata. Una scelta, quella di discostarsi dai precedenti design, che non ricade casualmente proprio a ridosso del Natale, ma che ha evidentemente l’obiettivo di aggiungere un elemento di novità al fine di creare un evento nell’evento, da raccontare, attraverso i social network, sia da parte dell’azienda che dell’utente finale.

Gambardella, la costa d’Amalfi vista da un’altra prospettiva

La Costiera amalfitana si può dire sia stata vista da ogni possibile prospettiva. Eppure, nonostante la ricca presenza, sembra possedere una inesauribile offerta di realtà produttive, e di relativi prodotti, che possono regalare ancora grandi soddisfazioni. È il caso della Pasticceria Gambardella: nata nel 1963, a Minori, oggi viene condotta dai figli del fondatore, Francesco e Alessandro. Sono stati proprio loro a cogliere il treno della comunicazione, con un restyling che ha interessato il marchio dell’azienda, rivisto per renderlo più rispondente alle esigenze della moderna comunicazione, ma anche con un nuovo linguaggio di comunicazione, che esprime gli stilemi grafici tipici della costiera amalfitana.

Inevitabilmente, questo lavoro ha trovato “sbocco” anche nella produzione dei panettoni della Pasticceria. Ecco, quindi, che un prodotto tipico – seppur realizzato con le migliori materie prime del luogo – assume un nuovo ruolo. Non più quello di semplice prodotto da forno, ma una vera e propria icona di stile da portare a tavola o da donare con la certezza di fare sempre bella figura.

Arte Golosa, dal Faro di Agropoli un’altra proposta

Dalla Costiera amalfitana alla Costiera cilentana, la pasticceria Arte Golosa di Agropoli. Anche questa propone una pasticceria tipicamente territoriale, che però è stata proposta in una nuova chiave estetica. Anche in questo caso, sebbene più giovane, la Pasticceria è una realtà storica. Arte Golosa, dopo diverse esperienze, è nata nel 2007 con l’obiettivo di proporre una pasticceria territoriale che rispettasse la filosofia di un territorio ricco di proposte culinarie. Recentemente, anche Arte Golosa ha deciso di rinnovare la propria immagine con un progetto grafico che richiamasse il territorio. Il lavoro, pertanto, ha coinvolto il faro di Agropoli, che dall’alto veglia sulla città di mare e che da secoli ispira chiunque si trovi a passare sotto di esso o dalla sua terrazza che affaccia sul mare. Un territorio, tuttavia, non è fatto solamente di palazzi e castelli, ma anche di orografia che lo contraddistingue. Ecco allora che il territorio stesso diventa packaging, con la stratificazione tipica dell’ambiente marino.

Un concetto articolato e ben rappresentativo della filosofia aziendale, che si ritrova anche nel panettone. Realizzato anch’esso con le materie prime del territorio, anche in questo caso il prodotto si distingue per il suo lato estetico, che spinge a portarlo sulla propria tavola o su quella di altri.

Pasticceria Aliberti, la novità che non ti aspetti

Marco Aliberti, affermato maestro pasticcere di Montoro, nel suo piccolo laboratorio, a ritmo di sessanta panettoni al giorno, si è ricavato la sua nicchia di mercato. Tra le tante tipologie che propone, mandorlato e il tipo Milano sono i must. A caratterizzare gli impasti è principalmente il lievito naturale, che Marco cura personalmente. Il lievito è protagonista assoluto del panettone: in fase di produzione, così come durante il resto dell’anno, non si può trascurare il rinfresco che precede l’impasto. Idratazione e temperatura sono sempre sotto rigido controllo. La maglia glutinica, come una sorta di rete che crea un intelaiatura nella quale si intrappola l’aria e il gas per aumentare il volume dell’impasto che si sviluppa, rappresenta le fondamenta del lievitato. Completerà il lavoro l’ossigeno, che con l’energia prodotta agevolerà la scomposizione degli zuccheri, rilasciando l’anidride carbonica, intrappolata, poi, dalla maglia glutinica.

A seguire, una farina di ottima qualità e ingredienti nobili come l’arancia candita a bassa temperatura, per evitare la perdita degli olii essenziali, l’uva sultanina, il burro di latteria, i tuorli, miele d’acacia e infine un’emulsione di vaniglia bourbon e buccia di agrumi.