Dalla castagna può nascere un fiore

La parafrasi della canzone dolcissima di Sergio Endrigo, tanto amata dai bambini, è l’incipit ideale per parlare di un frutto caro ai nostri ricordi d’infanzia. Ci vuole un fiore anche per creare una castagna, che rappresenta il seme del castagno; una pianta forte all’apparenza, fin quando non venne assalita da un turista poco gradito: il Cinipide Galligeno (Dryocosmus Kuriphilus Yasumatsu).

Questo piccolo insetto proveniente dall’Asia, ha letteralmente messo in ginocchio i coltivatori castanicoli e, per quasi un decennio, il rischio di veder azzerata per sempre la produzione agricola delle castagne è stato più che concreto, salvato dalle scoperte recenti in campo di lotta antagonista integrata. Ancora una volta la mano dell’uomo riesce a rimediare ai danni immani provocati da se stessa, quando la mancanza di controlli e le pratiche errate portano alla distruzione un intero comparto merceologico.

Rialzare la testa per gli attori in gioco è stato un atto di profondo eroismo. Il dimostrare la voglia di riscatto e l’orgoglio d’appartenere a territori ancora selvaggi e aspri, dove la natura regna incontaminata lontana dai clacson e dell’inquinamento urbano. La nascita del Consorzio Distretto della Castagna e del Marrone della Campania che raccoglie tra le sue fila oltre 400 coltivatori regionali, 4 IGP e 10 PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani), ha fatto da necessario supporto e sostentamento alle idee positive per la tornare a primeggiare nel mondo.

Le castagne vengono, infatti, raccolte anche in Portogallo, Albania, Turchia e persino Cile, ma solo le nostre ricevono gli apprezzamenti degli americani, devoti alla perfetta farcitura del tacchino durante il giorno del Ringraziamento. Ecco la motivazione principale dell’ingente quantitativo di prodotto esportato, di cui meno del 20% resta in Italia per il consumo interno. Irpinia, Roccamonfina, Cilento con Roccadaspide e persino la Costiera Amalfitana sono ormai capisaldi importantissimi, ricchi di varietà diverse che si prestano agli usi richiesti dalla clientela privata e dalle industrie di trasformazione.

La vita di un castagno è pressoché infinita, arrivando a superare, in certi casi, i due secoli senza particolari difficoltà. A patto di non incontrare lungo la strada il temibile parassita, capace di deporre le proprie uova nelle giovani gemme primaverili e distruggerle con cicatrici indelebili a forma di cisti non più fertili. Eppure dopo il periodo buio, cui è seguito uno strascico causato dalla debolezza delle piante che soffrivano maggiormente di marciumi e altre malattie, l’ecosistema ha definitivamente vinto giungendo ad una nuova forma d’equilibrio dove interagire.

Il press tour organizzato dall’Agenzia di Comunicazione Miriade & Partners comincia da qui, dal dolore verso la speranza ed il sorriso. Dall’angoscia per il futuro ad un nuovo orizzonte ove prendersi per mano e camminare tutti insieme uniti in un solo destino. Perché i frutti della nostra Castanea Sativa godono di una texture particolare, tenace, che consente una corretta curatura, il procedimento di ammollo utile alla conservazione e successivo utilizzo delle castagne stesse. Una piccola sosta da Olio Basso che dal 1904 valorizza il made in Italy dell’Olio Extravergine d’Oliva di alta qualità e dalla cantina Villa Raiano con le sue deliziose espressioni di Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi, per ripartire verso il vasto mondo dei castagneti, che fungono presidio, contro frane e deforestazioni.

Dove c’era un castagno ci sarà sempre un altro castagno e così per secoli. Anche qui, come per la viticoltura, si possono realizzare sul campo vere e proprie selezioni clonali, per avere la miglior varietà nel contesto in cui crescere. E poi ci sono le tradizioni storiche, secolari, che narrano di coesione sociale, di famiglia e di aiuto ai più bisognosi. Quasi ovunque lungo il Distretto campano, la raccolta cessa il 1 novembre e dal giorno dei morti i ricci ancora a terra od in cima all’albero sono messi a disposizione della popolazione. Un retaggio del passato che significa lasciare del cibo per chi non poteva permettersi il pane. Con la differenza che la farina di castagne è adatta alle diete per celiaci, priva di sostanze allergeniche ed abbondante invece di tannini utili ai processi antiossidanti e di zuccheri complessi a lento rilascio glicemico.

Il prof. Antonio De Cristofaro, presidente del Consorzio Distretto della Castagna e del Marrone della Campania esprime la sua soddisfazione nel leggere i numeri in forte crescita del settore. Ci si è riavvicinati a quota 700 mila quintali, il livello prima dell’avvento del Cinipide asiatico e nonostante il cambiamento climatico ostile per le temperature eccessivamente elevate in fase di maturazione, attualmente soffrono solo i castagneti in bassa quota, in percentuale ancora trascurabile.

Roberto Mazzei, direttore del Distretto, ci conduce tra alcune realtà irpine, come Agricola De Maio produttore del Marrone di Santa Cristina e la Cooperativa Agricola Castagne di Montella, dove Maurizio Grimaldi ci spiega la caratteristica della pezzatura basata sul calibro e sul numero di frutti per chilogrammo. La castagna va sempre bagnata, non soltanto per ammorbidirla, ma per sviluppare la fermentazione e polimerizzazione dei tannini resi meglio digeribili dal corpo umano.

Perrotta apre le sue porte all’antica lavorazione della castagna del Prete nei gratali, strutture in verticale inframezzate da grate di legno ove far filtrare il fumo per essiccare le castagne riducendone il loro contenuto in acqua di ben l’85% prima di essere tostate a forno e bagnate ad immersione o a spruzzo. Sapore facilmente riconoscibile con quel tipico accenno affumicato tanto goloso e duttile negli abbinamenti gastronomici.

Diversificando i prodotti, aiutati dalle tecniche alimentari della trasformazione, si garantisce ai dipendenti di lavorare ininterrottamente per tutto l’anno, contrastando il fenomeno erosivo dell’emigrazione dalle campagne. L’azienda Agricola Malerba Castagne, dal 1862, è stata la pioniera in tal senso, arrivando persino alla produzione della birra di castagne in tre versioni IGA.

Spostandoci a Roccamonfina (CE) il discorso non cambia: Carlo Montefusco, giovane e già esperto sindaco, ci mostra la celebre Sagra della Castagna e del Fungo Porcino di Roccamonfina, un evento diffuso che dura per ben 30 giorni e che consente alle migliaia di visitatori di scoprire un luogo bellissimo, intriso di storia, di cultura e di usanze, devoto all’Ordine dei Francescani e al Santuario di Santa Maria dei Lattani.

Dalla castagna può nascere un fiore e quel fiore rappresenta l’anima di un intero popolo, fiero di esistere e di resistere.

I vini di San Felice presentati al ristorante gourmet Pipero a Roma

Una giornata che ha celebrato l’incontro tra due eccellenze italiane: San Felice ha presentato la sua rinnovata collezione di vini presso il rinomato ristorante una stella Michelin Pipero a Roma. L’evento, organizzato da Antonella Imborgia Direttore Marketing e Axelle Brown Videau Responsabile Comunicazione, ha segnato un momento significativo nella storia dell’azienda toscana, che ha scelto uno dei templi della gastronomia capitolina per svelare al pubblico la nuova veste grafica delle sue prestigiose etichette.

La collaborazione con la “winedesigner” Federica Cecchi ha dato vita a un progetto artistico che va ben oltre la semplice estetica: ogni etichetta è stata concepita come un racconto visivo che narra l’impegno di San Felice verso la biodiversità e il suo profondo legame con il territorio toscano.

Pipero, sotto la guida del carismatico Alessandro Pipero e dello chef Ciro Scamardella, ha offerto la cornice perfetta per questo evento. Il locale, insignito della stella Michelin, rappresenta infatti quella stessa fusione tra tradizione e innovazione che caratterizza la filosofia di San Felice. La celebre carbonara, reinterpretata in chiave contemporanea, ha dimostrato come l’eredità culinaria italiana possa evolversi senza perdere la sua autenticità, proprio come i vini di San Felice.

San Felice si presenta come un mosaico di realtà che si completano a vicenda. Il Borgo San Felice, premiato con la stella verde dalla Guida Michelin, non è soltanto un Luxury Resort, ma un vero e proprio santuario del lifestyle toscano. Le tenute, strategicamente posizionate nelle tre denominazioni più prestigiose della regione – Chianti Classico, Montalcino e Bolgheri – rappresentano il meglio della tradizione vitivinicola toscana.

Il fiore all’occhiello della presentazione è stata la linea Vitiarium, frutto di oltre vent’anni di ricerca e sperimentazione nel campo dei vitigni autoctoni, grazie alla consulenza enologica di Leonardo Bellaccini. Quattro i vini che raccontano altrettante sfaccettature dell’anima di San Felice: Il Borgo Chianti Classico DOCG, che porta in etichetta una mappa storica del borgo vista dall’alto, La Pieve Chianti Classico DOCG Gran Selezione, impreziosito dal decoro dell’antica Pieve del 714, il Pugnitello Toscana IGT, emblema dell’innovazione e della ricerca, e lo In Avane Chardonnay Toscana IGT, unico bianco della collezione.

La scelta di presentare queste nuove etichette da Pipero non è stata casuale. L’approccio di Alessandro al mondo della ristorazione, noto per la sua capacità di combinare professionalità e convivialità, rispecchia perfettamente la filosofia di San Felice: eccellenza senza ostentazione, tradizione che sa rinnovarsi, attenzione maniacale ai dettagli che non dimentica mai il piacere dell’ospitalità.

Il pranzo ha rappresentato anche un’occasione per ribadire l’impegno nella tutela della biodiversità. L’azienda non si limita infatti alla produzione vinicola, ma gestisce un vero e proprio ecosistema dove convivono uliveti, orti, colture e foreste. Un approccio olistico che trova la sua massima espressione nel progetto Vitiarium, vero e proprio laboratorio a cielo aperto per la conservazione e lo studio dei vitigni autoctoni toscani.

Questa presentazione ha dimostrato come San Felice stia tracciando un percorso innovativo nel panorama vitivinicolo italiano, dove la tradizione non è un vincolo ma un trampolino di lancio verso il futuro. Le nuove etichette, con il loro linguaggio visivo sofisticato e contemporaneo, raccontano una storia di eccellenza che affonda le radici nel passato ma guarda con decisione al futuro.

Carlo De Biasi, Direttore di San Felice, ha sottolineato la filosofia di una realtà che racconta il territorio toscano attraverso i suoi vini che sono la vera essenza dei luoghi da cui provengono. L’incontro tra San Felice e Pipero ha quindi celebrato non solo il vino, ma un’idea di Italia che sa valorizzare il proprio patrimonio storico e culturale attraverso l’innovazione e la ricerca continua dell’eccellenza.

“Valdo Food&Wine Experience” da Scicchitano a Napoli

Il Gambero Rosso anche questa volta ama sorprenderci, organizzando un piacevole appuntamento enogastronomico nel capoluogo partenopeo. Metti una sera a cena con gli operatori della ristorazione campana, al primo piano di un palazzo dell’Ottocento di Via Foria a Napoli: il ristorante “Innovative, nuovo concept e appendice dello storico “’a figlia d’ ‘o marenaro”.

L’Innovative nasce quattro anni fa dall’idea di Giuseppe Scicchitano, terza generazione di una famiglia di ristoratori, in quanto figlio di Nunzio Scicchitano e Assunta Pacifico, che dal 1943 sono famosi in città per la loro iconica zuppa di cozze, e non solo.

Per accedervi siamo dovuti entrare dal loro ristorante e salire al primo piano dove subito siamo rapiti da uno splendido Cocktail Bar che fa da sfondo ad un ricco ed elegante banco frigo del pescato; ci addentriamo in una serie di eleganti ambienti dove potersi accomodare per gustare l’evoluzione gastronomica di questa storica famiglia napoletana, in chiave moderna e gourmet, ad opera dello chef Sergio Scuotto.

Abbiamo parlato di serata enogastronomica, ed infatti ad accoglierci, oltre al padrone di casa, c’è Nicola Frasson della Gambero Rosso (esperto Degustatore e Redattore dei Vini) che ci presenta Gianfranco Zanon (Direttore Tecnico della Valdo Spumanti e Vice Presidente del Consorzio) e Matteo D’Agostino (Responsabile del Marketing Strategico della Valdo) venuti a parlarci della famiglia Bolla, titolare della Valdo Spumanti dal 1938 e anch’essa, come per gli Scicchitano, alla terza generazione di un marchio storico legato indissolubilmente al territorio di appartenenza, Valdobbiadene, del quale ha saputo diffondere in Italia e nel mondo, la cultura del Prosecco, cercando di portare nei calici, a loro dire, delle bollicine facili da bere ma mai banali – easy to drink.

Il percorso enogastronomico comprende anche due vini della Magredi, cantina del Friuli-Venezia Giulia che da sempre produce vini a Denominazione di Origine Controllata “Friuli Grave” a Domanins in provincia di Pordenone. Anche la Magredi, da sempre legata al nome di una famiglia storica del territorio, la Tombacco, da quest’anno è stata acquisita dalla famigliaBolla.

Gianfranco Zenon prende la parola per precisare che questa serata di” Food&Wine Experience” si intende per il Vino in Tavola. Vini contemporanei e mai scontati presentati volta per volta negli abbinamenti con le ricette di casa Scicchitano

Si inizia con dallantipasto: il gambero pop, un gambero fritto con effetto crunch dovuto al tipo di panatura, posato su una grossa chips di polpo e riso acquerello, il tutto guarnito con gocce di maionese; una piacevole combinazione, che con la grassezza e la tendenza acida della maionese si esalta e trova il perfetto equilibrio con il sorso di una prima bollicina delle Grave del Friuli de “I Magredimetodo charmat brut millesimato 2023 da ribolla gialla, dai profumi delicati di fiori e agrumi, freschissimo in bocca, lascia una scia piacevolmente aromatica. Risulterà il miglior abbinamento della serata.

Si passa ai primi piatti: risotto con crema di zucca e zenzero a donare uno sprint alla spiccata tendenza dolce dell’ortaggio, guarnito con cubetti di taleggio e scampi scottati. Ottima la cottura e la mantecatura e del risotto, gradevole l’abbinamento con un DOC Friuli Grave Sauvignon 2023I Magredi”, non spinto sul varietale vegetale, ma più fruttato ed erbaceo. Sorso piacevolmente fresco e sapido, sottile e nervoso a contrastare la dolcezza e la grassezza del piatto.

Seguono gli ziti alla lardiata di mare (con lardo di colonnata); un sugo colorato dal pomodoro San Marzano e arricchito di vongole e tartufi di mare, straccetti di calamari, tentacoli di polpi e gamberi. Interessante. Buono anche questo abbinamento con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco spumante metodo charmat extra brut millesimato 2022 “Rive di San Pietro di Barbozza” della Valdo. Un 100% di uve glera provenienti delle pendici delle ripide colline che caratterizzano il territorio di quelle che non sono altro che le UGA di Conegliano, le “Rive”. Bollicina suntuosa e dal perlage fine, e a detta di Gianfranco, un dosaggio zero più che un extra brut. Al naso frutta matura a cui non manca una parte agrumata di mandarino; nitido e preciso in bocca, sostenuto da una piacevole scia sapida che chiude il sorso e crea un buon legame sia con la tendenza dolce del piatto che con la tendenza acida del pomodoro.

Il primo dei secondi piatti: focaccina farcita con crudo di tonno e mozzarella di bufala campana, arricchita con maionese al lime ed erbe spontanee. Ottimo il gioco tra morbidezza e fragranza della focaccia che esalta il boccone. Riuscito in parte l’abbinamento con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco spumante metodo charmat brut millesimato 2022 “Cuvée del Fondatore”. Uno charmat lungo ottenuto dal 90% di Glera e un 10% di Chardonnay. Si distingue la lavorazione per un passaggio di circa sei mesi in barrique di primo e secondo passaggio della base chardonnay. Uno spumante che al naso ci sussurra il passaggio in legno con profumi di frutta matura, spezie sia di vaniglia che di pepe bianco, miele e nocciola; un sorso equilibrato con ritorni di frutta e spezie.

Infine il trancio di spigola con contorno di ortaggi nella loro essenza, il tutto su un fondo di vellutata di patate. Il più difficile degli abbinamenti finora provati, con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco metodo classico brut millesimato 2020 “Vigna Pradase”. Metodo classico sboccato a giugno 2023 e ad oggi con già oltre un anno in bottiglia ottenuto da 85% Gglera e un saldo del 15% di uve autoctone quali Bianchetta, Verdisio e Perera, che fino al 1800 erano le uve più coltivate a Valdobbiadene. Profumi floreali di ginestra e acacia, un agrume pompelmo rosa; fresco e di buona struttura.

Si chiude con il fiore all’occhiello storico del territorio di Valdobbiadene, la DOCG Conegliano Valdobbiadene Superiore di Cartizze metodo charmat Dry “Cuvéè Viaviana Valdo” in versione classica che, a dispetto del dosaggio riportato in etichetta, è più morbida che vellutata. Un misto di sensazioni fruttate sia al naso che in bocca da abbinare al dessert: soffi di millefoglie con crema diplomatica e di frutti di bosco rossi e neri, su di una colatura di cioccolato bianco dorato.

All’Osteria Pratellino i vini di Agricola Tamburini

Il giornalista enogastronomico Milko Chilleri di RossoRubino.tv, organizza con Francesco Carzoli, titolare dell’Osteria Pratellino, nel capoluogo toscano una serie di incontri enogastronomici, nel format “A tavola con il Produttore”. Un viaggio attraverso le principali zone vitivinicole della Toscana per valorizzare la ricca cultura enogastronomica del nostro Paese. Ogni serata è dedicata ad un produttore proveniente da uno degli otto areali. La location scelta è l’Osteria Pratellino. Per ogni cena vi è un menù dedicato ai prodotti di quell’area con abbinamento vini dell’azienda ospite. Il 31 ottobre è stata dedicata alla Val d’Elsa con Agricola Tamburini, con gli interventi di Emanuela Tamburini,  Michele Jerman e Francesco Carzoli.

Agricola Tamburini si trova a Gambassi Terme (Fi) nel cuore della Val d’Elsa e del Chianti. La Tenuta si estende su una superficie di 50 ettari di terreno, di cui 30 sono vitati e posti ad altimetrie che raggiungono i 250 metri s.l.m. Le varietà allevate sono: Sangiovese, Colorino, Canaiolo, Merlot, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot e a bacca bianca: Trebbiano e Malvasia Toscana. La coltivazione della vite segue i dettami dell’agricoltura biologica. Tamburini produce vino ed olio extravergine d’oliva da ben 5 generazioni.Tutto ebbe inizio nel lontano 1890, anno di fondazione della Tenuta.

Dal 2002 al timone dell’azienda c’è Emanuela Tamburini, esperta e dinamica enologa, a rappresentare la più giovane generazione di Tamburini ed il marito Michele Jerman, figlio di Silvio che ha  fortemente contribuito al cambiamento del vino friulano. Michele è cresciuto in una considerevole realtà vinicola.  Sono una coppia molto unita, assieme,  sperimentano senza lasciare nulla al caso e con la loro esperienza maturata negli anni  danno origine a vini di eccellente qualità.

Osteria Pratellino si trova invece a Firenze, zona Campo di Marte. Un ambiente informale che propone piatti stagionali e territoriali con materie prime di elevata qualità. Aperto sia a pranzo sia a cena con un’ampia scelta di piatti per ogni tipo di palato e con una carta vini composta da oltre 150 etichette di ogni tipologia, regionali e non. Il titolare è Francesco Carzoli e  la cucina è affidata allo Chef Matteo Caccavo.

TJ Toscana Rosato Igt 2023  – Sangiovese 100% – L’acronimo T sta per Tamburini e J per Jerman. Un vino dedicato alla figlia Mariadele. Rosa tenue, emana note di viola, fragola, albicocca e mandarino, il sorso è vibrante e avvolgente.  Abbinato con Gota cotta su crostone all’olio Evo.

Il Massiccio Sangiovese Igt 2018 – Sangiovese 85% e Merlot 15% – Affinamento in vasche di cemento – Rosso rubino intenso,  sprigiona sentori di frutti di bosco, ciliegia, prugna e eucalipto, attacco tannico vellutato, fresco e sapido con chiusura lunga. Abbinato con Polpette di trippa con salsa di pomodoro.

Mike Limited Edition Toscana Igt 2020 – Sangiovese 100% da singolo vigneto – Rosso rubino trasparente,  al naso sviluppa sentori di prugna,  mora, ribes e spezie dolci,  la freschezza stimola il sorso,  elegante,  armonioso e duraturo. Abbinato con Maltagliati al ragù bianco di coniglio. 

Douscana Limited Edition – Sangiovese 50%, coltivato e vinificato in Toscana e Touriga Nacional 50%, coltivato e vinificato nella Valle del Douro – Rosso rubino intenso,  al naso spiccano note di violetta, amarena,  prugna,  mora e  tabacco accompagnate da nuances mentolate, al palato è pieno ed appagante, avvolgente e persistente. Abbinato con Stracotto di cervo con polenta.

Dulcis in fundo : Bongo (Profiteroles) abbinato con Gin Dry Castelgreve

Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici. Sono i premurosi giardinieri che fanno fiorire la nostra anima. (Marcel Proust)

Ristoranti d’Italia 2025: la Guida del Gambero Rosso si rinnova seguendo l’evoluzione della ristorazione italiana

Un’edizione nuova, nei linguaggi e nella lettura, che vuole catturare l’essenza di un settore in trasformazione: nuovi concept che mescolano gli stili di ristorazione e un’attenzione sempre crescente alla scelta delle materie prime sono le principali tendenze che emergono.

Niko Romito si conferma in cima alla classifica delle 52 Tre Forchette insieme a Enrico Crippa che sale in vetta. 6 nuovi ingressi tra le eccellenze, 22 i Premi Speciali con due novità: Cioccolato. L’abbinamento sorprendente e la cantina più bella da visitare. 

Roma, 21 ottobre 2024 – Ristoranti che si reinventano bistrot, trattorie che abbracciano lo stile contemporaneo, enoteche che sperimentano nuovi concept culinari: il mondo della ristorazione sta vivendo una metamorfosi che riflette un cambiamento profondo nel modo in cui gli italiani vivono l’esperienza culinaria fuori casa. Un’esperienza sempre più influenzata da ritmi di vita frenetici e dall’onnipresenza della tecnologia che riduce la capacità attentiva. Sono queste le principali tendenze che emergono nella nuova Guida Ristoranti d’Italia 2025 che segna una svolta presentandosi rinnovata nella grafica – con immagini di paesaggi e dei piatti regionali della tradizione – e nella lettura – con nuovi simboli – come il razzo per le avanguardie e lo smile per il miglior rapporto qualità/prezzo – per condurre il lettore in un viaggio attraverso l’evoluzione della ristorazione italiana, celebrando tradizione, innovazione e creatività. 

Tempi più stretti e ricette più snelle: i tre ingredienti per piatto sono ormai legge non scritta, via le presentazioni barocche e servizio meno ingessato, che si accompagna alla ricerca di ingredienti freschi e locali – commenta Lorenzo Ruggeri, direttore del Gambero, in apertura – I clienti cercano ambienti accoglienti e un’esperienza più informale”.

I numeri della Guida

Sono 2.425 i locali censiti dalla Guida, tra ristoranti, trattorie, wine bar, bistrot, locali internazionali. 400 le novità che debuttano quest’anno. 

Le Tre Forchette

A guidare la classifica delle Tre Forchette, star della ristorazione italiana, anche quest’anno c’è Niko Romito con il suo Ristorante Reale a Castel di Sangro (AQ), insieme a Enrico Crippa con Piazza Duomo ad Alba (CN) che ottengono un punteggio di 97 centesimi. Seguono con un punteggio di 95 centesimi, il ristorante Atelier Moessmer Norbert Niederkofler e Osteria Francescana di Massimo Bottura che scende di un gradino, pur confermandosi nell’Olimpo degli chef, distinguendosi anche per il Premio Speciale Novità dell’Anno con il suo Al Gatto Verde a Modena. Rispetto al 2024 salgono a 52 le Tre Forchette, sostenute dal partner TRENTODOC, con l’ingresso di 6 nuove eccellenze, sempre più giovani e creative: tra le avanguardie spiccano il Ristorante Dina di Alberto Gipponi a Gussago (BS) e I Tenerumi del Therasia Resort di Davide Guidara a Vulcano (ME). L’argine a Vencò di Antonia Klugmann a Dolegna del Collio (GO) si distingue anche come Forchetta Verde per il suo impegno nei confronti della sostenibilità. Tra le altre novità: Andrea Aprea Ristorante a Milano, Dalla Gioconda a Gabicce Mare (PU),  daGorini a Bagno di Romagna (FC).

I Tre Gamberi

Sono 40 le trattorie che ottengono il massimo punteggio dei Tre Gamberi, con partner Feudo Maccari: locali sempre più protagonisti di un fenomeno di cross-contaminazione che li vede adottare tecniche raffinate tipiche dell’alta cucina, arricchendo l’esperienza culinaria di proposte che trascendono le etichette convenzionali. 8 le novità, tra cui Arieddas – La Cucina della Marmilla che debutta per la prima volta quest’anno. Tra le proposte più all’avanguardia spicca La Madia a Brione (BS), mentre Agra Mater a Colmurano (MC) è anche Gambero Verde per la sua grande attenzione all’ambiente.  

Le Tre Bottiglie e i Tre Mappamondi

11 i Wine Bar premiati con le Tre Bottiglie, con sponsor Petra, che vede Enoteca della Valpolicella a Fumane (VR) fare il suo ingresso; mentre 8 i Tre Mappamondi che offrono una cucina etnica reinterpretata in chiave contemporanea e contraddistinta dalla ricerca di materia prima di qualità. 2 le novità: il cinese Il Gusto di Xinge a Firenze e Vero – Omakase Rooftop a Nola (NA). 

Le Tre Tavole

Nella nuova edizione, le Tavole mandano in pensione le Cocotte per raccontare la piena trasformazione in atto nei bistrot con offerte veloci, ma curate: sono 11 le insegne a ottenere il massimo punteggio, offrendo sapori semplici, tradizionali in location curate ed eleganti. 7 le novità: Ahimè a Bologna, Al Callianino a Montecchia di Crosara (VR), Epiro a Roma, Nana Piccolo Bistrò a Senigallia (AN), Nidaba a Montebelluna (TV), Scannabue a Torino, Silvano Vini e Cibi al Banco a Milano.

I 22 Premi Speciali 

  • Cuoco Emergente: Antonio Lerro del Riva Restaurant del View Place Hotel – Numana (AN);
  • Novità dell’anno, partner Partesa: Al Gatto Verde, Modena;
  • Il Ristoratore dell’anno, partner Cantele: Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini, Stefano Terigi del Giglio, Lucca;
  • Miglior proposta di piatti di pasta, partner Pastificio dei Campi: Osteria Arbustico all’Hotel Royal, Capaccio Paestum (SA);
  • Miglior pane in tavola, partner Petra Molino Quaglia: Il Colmetto, Rodengo Saiano (BS);
  • Ristorante che valorizza al meglio l’olio evo italiano, partner Frantoio di Santa Téa: Campiello, San Giovanni al Natisone (UD);
  • Menù degustazione dell’anno, partner Goeldlin Chef: Podere Belvedere Tuscany, Pontassieve (FI);
  • Miglior proposta vegetariana, partner Consorzio Vini Alto Adige: Cucina Villana a Villa Fenicia – Ruvo di Puglia (BA), Antica Osteria Nonna Rosa – Vico Equense (NA);
  • Miglior pre-dessert, partner Ice Team 1927 Cattabriga: Sustanza, Napoli, per lo spaghetto cotto in un vino ossidativo, olio al ginepro e scorza di agrumi bruciati ed erbe balsamiche;
  • Pastry Chef dell’anno, partner La Bella Estate Vite Colte: Elena Orizio della Trattoria Contemporanea – Lomazzo (CO), Valentina Marzano del Viandante – Rubiera (RE), Antonio Colombo del Votavota – Ragusa;
  • Miglior Carta dei Vini, partner Tenuta Sette Ponti: Del Belbo da Bardon – San Marzano Oliveto (AT), Il Capanno – Spoleto (PG), Locanda Mammì – Agnone (IS);
  • Miglior proposta al bicchiere, partner Ruggeri & C.: Villa Maiella, Guardiagrele (CH);
  • Miglior proposta di bere miscelato, partner Bibite Sanpellegrino: Simone Corsini presso Il Piccolo Principe del Grand Hotel di Piemonte, Viareggio (LU);  
  • Miglior carta dei distillati, partner Grappa Ceschia: Osteria Nuova, Anzio (RM);
  • Miglior servizio di sala, partner Casolaro Hotellerie: Pascucci al Porticciolo, Fiumicino (RM);
  • Miglior sommelier, partner Roberto Sarotto: Zaira Peracchia;
  • No food waste, partner Krombacher: Reis – Cibo libero di montagna, Busca (CN);
  • Qualità prezzo, partner Cesari – Valpolicella: 
  • Le Vigneron – Arvier (AO);
  • La Locanda del Falco – Valdieri (CN);
  • La Loggia – Camogli (GE);
  • Il Colmetto – Rodengo Saiano (BS);
  • VI.OR di Villa Ormaneto – Cerea (VR);
  • Lerchner’s in Ruggen – San Lorenzo di Sebato/Sankt Lorenzen (BZ);
  • Nerodiseppia – Trieste;
  • La Risulta – Perugia;
  • Dogma – Roma;
  • Zunica 1880 – Civitella del Tronto (TE);
  • Locanda Mammì – Agnone (IS);
  • Oasis Sapori Antichi – Vallesaccarda (AV);
  • Origano Cibo e Vino – Palmariggi (LE);
  • Antica Osteria Marconi – Potenza;
  • L’Osteria dei Frati – Roncofreddo (FC);
  • Da Fagiolino – Cutigliano (PT);
  • Agra Mater – Colmurano (MC);
  • Osteria Zero – Taurianova (RC);
  • Terrazza Costantino – Sclafani Bagni (PA);
  • Amano – Cagliari.
  • Tradizione futura, partner Inalpi: 
  • Agnese Loss di Osteria Contemporanea – Gattinara (VC);
  • Daniele Rebosio di Hostaria Ducale – Genova;
  • Tommaso Bonseri Capitani di Mountain Lodge del Sunny Valley Kelo Mountain Lodge – Valfurva (SO);
  • Emin Haziri di Procaccini Milano – Milano;
  • Chiara Pannozzo di Bue Nero – Verona;
  • Silvia Banterle di Stilla – Colognola ai Colli (VR);
  • Elvis Dedi di San Martino 26 – San Gimignano (SI);
  • Carlotta Delicato di Delicato – Contigliano (RI);
  • Gianluca Mangiapia di John Restaurant a Casa Madre – Afragola (NA);
  • Francesca Barone di Fattoria delle Torri – Modica (RG).
  • Cioccolato. L’abbinamento sorprendente, partner Domori: Cracco in Galleria, Milano per la crema al cioccolato, lenticchie alla vaniglia e piselli;
  • Miglior piatto con lo speck, partner Recla: Anna Stuben dell’Hotel Gardena, Ortisei/Sankt Ulrich in Gröden (BZ) per la sella di capriolo con broccoli estivi, finferli e speck dell’Alto Adige;
  • La cantina più bella da visitare, partner Enoteca Esselunga: La Stüa de Michil dell’Hotel La Perla – Corvara in Badia/Corvara (BZ).

Gambero Rosso è la piattaforma leader per contenuti, formazione, promozione e consulenza nel settore del Wine Travel Food italiani. Offre una completa gamma di servizi integrati per il settore agricolo, agroalimentare, della ristorazione e della hospitality italiana che costituis

cono il comparto di maggior successo, a livello internazionale, per la crescita dell’economia. Unico nel suo format di operatore multimediale e multicanale del settore, Gambero Rosso possiede un’offerta di periodici, libri, guide, broadcasting (Sky 415 e 133) e web OTT con cui raggiunge professionisti, canali commerciali distributivi e appassionati in Italia e nel mondo. Gambero Rosso Academy è la più ampia piattaforma formativa professionale e manageriale per la filiera agroalimentare, della ristorazione, della ospitalità e del turismo. Gambero Rosso offre al sistema produttivo italiano un programma esclusivo di eventi di promozione B2B per favorirne il costante sviluppo nazionale e internazionale. www.gamberorosso.it e www.gamberorossointernational.com

“Bada che Gota” e la gota cotta non ha più segreti

Nell’incantevole cittadina di Colle di Val d’Elsa (SI), a poca distanza dalle torri medievali di San Gimignano,  il 13 ottobre si è svolta la seconda edizione di “Bada che Gota”.

Visto il successo della scorsa edizione, il Comune in collaborazione con Aps Equilibrio e la Pro Loco, hanno organizzato di nuovo questo appassionante evento per valorizzare una specialità tipica locale: la gota cotta. Presenti ben 24 ristoratori lungo la via che da Piazza Duomo si estende verso il Baluardo; inoltre, birrifici e cantine per poter fare assaporare al meglio le varie preparazioni con questa singolare eccellenza colligiana.

Colle di Val d’Elsa gode di fama planetaria per essere il comune più importante per la produzione di vetro cristallino. Molto famoso inoltre per aver dato i natali ad Arnolfo di Cambio, al quale è stata dedicata la piazza principale ed il ristorante gourmet Arnolfo, due stelle Michelin, gestito dai fratelli Gaetano e Giovanni Trovato.

Il nostro tour è iniziato dalla RCR (Royal Cristal Rock), eccellenza del territorio per la produzione di bicchieri e prodotti affini. Abbiamo avuto la possibilità di vedere tutte le fasi di produzione del vetro, dai forni ai macchinari di soffiaggio, pigiatura, cernita e confezionamento dei prodotti finali.

Ci siamo spostati poi  al Museo di Santo Pietro, ex convento che vanta oggi varie opere di pittori celebri. La terza tappa è avvenuta alla Torre di Arnolfo, attualmente non aperta al pubblico; è allo studio un piano per la ristrutturazione e realizzazione di una terrazza panoramica con alcuni spazi dedicati all’artista Gino Terreni che li ha vissuto e dipinto diverse opere d’arte.

Dopo tanta arte, non poteva mancare una fermata per una pausa ristoratrice al Ristorante Il Frantoio, in piazza Duomo. Come suggerisce il nome le sale sono ricavate in un antico frantoio del 1800. Un ambiente elegante con  ottimo servizio e una cucina attenta ad utilizzare materie prime locali, ben realizzate e ben presentate.

La Gota Cotta è un prodotto di  salumeria che viene bollito in acqua non salata, a base di guancia o pancetta di maiale. Prodotto dai macellai di Colle di Val d’Elsa e solo da essi Toscana. La gota viene bollita per un periodo minimo di tre ore, poi cosparsa di sale e pepe ed altre spezie (processo adottato anche per la stagionatura) e quindi riposta in frigo o cella frigorifera per almeno una notte, prima di poter essere utilizzata. Da consumarsi preferibilmente entro una settimana, ma se messa sottovuoto si allunga il periodo fino a due mesi.

Un prodotto che può essere utilizzato per centinaia di preparazioni culinarie, sia con antipasti, panini, primi piatti e secondi piatti sia a base di carne sia di pesce.

“Bada che Gota”… bada che evento!

Cilento Tastes 2024

Il Cilento torna nella sua cornice di sapori, tradizioni e cultura grazie a Cilento Tastes, evento enogastronomico che celebra l’essenza di questo territorio incastonato tra le montagne e il mare, un’area storica che comprende borghi antichi, colline rigogliose e una costa incontaminata.

Cilento Tastes nasce come un’iniziativa volta a promuovere la cultura alimentare e le eccellenze locali del Cilento, un patrimonio unico, frutto di una combinazione di antiche ricette, prodotti di qualità e di una profonda connessione con la terra.

Screenshot

La seconda edizione si è svolta dal 27 al 29 settembre 2024 presso l’ex Tabacchificio di Capaccio-Paestum, un’imponente struttura industriale risalente agli inizi del Novecento, oggi polo multifunzionale che ospita eventi, mostre e attività culturali. attirando un vasto pubblico e numerosi espositori.

La location ha potuto comodamente accogliere i circa 90 espositori, “gli artigiani del gusto”, tra cui produttori locali, artigiani e cantine, creando un ambiente vivace, festosa e accogliente. Durante i tre giorni, i partecipanti hanno partecipato a degustazioni guidate e laboratori di cucina, scoprendo le tecniche tradizionali e i sapori unici del Cilento. Le cantine aderenti hanno presentato i loro prodotti, offrendo un’ottima opportunità per abbinare i piatti tipici con vini locali.

Tra le novità spicca il progetto “Da Zero”, ambasciatore della pizza cilentana, che ha già raggiunto città come Milano e Bologna per esportare le eccellenze locali, e che non solo celebra la tradizione della pizza cilentana, ma la reinventa con un approccio moderno.

È stato introdotto anche il progetto “Neve Gelati e Torte”, innovativo nel settore del gelato, che combina ingredienti freschi del territorio e tecniche artigianali per creare gusti unici e originali. In anteprima il Gin Paestum dell’azienda “Old Tom Gin” che si distingue per l’uso di botaniche locali, portando un tocco di Cilento a una bevanda sempre più popolare. Un’altra innovazione è rappresentata dal Hera nei Campi, pionieri nel reintrodurre la coltivazione del riso nella Piana del Sele, sviluppato in collaborazione con l’Università Federico II.

Si sono svolti convegni su temi come l’hospitality, la pizza ammaccata, l’olivicoltura e il food marketing. Per i più piccoli è stata allestita l’area Lab for Kids, con laboratori dedicati alla scoperta delle tradizioni culinarie e artigianali cilentane Anche l’intrattenimento non è mancato. La manifestazione ha incluso concerti di musica cilentana e la proiezione del docufilm “I Cilentenari”, che narra storie di longevità nel Cilento.

Diverse le masterclass in collaborazione con le principali Associazioni nazionali: vini, formaggi, olio extravergine d’oliva ed un focus sulla mozzarella, la pizza cilentana ed il gelato. La manifestazione è stata l’occasione giusta per ospitare la presentazione del progetto sostevin “Sostenibilità e sviluppo della diversità bio-culturale vitivinicola campana”, vede coinvolti il CREA, Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia (CREA VE), con le sedi di Turi (Ba) Asti, Velletri, Arezzo , il CNR – ISPC,Tito (PZ) e il capofila “I piccoli Campi” srl Felitto (SA).

La masterclass sul Fiano del Cilento, condotta da Maria Sarnataro, delegata AIS Cilento e Vallo di Diano, ha messo in luce la storia e l’importanza di questo vino. Il particolare terroir cilentano influisce, infatti, sulle caratteristiche organolettiche del Fiano. I partecipanti hanno degustato diverse etichette, imparando a riconoscere i profumi floreali e fruttati, insieme alla componente minerale distintiva dei vini.

Nella sessione di Cheese Lento, con il Delegato ONAF Maria Sarnataro, i partecipanti hanno assaporato formaggi tipici, scoprendo la biodiversità e le tecniche artigianali che ne caratterizzano la produzione. La degustazione ha offerto un ampio ventaglio di sapori, da quelli freschi e delicati a quelli più complessi e stagionati.

L’olio d’oliva è stato al centro della masterclass guidata da Mimmo Cosimo dell’associazione Oleum. Qui, i partecipanti hanno appreso la storia, le varietà e le tecniche di produzione dell’olio extravergine, enfatizzando il ruolo del terroir e delle pratiche sostenibili. Diverse varietà di olio sono state degustate, rivelando profili aromatici unici, da note fruttate a quelle piccanti.

L’Aglianico del Cilento ha avuto come relatore Ugo Baldassarre della FISAR, che ha presentato le caratteristiche di questo vitigno. I partecipanti hanno potuto riconoscere profumi e sapori tipici dell’Aglianico, come frutta rossa matura e spezie, apprezzando la sua struttura tannica.

Nella masterclass sulla Pizza Ammaccata, Cristian Santomauro ha condiviso la sua passione per la tradizione culinaria cilentana. Ha spiegato le peculiarità della pizza, dalla forma irregolare alla consistenza morbida, e ha mostrato le tecniche per un impasto perfetto, sottolineando l’importanza di ingredienti freschi come farina e pomodori locali.

La sessione sul gelato, guidata da Domenico Belmonte, ha esplorato l’arte della produzione artigianale, con focus su ingredienti freschi e tradizioni locali. Infine, la masterclass sui salumi, condotta da Enrico De Nigris di ONAS, ha presentato le specialità del Cilento, come capocollo e soppressata. De Nigris ha illustrato l’importanza delle tecniche artigianali e degli ingredienti locali, mostrando come ogni salume racconti una storia legata al territorio e alle tradizioni familiari.

Il Circolino by Sadler, Il Club del Gusto a Monza

Quando si parla di Monza la prima cosa che salta alla mente è sicuramente il GP d’Italia; qualcuno conosce il parco e la sua splendida Villa Reale; altri, forse più avvezzi alla storia, ricordano le gesta della Regina dei Longobardi, Teodolinda, e della sua Corona Ferrea, custodita nel Duomo cittadino; altri ancora il personaggio di manzoniana memoria della Monaca di Monza

Monza è una bella città sotto molteplici aspetti e anche quello enogastronomico non è da meno, soprattutto dopo una new entry: Il Circolino by Sadler, Il Club del Gusto.

Il locale si trova in pieno centro storico, proprio lì dove una volta c’era il famoso Circolo Anita Garibaldi, un baretto che conoscevano tutti, dove si giocava a carte e a biliardo e si trascorrevano delle ore in compagnia. Ho avuto l’occasione di pranzare al bistrot, di cenare al ristorante, di fare colazione al caffè e di deliziarmi con la mixology del cocktail bar.

Il locale trae ispirazione dagli storici circolini italiani degli anni Venti e Trenta dove i dadi, le carte e il fumo la facevano da padrone. Il progetto è di tre imprenditori brianzoli. Mario e Stefano Colombo, padre e figlio, e Federico Grasso che hanno riportato a nuova vita una location storica della città rimasta per anni inutilizzata.

Alta ristorazione con il coinvolgimento di Claudio Sadler, chef dell’omonimo ristorante Stella Michelin di Milano, e cucina affidata al Resident Chef Lorenzo Sacchi che, dopo numerose esperienze nell’alta ristorazione estera, è rientrato nella natia Monza.

Ecco le mie esperienze:

  • Il Caffè un luogo dove l’atmosfera è raffinata e accogliente, alle pareti una combinazione di elementi bohémien e carte da gioco rendono questo bar caffè elegante dove ogni dettaglio è curato per garantire non solo un’ottima qualità del caffè, ma anche un’esperienza di relax e stile, rendendolo un luogo ideale per incontri, pause dal lavoro o semplicemente per godere di un momento di piacere personale. La selezione di dolci e pasticcini attira l’attenzione degli ospiti, le brioches sono super!
  • Il Bistrot dall’atmosfera informale, si trova subito all’ingresso accanto al bancone del bar. Un ambiente conviviale e un’offerta pranzo e cena veloce. I tavolini del bistrot hanno i piani con le tavole da gioco degli scacchi e del backgammon.

Le ricette riprendono il concetto delle tapas spagnole: tanti piccoli e gustosi assaggi, eccone solo alcuni: croquetas di Jamón Ibérico (un delizioso stuzzichino che regala la combinazione di sapori intensi e consistenza cremosa); pan brioche, burro, rafano e acciuga del Mar Cantabrico (l’accostamento di questi ingredienti crea un’esperienza culinaria affascinante, in cui il dolce del pan brioches si sposa perfettamente con il sapore deciso delle acciughe e la piccantezza del rafano); carpaccio di alalunga, pesca, basilico ed infusione di pomodoro (un piatto raffinato e fresco, perfetto per valorizzare la delicatezza del pesce. La dolcezza della pesca si sposa perfettamente con la sapidità dell’alalunga e la fragranza del basilico, mentre l’infusione di pomodoro aggiunge un tocco di freschezza e un piacevole contrasto).

Il bistrot offre anche il brunch della domenica con i grandi classici internazionali come uova, bacon e pancake, sandwich e toast accompagnati da caffè, tè e cocktail.

  • Il Ristorante gourmet si presenta come un luogo di incontro affascinante, dove l’arte e il design si fondono per creare un’atmosfera unica e accogliente. Le decorazioni murali sono caratterizzate da pannelli con pattern geometrici, che donano un senso di modernità e dinamicità agli spazi. I tavoli, con piani in grès che riflettono un’elegante finitura, sono circondati da bordi in legno che aggiungono calore e naturalezza all’ambiente. Le sedie, in un vibrante stile pop art, sono rivestite in velluto, offrendo non solo estetica ma anche comfort.

Varcare la soglia del ristorante fa entrare in una dimensione fatta di cultura culinaria e di attenzione per i dettagli, una vera filosofia ai fornelli che si basa sulla combinazione di tradizione e innovazione. I piatti non solo deliziosi, ma anche visivamente spettacolari. Ogni portata è una sinfonia di sapori e consistenze, pensata per sorprendere e deliziare il palato. Qui si può godere di un’esperienza culinaria unica.

Di seguito alcune pietanze proposte nel menù: presa Ibérica alla brace, finferli, albicocca e mojo rojo (un’espressione culinaria che combina ingredienti spagnoli e italiani in un’armonia di sapori. La presa iberica è un taglio di carne di maiale pregiato proveniente dai maiali iberici, noto per la sua tenerezza e il sapore ricco. L’accostamento con i finferli e l’albicocca crea un interessante contrasto con il salato della carne); ravioli di baccalà mantecato (un piatto interessante che unisce sapori tradizionali e innovativi. La farcitura di baccalà mantecato, cremosa e saporita, viene abbinata a una salsa di curry rosso, che aggiunge una nota speziata e aromatica. Le cozze, con il loro sapore di mare, arricchiscono ulteriormente il piatto, mentre il peperone crusco, tipico della cucina meridionale, aggiunge un tocco croccante e un sapore affumicato); torrija, mango, zafferano e yogurt (una ricetta che combina la dolcezza delle torrijas, la freschezza del mango, l’aroma unico dello zafferano e la cremosità dello yogurt, creando un dessert bello da vedere e delizioso da gustare).

Un plus del ristorante è la cucina a vista che contribuisce a donare un tratto distintivo al locale, esperienza bellissima ammirare la danza degli chef ai fornelli. Le due cantine create su misura sono un esempio di eleganza e funzionalità, ideali per ospitare la vasta selezione di etichette di vini. Ogni cantina è progettata per mantenere le temperature ottimali per diversi tipi di vini.

Il Circolino di Monza vanta anche un incantevole giardino di circa 350 metri quadrati, perfettamente incastonato vicino al fiume Lambro. Questo spazio verde è caratterizzato da una varietà di piante che conferiscono un’atmosfera accogliente e rilassante. In prossimità della zona ristorante, si trova un piccolo orto di erbe aromatiche, dove basilico, rosmarino, prezzemolo e altre piante aromatiche prosperano.

Ci si trova bene in questo luogo vivace e accogliente, dove l’eleganza di un ristorante gastronomico si unisce al calore di un caffè e alla vivacità di un cocktail bar, il tutto sotto lo stesso tetto. Questo format innovativo si propone come la meta ideale per ogni esigenza e ogni momento della giornata. Questo format, quindi, non è solo un ristorante, un caffè o un cocktail bar, ma un vero e proprio hub di socializzazione e gastronomia.

Non resta che provarlo!

Salumi: la Cecina de León tra storia e gusto inimitabile

Per definizione il salume, dal latino “salumen”, ossia “insieme di cose salate”, afferisce a un prodotto alimentare a base esclusiva di carne suina, per cotta o cruda che sia, conservata con sale e che vede l’eventuale aggiunta di spezie, piuttosto che insaccato in budelli, naturali o meno, triturando la materia prima. Naturalmente il termine è stato esteso anche ad altre carni, magari con l’osservanza di usare in certi casi il lardo di maiale in date percentuali, piuttosto che impiegare selvaggina o processare addirittura il pescato.

In questa circostanza vogliamo parlare di un famosissimo prodotto dell’arte norcina spagnola, che le fonti storiche vorrebbero fosse conosciuto già prima che Lucio Giunio Moderato Columella ne descrivesse il procedimento di lavorazione nel suo De Re Rustica: parliamo della Cecina de León, salume di carne bovina d’eccellenza originario della regione di Castiglia e León.

Senza comparazione con la nostrana bresaola ovviamente.

Per quanto sappiamo dalle fonti storiografiche, la Cecina ha origini risalenti persino al I secolo a.C. ed il suo consumo ha avuto maggior diffusione a partire dal XVI secolo, diventando popolare a quei tempi grazie ai contadini che la producevano e la raccomandavano ai locandieri dell’epoca. Il famoso agronomo spagnolo Gabriel Alonso de Herrera riporterà, nel suo Trattato di Agricoltura Generale del 1513, un capitolo a sé sulla Cecina e le tecniche di salagione delle carni, mentre sono a cavallo tra il 1835 ed il 1839 le testimonianze riportate nella raccolta Tierra de León di Patrocinio Garca Gutiérrez in cui si evince che il suo consumo in un lustro fosse di ben 4800 arrobas, ossia 528 quintali.

In seguito Enrique Gil y Carrasco, scrittore romantico, dedicherà ampio spazio, nel suo “Il Pastore Transumante” del 1843, alla vita dei “figli della montagna” ed alle commoventi separazioni coi familiari per condurre le greggi lungo i tratturi, portando con loro fiambreras, ossia recipienti da viaggio tipici per conservare le provviste. Oggigiorno si stima che circa il 95% della Cecina consumata in Spagna e nei paesi della Comunità Europea venga prodotta ed affinata nella sola León.

Divenuta Indicazione Geografica Protetta (IGP) nel 1994, la produzione di Cecina, il cui etimo deriva dal latino “siccus”, “essiccato”, è consentita nel solo comprensorio di León, Zamora ed altri paesi limitrofi, che, grazie al fattore pedoclimatico e ad un’altitudine media attorno agli 800 metri sul livello del mare, offre le condizioni ideali. Con il clima asciutto e ben ventilato l’area di produzione ben si presta alla stagionatura della Cecina, conferendo quella sua caratteristica delicatezza.

Generalmente la classificazione dipende a seconda del taglio: avremo a partire dal maggior peso la Cecina de contra, taglio di petto o sottofesa, la Cecina de tapa, ossia del muscolo o fesa, la Cecina de babilla, corrispondente alla parte posteriore della coscia o noce e la Cecina de cadera, ossia dell’anca o scamone; i tagli carnei provengono esclusivamente da mattatoi autorizzati ed il processo produttivo prevede le seguenti fasi: la rifilatura, la salagione a base di sale grosso marino, il lavaggio, il riposo, l’affumicatura, della durata variabile di 12-16 giorni, impiegando legna di quercia, rovere o leccio, ed infine l’asciugatura in camere naturali, con il tradizionale metodo di regolazione di apertura e chiusura delle finestre.

Tale filiera produttiva, a partire proprio dalla salagione, avrà una durata non inferiore ai sette mesi, al termine dei quali viene assegnata l’etichetta certificativa numerata a patto che l’organismo di disciplina, cioè il Consejo Regulador, abbia riscontrato qualità e rispondenza durante l’analisi sensoriale, garantendo quindi la tracciabilità a seconda che la cecina sia intera, oppure avvolta o imbustata, porzionata o confezionata affettata e sottovuoto.

All’esame visivo si evince che la colorazione esterna della cecina assume toni di marrone scuro, mentre al taglio l’aspetto assume un colore variabile tra la polpa di ciliegia matura ed il granato a seconda della stagionatura, i quali tendono ad accentuarsi verso i bordi; inoltre è possibile vedere una raffinata marezzatura, fattore che la rende assolutamente più gustosa e complessa. I profumi rievocano note tostate e di affumicato senza prevaricazione, profumi di nocciola e caldarroste talvolta che aggiungono alla delicatezza, durante l’assaggio, dotato di aromi inconfondibili; un lieve accenno sapido e di grassezza, che piuttosto che patinare il palato conferisce all’insieme una piacevole succulenza, grazie al fattore umami, completando il quadro con complessità ed armonia, grazie ad una fibra tenera ed una gradevole persistenza.

La Cecina è un prodotto di grande evocazione storica, davvero tradizionale, e che si abbina perfettamente con vini territoriali, come ad esempio un rosato a base di uve Prieto Picudo ma, con un esemplare di grande stagionatura un Metodo Classico, magari Trento Doc da Chardonnay in purezza e lunghissimo affinamento sui lieviti, saprà accontentare certo i palati più esigenti.

Il Cilento che non ti aspetti

Vivere nel Cilento. Bella impresa si direbbe, persi tra stradine, borghi antichi e usanze tipiche marinare. Eppure in quest’angolo di paradiso alberga un ritmo di vita forse unico al mondo, pari solo ai villaggi dei pescatori scandinavi e poco altro.

Festina lente pronunciavano i Romani: appropinquarsi con la giusta lentezza, il vero segreto di una lunga e serena esistenza. Quando lo stress del quotidiano pesa sulle nostre spalle, arriva un momento in cui l’assenza di responsabilità, di tensioni nervose e di voglia di sgomitare sul prossimo devono lasciare il posto alla quiete, al silenzio assordante di luoghi senza tempo e sapori senza confini, impregnati di storia e tradizione.

“Le vie del Cilento sono infinite”, parafrasando un celebre motto. Vengono persino utilizzate per sentieri religiosi come il Cammino di San Nilo, che conduce dalla Calabria alle sponde laziali di Grottaferrata ripercorrendo le tappe dei monaci eremiti bizantini. I viandanti e pellegrini dell’epoca ben conoscevano ante litteram i pregi delle terre d’origine della Dieta Mediterranea, celebrata secoli dopo dal biologo scrittore Ancel Keys.

Un entroterra quasi esoterico, ricco però di pietanze a base di sughi e carne, formaggi e salumi e tanti prodotti dell’orto. La Costa, invece, regno del pescato, in particolare dell’alice di menaica e sostenuta dai profumi mediterranei delle classiche erbe officinali, per dare un tocco di aroma e sostanza alle ricette.

Il riassunto ideale, tra mari e monti, lo si trova tra i sobborghi di Ceraso, all’Osteria del Notaro della famiglia Notaroberto con Augusto, la moglie e il figlio Stefano ai fornelli. Dalla mozzarella nella mortella, alla parmigiana bianca per finire con fiori di zucca fritti (senza ripieno come vuole la tradizione) e le alici proposte in frittella o “rinchiuppate”, ossia riempite di formaggio e pane raffermo, variabile a seconda del luogo in cui le si assaggia.

E poi la fetta di carne tipica locale, la melanzana al pomodoro, per chiudere poi in dolcezza con le pasterelle cilentane fritte con crema di castagne. Il cibo e il vino viaggiano di pari passo e l’offerta enologica è notevolmente ampia in Cilento, soprattutto quando a parlare sono due varietà cardine per la Campania: il Fiano per i bianchi, l’Aglianico per i rossi.

Suoli marnoso calcarei, con punte di argille lamellari che donano potenza e armonia ai vini, come quelli di Fattoria Albamarina di Mario Notaroberto, raffinato gourmand proprietario di ristoranti in Lussemburgo, con vasta esperienza nel commercio estero delle nostre eccellenze alimentari. Partendo dalle bollicine giocose de “L’Eremita”, passando per la suadente Falanghina “Etèl”, il Greco del “Nylos”, verso i due cavalli di razza del Fiano: “Valmezzana” (vinificato solo in acciaio) e l’ammiccante borgognone “Palimiento”, strutturato e denso come la varietà sa offrire.

Completano il quadro l’Aglianico del “Futos” e quello di “Agriddi”, una sorta di riserva che guarda alle scie tanniche taurasine, non dimenticando l’avvolgenza del Vulture. Vigne a strapiombo, cullate dal tramonto di un sole che tutto colora con luci soffuse, in mezzo a colline dalle verdi sfumature. Un emozionato Mario Notaroberto ci narra proprio delle origini del paese di Futani e della menzione grafica speciale tra le etichette dei suoi vini.

Dalle altezze di Ceraso sino alle propaggini di Pisciotta, seguiamo l’arte di chi, come Alessandro Amendola, vive il mare da protagonista con il frutto del proprio lavoro ricavato dalle reti artigianali dette “menaiche”, che pescano solo le alici più grandi preservando l’ecosistema per le generazioni future. Un procedimento di salagione e stagionatura simile ad altri magnifici territori campani; una moneta di scambio in passato, da barattare con le primizie contadine di chi viveva lontano dalle spiagge.

La giornata si chiude in barca sulla rotta di Palinuro e della celebre Grotta Azzurra, tra miti e leggende che si perdono nella notte dei tempi. Un inatteso sapore di vita sana.