I vini di San Felice presentati al ristorante gourmet Pipero a Roma

Una giornata che ha celebrato l’incontro tra due eccellenze italiane: San Felice ha presentato la sua rinnovata collezione di vini presso il rinomato ristorante una stella Michelin Pipero a Roma. L’evento, organizzato da Antonella Imborgia Direttore Marketing e Axelle Brown Videau Responsabile Comunicazione, ha segnato un momento significativo nella storia dell’azienda toscana, che ha scelto uno dei templi della gastronomia capitolina per svelare al pubblico la nuova veste grafica delle sue prestigiose etichette.

La collaborazione con la “winedesigner” Federica Cecchi ha dato vita a un progetto artistico che va ben oltre la semplice estetica: ogni etichetta è stata concepita come un racconto visivo che narra l’impegno di San Felice verso la biodiversità e il suo profondo legame con il territorio toscano.

Pipero, sotto la guida del carismatico Alessandro Pipero e dello chef Ciro Scamardella, ha offerto la cornice perfetta per questo evento. Il locale, insignito della stella Michelin, rappresenta infatti quella stessa fusione tra tradizione e innovazione che caratterizza la filosofia di San Felice. La celebre carbonara, reinterpretata in chiave contemporanea, ha dimostrato come l’eredità culinaria italiana possa evolversi senza perdere la sua autenticità, proprio come i vini di San Felice.

San Felice si presenta come un mosaico di realtà che si completano a vicenda. Il Borgo San Felice, premiato con la stella verde dalla Guida Michelin, non è soltanto un Luxury Resort, ma un vero e proprio santuario del lifestyle toscano. Le tenute, strategicamente posizionate nelle tre denominazioni più prestigiose della regione – Chianti Classico, Montalcino e Bolgheri – rappresentano il meglio della tradizione vitivinicola toscana.

Il fiore all’occhiello della presentazione è stata la linea Vitiarium, frutto di oltre vent’anni di ricerca e sperimentazione nel campo dei vitigni autoctoni, grazie alla consulenza enologica di Leonardo Bellaccini. Quattro i vini che raccontano altrettante sfaccettature dell’anima di San Felice: Il Borgo Chianti Classico DOCG, che porta in etichetta una mappa storica del borgo vista dall’alto, La Pieve Chianti Classico DOCG Gran Selezione, impreziosito dal decoro dell’antica Pieve del 714, il Pugnitello Toscana IGT, emblema dell’innovazione e della ricerca, e lo In Avane Chardonnay Toscana IGT, unico bianco della collezione.

La scelta di presentare queste nuove etichette da Pipero non è stata casuale. L’approccio di Alessandro al mondo della ristorazione, noto per la sua capacità di combinare professionalità e convivialità, rispecchia perfettamente la filosofia di San Felice: eccellenza senza ostentazione, tradizione che sa rinnovarsi, attenzione maniacale ai dettagli che non dimentica mai il piacere dell’ospitalità.

Il pranzo ha rappresentato anche un’occasione per ribadire l’impegno nella tutela della biodiversità. L’azienda non si limita infatti alla produzione vinicola, ma gestisce un vero e proprio ecosistema dove convivono uliveti, orti, colture e foreste. Un approccio olistico che trova la sua massima espressione nel progetto Vitiarium, vero e proprio laboratorio a cielo aperto per la conservazione e lo studio dei vitigni autoctoni toscani.

Questa presentazione ha dimostrato come San Felice stia tracciando un percorso innovativo nel panorama vitivinicolo italiano, dove la tradizione non è un vincolo ma un trampolino di lancio verso il futuro. Le nuove etichette, con il loro linguaggio visivo sofisticato e contemporaneo, raccontano una storia di eccellenza che affonda le radici nel passato ma guarda con decisione al futuro.

Carlo De Biasi, Direttore di San Felice, ha sottolineato la filosofia di una realtà che racconta il territorio toscano attraverso i suoi vini che sono la vera essenza dei luoghi da cui provengono. L’incontro tra San Felice e Pipero ha quindi celebrato non solo il vino, ma un’idea di Italia che sa valorizzare il proprio patrimonio storico e culturale attraverso l’innovazione e la ricerca continua dell’eccellenza.

“Valdo Food&Wine Experience” da Scicchitano a Napoli

Il Gambero Rosso anche questa volta ama sorprenderci, organizzando un piacevole appuntamento enogastronomico nel capoluogo partenopeo. Metti una sera a cena con gli operatori della ristorazione campana, al primo piano di un palazzo dell’Ottocento di Via Foria a Napoli: il ristorante “Innovative, nuovo concept e appendice dello storico “’a figlia d’ ‘o marenaro”.

L’Innovative nasce quattro anni fa dall’idea di Giuseppe Scicchitano, terza generazione di una famiglia di ristoratori, in quanto figlio di Nunzio Scicchitano e Assunta Pacifico, che dal 1943 sono famosi in città per la loro iconica zuppa di cozze, e non solo.

Per accedervi siamo dovuti entrare dal loro ristorante e salire al primo piano dove subito siamo rapiti da uno splendido Cocktail Bar che fa da sfondo ad un ricco ed elegante banco frigo del pescato; ci addentriamo in una serie di eleganti ambienti dove potersi accomodare per gustare l’evoluzione gastronomica di questa storica famiglia napoletana, in chiave moderna e gourmet, ad opera dello chef Sergio Scuotto.

Abbiamo parlato di serata enogastronomica, ed infatti ad accoglierci, oltre al padrone di casa, c’è Nicola Frasson della Gambero Rosso (esperto Degustatore e Redattore dei Vini) che ci presenta Gianfranco Zanon (Direttore Tecnico della Valdo Spumanti e Vice Presidente del Consorzio) e Matteo D’Agostino (Responsabile del Marketing Strategico della Valdo) venuti a parlarci della famiglia Bolla, titolare della Valdo Spumanti dal 1938 e anch’essa, come per gli Scicchitano, alla terza generazione di un marchio storico legato indissolubilmente al territorio di appartenenza, Valdobbiadene, del quale ha saputo diffondere in Italia e nel mondo, la cultura del Prosecco, cercando di portare nei calici, a loro dire, delle bollicine facili da bere ma mai banali – easy to drink.

Il percorso enogastronomico comprende anche due vini della Magredi, cantina del Friuli-Venezia Giulia che da sempre produce vini a Denominazione di Origine Controllata “Friuli Grave” a Domanins in provincia di Pordenone. Anche la Magredi, da sempre legata al nome di una famiglia storica del territorio, la Tombacco, da quest’anno è stata acquisita dalla famigliaBolla.

Gianfranco Zenon prende la parola per precisare che questa serata di” Food&Wine Experience” si intende per il Vino in Tavola. Vini contemporanei e mai scontati presentati volta per volta negli abbinamenti con le ricette di casa Scicchitano

Si inizia con dallantipasto: il gambero pop, un gambero fritto con effetto crunch dovuto al tipo di panatura, posato su una grossa chips di polpo e riso acquerello, il tutto guarnito con gocce di maionese; una piacevole combinazione, che con la grassezza e la tendenza acida della maionese si esalta e trova il perfetto equilibrio con il sorso di una prima bollicina delle Grave del Friuli de “I Magredimetodo charmat brut millesimato 2023 da ribolla gialla, dai profumi delicati di fiori e agrumi, freschissimo in bocca, lascia una scia piacevolmente aromatica. Risulterà il miglior abbinamento della serata.

Si passa ai primi piatti: risotto con crema di zucca e zenzero a donare uno sprint alla spiccata tendenza dolce dell’ortaggio, guarnito con cubetti di taleggio e scampi scottati. Ottima la cottura e la mantecatura e del risotto, gradevole l’abbinamento con un DOC Friuli Grave Sauvignon 2023I Magredi”, non spinto sul varietale vegetale, ma più fruttato ed erbaceo. Sorso piacevolmente fresco e sapido, sottile e nervoso a contrastare la dolcezza e la grassezza del piatto.

Seguono gli ziti alla lardiata di mare (con lardo di colonnata); un sugo colorato dal pomodoro San Marzano e arricchito di vongole e tartufi di mare, straccetti di calamari, tentacoli di polpi e gamberi. Interessante. Buono anche questo abbinamento con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco spumante metodo charmat extra brut millesimato 2022 “Rive di San Pietro di Barbozza” della Valdo. Un 100% di uve glera provenienti delle pendici delle ripide colline che caratterizzano il territorio di quelle che non sono altro che le UGA di Conegliano, le “Rive”. Bollicina suntuosa e dal perlage fine, e a detta di Gianfranco, un dosaggio zero più che un extra brut. Al naso frutta matura a cui non manca una parte agrumata di mandarino; nitido e preciso in bocca, sostenuto da una piacevole scia sapida che chiude il sorso e crea un buon legame sia con la tendenza dolce del piatto che con la tendenza acida del pomodoro.

Il primo dei secondi piatti: focaccina farcita con crudo di tonno e mozzarella di bufala campana, arricchita con maionese al lime ed erbe spontanee. Ottimo il gioco tra morbidezza e fragranza della focaccia che esalta il boccone. Riuscito in parte l’abbinamento con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco spumante metodo charmat brut millesimato 2022 “Cuvée del Fondatore”. Uno charmat lungo ottenuto dal 90% di Glera e un 10% di Chardonnay. Si distingue la lavorazione per un passaggio di circa sei mesi in barrique di primo e secondo passaggio della base chardonnay. Uno spumante che al naso ci sussurra il passaggio in legno con profumi di frutta matura, spezie sia di vaniglia che di pepe bianco, miele e nocciola; un sorso equilibrato con ritorni di frutta e spezie.

Infine il trancio di spigola con contorno di ortaggi nella loro essenza, il tutto su un fondo di vellutata di patate. Il più difficile degli abbinamenti finora provati, con un DOCG Conegliano Valdobbiadene Prosecco metodo classico brut millesimato 2020 “Vigna Pradase”. Metodo classico sboccato a giugno 2023 e ad oggi con già oltre un anno in bottiglia ottenuto da 85% Gglera e un saldo del 15% di uve autoctone quali Bianchetta, Verdisio e Perera, che fino al 1800 erano le uve più coltivate a Valdobbiadene. Profumi floreali di ginestra e acacia, un agrume pompelmo rosa; fresco e di buona struttura.

Si chiude con il fiore all’occhiello storico del territorio di Valdobbiadene, la DOCG Conegliano Valdobbiadene Superiore di Cartizze metodo charmat Dry “Cuvéè Viaviana Valdo” in versione classica che, a dispetto del dosaggio riportato in etichetta, è più morbida che vellutata. Un misto di sensazioni fruttate sia al naso che in bocca da abbinare al dessert: soffi di millefoglie con crema diplomatica e di frutti di bosco rossi e neri, su di una colatura di cioccolato bianco dorato.

Ristoranti d’Italia 2025: la Guida del Gambero Rosso si rinnova seguendo l’evoluzione della ristorazione italiana

Un’edizione nuova, nei linguaggi e nella lettura, che vuole catturare l’essenza di un settore in trasformazione: nuovi concept che mescolano gli stili di ristorazione e un’attenzione sempre crescente alla scelta delle materie prime sono le principali tendenze che emergono.

Niko Romito si conferma in cima alla classifica delle 52 Tre Forchette insieme a Enrico Crippa che sale in vetta. 6 nuovi ingressi tra le eccellenze, 22 i Premi Speciali con due novità: Cioccolato. L’abbinamento sorprendente e la cantina più bella da visitare. 

Roma, 21 ottobre 2024 – Ristoranti che si reinventano bistrot, trattorie che abbracciano lo stile contemporaneo, enoteche che sperimentano nuovi concept culinari: il mondo della ristorazione sta vivendo una metamorfosi che riflette un cambiamento profondo nel modo in cui gli italiani vivono l’esperienza culinaria fuori casa. Un’esperienza sempre più influenzata da ritmi di vita frenetici e dall’onnipresenza della tecnologia che riduce la capacità attentiva. Sono queste le principali tendenze che emergono nella nuova Guida Ristoranti d’Italia 2025 che segna una svolta presentandosi rinnovata nella grafica – con immagini di paesaggi e dei piatti regionali della tradizione – e nella lettura – con nuovi simboli – come il razzo per le avanguardie e lo smile per il miglior rapporto qualità/prezzo – per condurre il lettore in un viaggio attraverso l’evoluzione della ristorazione italiana, celebrando tradizione, innovazione e creatività. 

Tempi più stretti e ricette più snelle: i tre ingredienti per piatto sono ormai legge non scritta, via le presentazioni barocche e servizio meno ingessato, che si accompagna alla ricerca di ingredienti freschi e locali – commenta Lorenzo Ruggeri, direttore del Gambero, in apertura – I clienti cercano ambienti accoglienti e un’esperienza più informale”.

I numeri della Guida

Sono 2.425 i locali censiti dalla Guida, tra ristoranti, trattorie, wine bar, bistrot, locali internazionali. 400 le novità che debuttano quest’anno. 

Le Tre Forchette

A guidare la classifica delle Tre Forchette, star della ristorazione italiana, anche quest’anno c’è Niko Romito con il suo Ristorante Reale a Castel di Sangro (AQ), insieme a Enrico Crippa con Piazza Duomo ad Alba (CN) che ottengono un punteggio di 97 centesimi. Seguono con un punteggio di 95 centesimi, il ristorante Atelier Moessmer Norbert Niederkofler e Osteria Francescana di Massimo Bottura che scende di un gradino, pur confermandosi nell’Olimpo degli chef, distinguendosi anche per il Premio Speciale Novità dell’Anno con il suo Al Gatto Verde a Modena. Rispetto al 2024 salgono a 52 le Tre Forchette, sostenute dal partner TRENTODOC, con l’ingresso di 6 nuove eccellenze, sempre più giovani e creative: tra le avanguardie spiccano il Ristorante Dina di Alberto Gipponi a Gussago (BS) e I Tenerumi del Therasia Resort di Davide Guidara a Vulcano (ME). L’argine a Vencò di Antonia Klugmann a Dolegna del Collio (GO) si distingue anche come Forchetta Verde per il suo impegno nei confronti della sostenibilità. Tra le altre novità: Andrea Aprea Ristorante a Milano, Dalla Gioconda a Gabicce Mare (PU),  daGorini a Bagno di Romagna (FC).

I Tre Gamberi

Sono 40 le trattorie che ottengono il massimo punteggio dei Tre Gamberi, con partner Feudo Maccari: locali sempre più protagonisti di un fenomeno di cross-contaminazione che li vede adottare tecniche raffinate tipiche dell’alta cucina, arricchendo l’esperienza culinaria di proposte che trascendono le etichette convenzionali. 8 le novità, tra cui Arieddas – La Cucina della Marmilla che debutta per la prima volta quest’anno. Tra le proposte più all’avanguardia spicca La Madia a Brione (BS), mentre Agra Mater a Colmurano (MC) è anche Gambero Verde per la sua grande attenzione all’ambiente.  

Le Tre Bottiglie e i Tre Mappamondi

11 i Wine Bar premiati con le Tre Bottiglie, con sponsor Petra, che vede Enoteca della Valpolicella a Fumane (VR) fare il suo ingresso; mentre 8 i Tre Mappamondi che offrono una cucina etnica reinterpretata in chiave contemporanea e contraddistinta dalla ricerca di materia prima di qualità. 2 le novità: il cinese Il Gusto di Xinge a Firenze e Vero – Omakase Rooftop a Nola (NA). 

Le Tre Tavole

Nella nuova edizione, le Tavole mandano in pensione le Cocotte per raccontare la piena trasformazione in atto nei bistrot con offerte veloci, ma curate: sono 11 le insegne a ottenere il massimo punteggio, offrendo sapori semplici, tradizionali in location curate ed eleganti. 7 le novità: Ahimè a Bologna, Al Callianino a Montecchia di Crosara (VR), Epiro a Roma, Nana Piccolo Bistrò a Senigallia (AN), Nidaba a Montebelluna (TV), Scannabue a Torino, Silvano Vini e Cibi al Banco a Milano.

I 22 Premi Speciali 

  • Cuoco Emergente: Antonio Lerro del Riva Restaurant del View Place Hotel – Numana (AN);
  • Novità dell’anno, partner Partesa: Al Gatto Verde, Modena;
  • Il Ristoratore dell’anno, partner Cantele: Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini, Stefano Terigi del Giglio, Lucca;
  • Miglior proposta di piatti di pasta, partner Pastificio dei Campi: Osteria Arbustico all’Hotel Royal, Capaccio Paestum (SA);
  • Miglior pane in tavola, partner Petra Molino Quaglia: Il Colmetto, Rodengo Saiano (BS);
  • Ristorante che valorizza al meglio l’olio evo italiano, partner Frantoio di Santa Téa: Campiello, San Giovanni al Natisone (UD);
  • Menù degustazione dell’anno, partner Goeldlin Chef: Podere Belvedere Tuscany, Pontassieve (FI);
  • Miglior proposta vegetariana, partner Consorzio Vini Alto Adige: Cucina Villana a Villa Fenicia – Ruvo di Puglia (BA), Antica Osteria Nonna Rosa – Vico Equense (NA);
  • Miglior pre-dessert, partner Ice Team 1927 Cattabriga: Sustanza, Napoli, per lo spaghetto cotto in un vino ossidativo, olio al ginepro e scorza di agrumi bruciati ed erbe balsamiche;
  • Pastry Chef dell’anno, partner La Bella Estate Vite Colte: Elena Orizio della Trattoria Contemporanea – Lomazzo (CO), Valentina Marzano del Viandante – Rubiera (RE), Antonio Colombo del Votavota – Ragusa;
  • Miglior Carta dei Vini, partner Tenuta Sette Ponti: Del Belbo da Bardon – San Marzano Oliveto (AT), Il Capanno – Spoleto (PG), Locanda Mammì – Agnone (IS);
  • Miglior proposta al bicchiere, partner Ruggeri & C.: Villa Maiella, Guardiagrele (CH);
  • Miglior proposta di bere miscelato, partner Bibite Sanpellegrino: Simone Corsini presso Il Piccolo Principe del Grand Hotel di Piemonte, Viareggio (LU);  
  • Miglior carta dei distillati, partner Grappa Ceschia: Osteria Nuova, Anzio (RM);
  • Miglior servizio di sala, partner Casolaro Hotellerie: Pascucci al Porticciolo, Fiumicino (RM);
  • Miglior sommelier, partner Roberto Sarotto: Zaira Peracchia;
  • No food waste, partner Krombacher: Reis – Cibo libero di montagna, Busca (CN);
  • Qualità prezzo, partner Cesari – Valpolicella: 
  • Le Vigneron – Arvier (AO);
  • La Locanda del Falco – Valdieri (CN);
  • La Loggia – Camogli (GE);
  • Il Colmetto – Rodengo Saiano (BS);
  • VI.OR di Villa Ormaneto – Cerea (VR);
  • Lerchner’s in Ruggen – San Lorenzo di Sebato/Sankt Lorenzen (BZ);
  • Nerodiseppia – Trieste;
  • La Risulta – Perugia;
  • Dogma – Roma;
  • Zunica 1880 – Civitella del Tronto (TE);
  • Locanda Mammì – Agnone (IS);
  • Oasis Sapori Antichi – Vallesaccarda (AV);
  • Origano Cibo e Vino – Palmariggi (LE);
  • Antica Osteria Marconi – Potenza;
  • L’Osteria dei Frati – Roncofreddo (FC);
  • Da Fagiolino – Cutigliano (PT);
  • Agra Mater – Colmurano (MC);
  • Osteria Zero – Taurianova (RC);
  • Terrazza Costantino – Sclafani Bagni (PA);
  • Amano – Cagliari.
  • Tradizione futura, partner Inalpi: 
  • Agnese Loss di Osteria Contemporanea – Gattinara (VC);
  • Daniele Rebosio di Hostaria Ducale – Genova;
  • Tommaso Bonseri Capitani di Mountain Lodge del Sunny Valley Kelo Mountain Lodge – Valfurva (SO);
  • Emin Haziri di Procaccini Milano – Milano;
  • Chiara Pannozzo di Bue Nero – Verona;
  • Silvia Banterle di Stilla – Colognola ai Colli (VR);
  • Elvis Dedi di San Martino 26 – San Gimignano (SI);
  • Carlotta Delicato di Delicato – Contigliano (RI);
  • Gianluca Mangiapia di John Restaurant a Casa Madre – Afragola (NA);
  • Francesca Barone di Fattoria delle Torri – Modica (RG).
  • Cioccolato. L’abbinamento sorprendente, partner Domori: Cracco in Galleria, Milano per la crema al cioccolato, lenticchie alla vaniglia e piselli;
  • Miglior piatto con lo speck, partner Recla: Anna Stuben dell’Hotel Gardena, Ortisei/Sankt Ulrich in Gröden (BZ) per la sella di capriolo con broccoli estivi, finferli e speck dell’Alto Adige;
  • La cantina più bella da visitare, partner Enoteca Esselunga: La Stüa de Michil dell’Hotel La Perla – Corvara in Badia/Corvara (BZ).

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“Bada che Gota” e la gota cotta non ha più segreti

Nell’incantevole cittadina di Colle di Val d’Elsa (SI), a poca distanza dalle torri medievali di San Gimignano,  il 13 ottobre si è svolta la seconda edizione di “Bada che Gota”.

Visto il successo della scorsa edizione, il Comune in collaborazione con Aps Equilibrio e la Pro Loco, hanno organizzato di nuovo questo appassionante evento per valorizzare una specialità tipica locale: la gota cotta. Presenti ben 24 ristoratori lungo la via che da Piazza Duomo si estende verso il Baluardo; inoltre, birrifici e cantine per poter fare assaporare al meglio le varie preparazioni con questa singolare eccellenza colligiana.

Colle di Val d’Elsa gode di fama planetaria per essere il comune più importante per la produzione di vetro cristallino. Molto famoso inoltre per aver dato i natali ad Arnolfo di Cambio, al quale è stata dedicata la piazza principale ed il ristorante gourmet Arnolfo, due stelle Michelin, gestito dai fratelli Gaetano e Giovanni Trovato.

Il nostro tour è iniziato dalla RCR (Royal Cristal Rock), eccellenza del territorio per la produzione di bicchieri e prodotti affini. Abbiamo avuto la possibilità di vedere tutte le fasi di produzione del vetro, dai forni ai macchinari di soffiaggio, pigiatura, cernita e confezionamento dei prodotti finali.

Ci siamo spostati poi  al Museo di Santo Pietro, ex convento che vanta oggi varie opere di pittori celebri. La terza tappa è avvenuta alla Torre di Arnolfo, attualmente non aperta al pubblico; è allo studio un piano per la ristrutturazione e realizzazione di una terrazza panoramica con alcuni spazi dedicati all’artista Gino Terreni che li ha vissuto e dipinto diverse opere d’arte.

Dopo tanta arte, non poteva mancare una fermata per una pausa ristoratrice al Ristorante Il Frantoio, in piazza Duomo. Come suggerisce il nome le sale sono ricavate in un antico frantoio del 1800. Un ambiente elegante con  ottimo servizio e una cucina attenta ad utilizzare materie prime locali, ben realizzate e ben presentate.

La Gota Cotta è un prodotto di  salumeria che viene bollito in acqua non salata, a base di guancia o pancetta di maiale. Prodotto dai macellai di Colle di Val d’Elsa e solo da essi Toscana. La gota viene bollita per un periodo minimo di tre ore, poi cosparsa di sale e pepe ed altre spezie (processo adottato anche per la stagionatura) e quindi riposta in frigo o cella frigorifera per almeno una notte, prima di poter essere utilizzata. Da consumarsi preferibilmente entro una settimana, ma se messa sottovuoto si allunga il periodo fino a due mesi.

Un prodotto che può essere utilizzato per centinaia di preparazioni culinarie, sia con antipasti, panini, primi piatti e secondi piatti sia a base di carne sia di pesce.

“Bada che Gota”… bada che evento!

Il Circolino by Sadler, Il Club del Gusto a Monza

Quando si parla di Monza la prima cosa che salta alla mente è sicuramente il GP d’Italia; qualcuno conosce il parco e la sua splendida Villa Reale; altri, forse più avvezzi alla storia, ricordano le gesta della Regina dei Longobardi, Teodolinda, e della sua Corona Ferrea, custodita nel Duomo cittadino; altri ancora il personaggio di manzoniana memoria della Monaca di Monza

Monza è una bella città sotto molteplici aspetti e anche quello enogastronomico non è da meno, soprattutto dopo una new entry: Il Circolino by Sadler, Il Club del Gusto.

Il locale si trova in pieno centro storico, proprio lì dove una volta c’era il famoso Circolo Anita Garibaldi, un baretto che conoscevano tutti, dove si giocava a carte e a biliardo e si trascorrevano delle ore in compagnia. Ho avuto l’occasione di pranzare al bistrot, di cenare al ristorante, di fare colazione al caffè e di deliziarmi con la mixology del cocktail bar.

Il locale trae ispirazione dagli storici circolini italiani degli anni Venti e Trenta dove i dadi, le carte e il fumo la facevano da padrone. Il progetto è di tre imprenditori brianzoli. Mario e Stefano Colombo, padre e figlio, e Federico Grasso che hanno riportato a nuova vita una location storica della città rimasta per anni inutilizzata.

Alta ristorazione con il coinvolgimento di Claudio Sadler, chef dell’omonimo ristorante Stella Michelin di Milano, e cucina affidata al Resident Chef Lorenzo Sacchi che, dopo numerose esperienze nell’alta ristorazione estera, è rientrato nella natia Monza.

Ecco le mie esperienze:

  • Il Caffè un luogo dove l’atmosfera è raffinata e accogliente, alle pareti una combinazione di elementi bohémien e carte da gioco rendono questo bar caffè elegante dove ogni dettaglio è curato per garantire non solo un’ottima qualità del caffè, ma anche un’esperienza di relax e stile, rendendolo un luogo ideale per incontri, pause dal lavoro o semplicemente per godere di un momento di piacere personale. La selezione di dolci e pasticcini attira l’attenzione degli ospiti, le brioches sono super!
  • Il Bistrot dall’atmosfera informale, si trova subito all’ingresso accanto al bancone del bar. Un ambiente conviviale e un’offerta pranzo e cena veloce. I tavolini del bistrot hanno i piani con le tavole da gioco degli scacchi e del backgammon.

Le ricette riprendono il concetto delle tapas spagnole: tanti piccoli e gustosi assaggi, eccone solo alcuni: croquetas di Jamón Ibérico (un delizioso stuzzichino che regala la combinazione di sapori intensi e consistenza cremosa); pan brioche, burro, rafano e acciuga del Mar Cantabrico (l’accostamento di questi ingredienti crea un’esperienza culinaria affascinante, in cui il dolce del pan brioches si sposa perfettamente con il sapore deciso delle acciughe e la piccantezza del rafano); carpaccio di alalunga, pesca, basilico ed infusione di pomodoro (un piatto raffinato e fresco, perfetto per valorizzare la delicatezza del pesce. La dolcezza della pesca si sposa perfettamente con la sapidità dell’alalunga e la fragranza del basilico, mentre l’infusione di pomodoro aggiunge un tocco di freschezza e un piacevole contrasto).

Il bistrot offre anche il brunch della domenica con i grandi classici internazionali come uova, bacon e pancake, sandwich e toast accompagnati da caffè, tè e cocktail.

  • Il Ristorante gourmet si presenta come un luogo di incontro affascinante, dove l’arte e il design si fondono per creare un’atmosfera unica e accogliente. Le decorazioni murali sono caratterizzate da pannelli con pattern geometrici, che donano un senso di modernità e dinamicità agli spazi. I tavoli, con piani in grès che riflettono un’elegante finitura, sono circondati da bordi in legno che aggiungono calore e naturalezza all’ambiente. Le sedie, in un vibrante stile pop art, sono rivestite in velluto, offrendo non solo estetica ma anche comfort.

Varcare la soglia del ristorante fa entrare in una dimensione fatta di cultura culinaria e di attenzione per i dettagli, una vera filosofia ai fornelli che si basa sulla combinazione di tradizione e innovazione. I piatti non solo deliziosi, ma anche visivamente spettacolari. Ogni portata è una sinfonia di sapori e consistenze, pensata per sorprendere e deliziare il palato. Qui si può godere di un’esperienza culinaria unica.

Di seguito alcune pietanze proposte nel menù: presa Ibérica alla brace, finferli, albicocca e mojo rojo (un’espressione culinaria che combina ingredienti spagnoli e italiani in un’armonia di sapori. La presa iberica è un taglio di carne di maiale pregiato proveniente dai maiali iberici, noto per la sua tenerezza e il sapore ricco. L’accostamento con i finferli e l’albicocca crea un interessante contrasto con il salato della carne); ravioli di baccalà mantecato (un piatto interessante che unisce sapori tradizionali e innovativi. La farcitura di baccalà mantecato, cremosa e saporita, viene abbinata a una salsa di curry rosso, che aggiunge una nota speziata e aromatica. Le cozze, con il loro sapore di mare, arricchiscono ulteriormente il piatto, mentre il peperone crusco, tipico della cucina meridionale, aggiunge un tocco croccante e un sapore affumicato); torrija, mango, zafferano e yogurt (una ricetta che combina la dolcezza delle torrijas, la freschezza del mango, l’aroma unico dello zafferano e la cremosità dello yogurt, creando un dessert bello da vedere e delizioso da gustare).

Un plus del ristorante è la cucina a vista che contribuisce a donare un tratto distintivo al locale, esperienza bellissima ammirare la danza degli chef ai fornelli. Le due cantine create su misura sono un esempio di eleganza e funzionalità, ideali per ospitare la vasta selezione di etichette di vini. Ogni cantina è progettata per mantenere le temperature ottimali per diversi tipi di vini.

Il Circolino di Monza vanta anche un incantevole giardino di circa 350 metri quadrati, perfettamente incastonato vicino al fiume Lambro. Questo spazio verde è caratterizzato da una varietà di piante che conferiscono un’atmosfera accogliente e rilassante. In prossimità della zona ristorante, si trova un piccolo orto di erbe aromatiche, dove basilico, rosmarino, prezzemolo e altre piante aromatiche prosperano.

Ci si trova bene in questo luogo vivace e accogliente, dove l’eleganza di un ristorante gastronomico si unisce al calore di un caffè e alla vivacità di un cocktail bar, il tutto sotto lo stesso tetto. Questo format innovativo si propone come la meta ideale per ogni esigenza e ogni momento della giornata. Questo format, quindi, non è solo un ristorante, un caffè o un cocktail bar, ma un vero e proprio hub di socializzazione e gastronomia.

Non resta che provarlo!

Toscana: ritorno a Podere Marcampo nel segno del compianto Genuino Del Duca

Genuino di nome e di fatto. Era così il patron Del Duca, proprietario di Podere Marcampo e del ristorante Il Vecchio Mulino prima e dell’Enoteca Del Duca poi, sempre a Volterra. Dalla beneamata Arma dei Carabinieri, spostato dall’Abruzzo in Toscana, ha saputo tramutare estro e passione in un lavoro che diverrà, col tempo, la sua primaria occupazione fino alla precoce dipartita nel 2022.

Un calco di Genuino Del Duca

Aiutato sin dagli inizi dalla moglie Ivana e dai due figli, in particolare la giovane Claudia Del Duca, ha saputo credere fortemente in un territorio conosciuto solo per le rovine etrusco romane, l’alabastro, il sale ed il carcere. Il vino qui era considerato un fattore estraneo, nonostante le potenzialità delle classiche colline morbide toscane. Le balze circondano i confini agricoli del borgo medievale, regalando una visione unica nel suo genere per chi cerca un comodo rifugio dalla frenesia.

Claudia Del Duca

Podere Marcampo sarebbe stato destinato all’oblio senza l’impianto delle prime barbatelle nel lontano 2004. La prima annata ufficiale, targata 2007 dall’enologo Giacomo Cesari, suscitò subito l’interesse della critica di settore e qualche riconoscimento arriva già nei primi vagiti dell’azienda, inaspettato persino per l’istrionico fondatore.

Quale varietà d’uva coltivare è stata la prima domanda che si pose Genuino. Seguire la moda dell’epoca che indicava negli internazionali francesi (ed in particolare il Merlot) i più raccomandabili o andare verso la storicità della regione onorando sua Maestà il Sangiovese? Alla fine la scelta è ricaduta su entrambi, degni compagni di merenda anche uniti nell’assemblaggio.

Le argille azzurre e le sabbie miste a componenti saline ben si prestano nell’offrire vini corpulenti, quasi muscolari e voluminosi, ma dotati di un finale salmastro-iodato che ne caratterizza la loro identità anche nelle annate più difficili. Oggi, con i nuovi impianti che risalgono al 2017, l’azienda è arrivata a 5 ettari complessivi, tutti adiacenti la cantina suddivisi fra: Merlot, Sangiovese, Pugnitello, Ciliegiolo e Vermentino. L’azienda è certificata biologica dal 2021.

La degustazione tecnica ha riguardato le tipologie Sangiovese e Merlot in purezza ed il blend confluito nel Marcampo, in varie annate “in verticale”. Luca Rettondini, attuale guida enologica dopo l’arrivo nel 2022, pochi mesi prima della scomparsa di Genuino, ci ha aiutato nel racconto dei vini e della filosofia stilistica volta a snellire corpo e morbidezze verso agilità e trame tanniche saporite. Compito non semplice quando si ha già concentrazione in vigna con appena 40/50 quintali di resa per ettaro.

Interessante, prima di partire con i cavalli di battaglia, l’assaggio del Vermentino “Terrablu” nelle annate 2023 – 2021 e 2019 ognuna con la sua storia da raccontare. Polposa e acerba l’ultima nata, incredibilmente fruttata e succosa la mediana e delicatamente agrumata quella con maggior maturità. Adesso fiato alle trombe prima della chiusura finale parlando della visita al Museo Etrusco Guarnacci di Volterra.

Il Sangiovese del Severus

Severus 2020: floreale, tenue, con note di viola mammola, spezia scura (chiodi di garofano), erbe mediterranee ed albicocca. Tipico, identitario, elegante.

Severus 2019: manca di forza nel centro bocca, con fase evolutiva da agrumi rossi e tannini amaricanti sul finale. Resiste quanto basta.

Severus 2018: dimostra completezza e versatilità. Masticabile, sorso tonico su ciliege succose e nuance iodate. Prosegue su ricordi ferrosi con riverberi di arancia gialla e china su chiusura balsamica. Spinge in tenore alcolico.

Severus 2016: il Sangiovese sa regalare emozioni autentiche a patto che sia ben fatto e che il tempo non cominci la sua corsa inesorabile al declino. Qui c’è ancora quella dolce sensazione gelatinosa e calorica, ma poi sopravanza il legno e termina corto in malinconia.

Il Merlot del Giusto alle Balze

Giusto alle Balze 2020: elegante, fitto con sensazioni speziate e iodate tra pepe nero, tabacco e cacao fondente. Saporito e salino.

Giusto alle Balze 2019: caramello a tratti allappante. Inizia verde e termina amaro con sbuffi salati che impegnano la bocca.

Giusto alle Balze 2018: si distende maturo e appetitoso. Danza tra amarene sotto spirito, condite da pepe in grani e grafite. Chiosa con emazie, torrefazione di caffè e salsedine. Averne.

Giusto alle Balze 2015: la freschezza non è il suo forte, ma la densità riesce a compensare quella vibrazione ormai scomparsa. Un vino gastronomico, da ricette a base di selvaggina a lunga cottura di cui l’Italia è piena.

L’unione tra Sangiovese e Merlot nel Marcampo

Marcampo 2022: lamponato e astringente. Leggermente indietro, deve attendere ulteriore tempo in bottiglia finendo su china, liquirizia e radice di rabarbaro.

Marcampo 2021: l’era del frutto. Intensità espressiva, tra ciliegia e succo di pesca. Agile al sorso, legato alla spezia morbida e sottile dai riverberi minerali.

Marcampo 2020: conferma l’annata performante per l’areale. Fine e nella giusta maturità d’assaggio, con spinte officinali e floreali quasi melliflue. L’acidità non sorregge la potenza calorica.

Museo Etrusco Guarnacci

La bellezza senza tempo dell’ingegneria e delle abilità umane, quelle che fanno bene allo spirito. La guerra con altre popolazioni, se mai di guerra si possa parlare o piuttosto di lenta integrazione e fusione tra popoli e culture, ha portato dapprima l’influenza ellenica e, successivamente, romana nelle opere d’arte lasciate a noi dagli Etruschi.

Lo schema sociale avanzato dove le donne avevano un ruolo preponderante nelle attività economiche e familiari, la possibilità democratica di consentire degna sepoltura ai morti di ogni ordine sociale e la cultura avanzata ben predisposta alle contaminazioni esterne, fanno riflettere sulle nostre stesse origini. Una visita permessa grazie al Direttore Fabrizio Burchianti e alla guida Dott.ssa Stefania Piunti su richiesta di Claudia Del Duca stessa e dell’Ufficio Stampa e PR “DarWine&Food” di Claudia Marinelli.

A conclusione del magnifico tour per la stampa, il pranzo in azienda organizzato da Osteria Bis di Gaetano Trovato di Colle Val d’Elsa, con l’aiuto chef Alessandro Calabrese, già Executive Chef dell’Enoteca De Duca.

Il Cilento che non ti aspetti

Vivere nel Cilento. Bella impresa si direbbe, persi tra stradine, borghi antichi e usanze tipiche marinare. Eppure in quest’angolo di paradiso alberga un ritmo di vita forse unico al mondo, pari solo ai villaggi dei pescatori scandinavi e poco altro.

Festina lente pronunciavano i Romani: appropinquarsi con la giusta lentezza, il vero segreto di una lunga e serena esistenza. Quando lo stress del quotidiano pesa sulle nostre spalle, arriva un momento in cui l’assenza di responsabilità, di tensioni nervose e di voglia di sgomitare sul prossimo devono lasciare il posto alla quiete, al silenzio assordante di luoghi senza tempo e sapori senza confini, impregnati di storia e tradizione.

“Le vie del Cilento sono infinite”, parafrasando un celebre motto. Vengono persino utilizzate per sentieri religiosi come il Cammino di San Nilo, che conduce dalla Calabria alle sponde laziali di Grottaferrata ripercorrendo le tappe dei monaci eremiti bizantini. I viandanti e pellegrini dell’epoca ben conoscevano ante litteram i pregi delle terre d’origine della Dieta Mediterranea, celebrata secoli dopo dal biologo scrittore Ancel Keys.

Un entroterra quasi esoterico, ricco però di pietanze a base di sughi e carne, formaggi e salumi e tanti prodotti dell’orto. La Costa, invece, regno del pescato, in particolare dell’alice di menaica e sostenuta dai profumi mediterranei delle classiche erbe officinali, per dare un tocco di aroma e sostanza alle ricette.

Il riassunto ideale, tra mari e monti, lo si trova tra i sobborghi di Ceraso, all’Osteria del Notaro della famiglia Notaroberto con Augusto, la moglie e il figlio Stefano ai fornelli. Dalla mozzarella nella mortella, alla parmigiana bianca per finire con fiori di zucca fritti (senza ripieno come vuole la tradizione) e le alici proposte in frittella o “rinchiuppate”, ossia riempite di formaggio e pane raffermo, variabile a seconda del luogo in cui le si assaggia.

E poi la fetta di carne tipica locale, la melanzana al pomodoro, per chiudere poi in dolcezza con le pasterelle cilentane fritte con crema di castagne. Il cibo e il vino viaggiano di pari passo e l’offerta enologica è notevolmente ampia in Cilento, soprattutto quando a parlare sono due varietà cardine per la Campania: il Fiano per i bianchi, l’Aglianico per i rossi.

Suoli marnoso calcarei, con punte di argille lamellari che donano potenza e armonia ai vini, come quelli di Fattoria Albamarina di Mario Notaroberto, raffinato gourmand proprietario di ristoranti in Lussemburgo, con vasta esperienza nel commercio estero delle nostre eccellenze alimentari. Partendo dalle bollicine giocose de “L’Eremita”, passando per la suadente Falanghina “Etèl”, il Greco del “Nylos”, verso i due cavalli di razza del Fiano: “Valmezzana” (vinificato solo in acciaio) e l’ammiccante borgognone “Palimiento”, strutturato e denso come la varietà sa offrire.

Completano il quadro l’Aglianico del “Futos” e quello di “Agriddi”, una sorta di riserva che guarda alle scie tanniche taurasine, non dimenticando l’avvolgenza del Vulture. Vigne a strapiombo, cullate dal tramonto di un sole che tutto colora con luci soffuse, in mezzo a colline dalle verdi sfumature. Un emozionato Mario Notaroberto ci narra proprio delle origini del paese di Futani e della menzione grafica speciale tra le etichette dei suoi vini.

Dalle altezze di Ceraso sino alle propaggini di Pisciotta, seguiamo l’arte di chi, come Alessandro Amendola, vive il mare da protagonista con il frutto del proprio lavoro ricavato dalle reti artigianali dette “menaiche”, che pescano solo le alici più grandi preservando l’ecosistema per le generazioni future. Un procedimento di salagione e stagionatura simile ad altri magnifici territori campani; una moneta di scambio in passato, da barattare con le primizie contadine di chi viveva lontano dalle spiagge.

La giornata si chiude in barca sulla rotta di Palinuro e della celebre Grotta Azzurra, tra miti e leggende che si perdono nella notte dei tempi. Un inatteso sapore di vita sana.

Un giorno in Costiera Amalfitana: divina poesia

“Ma come fanno i marinai” cantava il duo De Gregori – Dalla. Come fanno davvero a non restare allibiti dalla bellezza di un posto senza tempo, perso tra curve e fiordi, limoneti e vigne a strapiombo sulle acque blu?

La Costiera Amalfitana, per tutti la Divina, nasconde storie e tradizioni tramandate di generazione in generazione, quando anche in questo luogo si soffriva la fame di lavoro e l’unica alternativa possibile era l’emigrazione. Ancor più dolce il ritorno di chi aveva fatto fortuna, o semplicemente sentiva nostalgia, la saudade dei popoli di mare che mal sopportano freddo e polvere.

Tra i suoi borghi, il vento placido ti porta ad assaporare gusti che accomunano territori diversi delle coste campane. Il pescato è il principe della tavola, qui proposto sempre in versioni delicate e ben unite ai vini tipici a base di Falanghina, Biancolella e molte varietà semisconosciute ai registri ampelografici. Ripolo (o Ripoli), Ginestra, Biancazita, Pepella, sono solo alcuni dei nomi curiosi di varietà d’uva coltivate dalla notte dei tempi. Un patrimonio inestimabile conservato con cura da aziende storiche come le Cantine Marisa Cuomo di Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo, sposati per amore di intenti e passione infinita verso il territorio.

Un calice di Furore Bianco, dalla profonda vena aromatica e minerale, quasi salmastra all’assaggio, o dell’emblema Fiorduva capolavoro concepito dalla mente brillante dell’enologo Luigi Moio, sono l’incipit ideale per un pranzo sulla terrazza panoramica dell’Hostaria Baccofurore dal 1930. Donna Erminia gestisce sia l’albergo che il ristorante assieme al figlio Domenico. Il nonno veniva chiamato “Bacco” perché latifondista che produceva vino e nel 1930 nasce la locanda per offrire ristoro alle maestranze locali durante i lavori per la strada collegamento Amalfi-Agerola.

I primi avventori 2 esterni furono il medico condotto Francesco Sirica e la moglie, entrambi di Sarno. Artisti di strada hanno affrescato le mura d’ingresso in onore all’ospitalità dei proprietari. Qui c’era solo terra e vigna e si mangiava pollo alla diavola, cannelloni, pasta al forno e minestre maritate. Adesso i gusti sono cambiati e la ricerca dell’eleganza di piatti e sapori è nelle mani dello chef Raffaele Afeltra.

Ad esempio: pane al pomodoro con burro aromatizzato e alici di cetara, il polpo scottato su insalata di fagiolini e patate e il risotto con crudo di gamberi uova di lompo e spuma al prezzemolo. Ricette efficaci, che partono da materie prime a km zero invidiate in tutto il mondo. Ma la vera emozione va ricercata nelle parole di Donna Erminia Cuomo, sorella di Marisa, che da un paesino della Bosnia Erzegovina si è spostata seguendo il cuore. E con il cuore si sbaglia difficilmente.

Si va a ritroso verso Salerno, arrivando nel piccolo borgo di Cetara. Negli occhi i colori ed i profumi dei limoni amalfitani, lo “Sfusato” ricco di essenze e adatto per la sua scorza coriacea ad infusi e liquori tra cui il celebre Limoncello.

La nostra attenzione viene catturata da un prodotto ittico che ha fatto la storia di queste terre: la colatura d’alici. Ce ne parla Giulio Giordano della ditta Nettuno, che parte dalle origini dei tempi romani, quando si produceva il “garum” una sorta di salsa condimento per gli alimenti dell’epoca.

Naturalmente le tecniche sono diverse rispetto ad allora, mantenendo comunque due componenti fondamentali nei secoli: la qualità delle alici, rigorosamente cetaresi e la manualità di chi esegue i vari procedimenti. Dalla “scapezzatura”, quando vengono tolte le teste e le viscere ai pesci prima di essere adagiati con il sale in un caratello di castagno, si perde circa il 70% dei liquidi non commestibili. Segue la “nzuscatura” con la pulizia delle alici e il reinserimento nelle piccole botti di legno con il metodo pancia-schiena a strati sovrapposti, per evitare spazi liberi e consentire al sale di estrarre il prezioso liquido che arriverà ad essere estratto, tramite percolazione, dopo ben 36 mesi.

Un colore ambrato, denso di personalità aromatica, che solo con poche gocce riesce a cambiare il volto delle pietanze donandone sapidità e persistenza. La Divina Costiera non finisce mai di stupire.

Tutti in treno con Irpinia Express

Non c’erano fazzoletti sventolanti al binario 2 di Avellino centrale, quando venerdì 30 agosto è partito il treno storico Irpinia Express, ma l’emozione, il fascino, le suggestioni e le attese generate da quel vecchio convoglio a trazione diesel erano evidenti tra le molte persone a bordo. E’ cominciato così, il lento viaggio lungo la via ferrata che dal capoluogo irpino raggiungeva, un tempo, il capolinea pugliese di Rocchetta Sant’Antonio.

In compagnia di Alessandro Graziano di Visit Irpinia e chef Mirko Balzano direttore artistico di Irpinia Mood, la comitiva di ospiti, giornalisti, blogger, ristoratori, fotoreporter, operatori della comunicazione hanno percorso la prima parte della tratta che da Avellino descrive il cosiddetto Cammino di San Guglielmo.

Da sinistra chef Mirko Balzano e il sindaco di Montella Rizieri Rino Buonopane

Un verde mosaico di vigneti, oliveti, boschi cedui e castagneti tra loro incastonati tra i quali fanno capolino i borghi di Salza Irpina, Montefalcione, Montemiletto, Lapio, Taurasi, Luogosano, Paternopoli, Castelvetere sul Calore, Castelfranci, Montemarano, Cassano Irpino fino alla tappa finale di Montella.

Lo storytelling degli albori della vecchia ferrovia, con l’intrigante correlata aneddotica, è stato tenuto dai volontari dell’Associazione InLocoMotivi che opera in supporto di Fondazione Ferrovie dello Stato mentre, insieme al caffè di benvenuto, venivano dispensate amorevoli coccole a base di pasticcini e croissant di Dolciarte, la rinomata pasticceria avellinese di Carmen Vecchione.

Il lento incedere del convoglio dagli allegri salottini cinabrici ha proiettato i partecipanti in una dimensione “sine tempore”, continuamente attratti da rapidi cambi di scenario, lunghe gallerie e numerosissimi ponti di intersezione dei binari con l’asta fluviale del Calore. Fino ai 35 metri di altezza del famoso ponte Principe, ardita costruzione in acciaio lunga oltre 280 metri, di realizzazione fine-ottocentesca su progetto ingegneristico della società Strade Ferrate del Mediterraneo.

L’arrivo a Montella, dopo oltre 90 minuti di viaggio per i pochissimi chilometri percorsi, ha evocato il fascino concettuale del “féstina lente”, apparente ossimoro latino: quell’affréttati lentamente del quale non siamo più capaci nel turbinio della nostra spasmodica quotidianità. Solo il tempo del trasbordo e dei ringraziamenti agli appassionati volontari di InLocoMotivi ed eccoci giunti, al cospetto di Gilberto Soriano (col suo fedelissimo e mansueto… attendente Dadà, l’asinello di casa) patron del bioparco di fattoria Rosabella che sorge a valle del Monte Accellica sviluppando lungo i rivoli sorgenti del fiume Calore.

Lungo la camminata per raggiungere la cascata della Madonnella Gilberto ha copiosamente dispensato preziose informazioni e curiosità su castagne e castagneti, biodiversità presente nel Parco, microclima e fauna dell’areale, servizi e funzioni del bioparco; al termine della piacevole escursione un ghiotto spuntino  a base di salumi e formaggi della casa accompagnati a un fresco bicchiere di Fiano o di corposo Aglianico irpini sono stati offerti come… amuse-bouche al pranzo che attendeva il gruppo di li a poco.

Solo il tempo di riprendere le navette con destinazione Casale del Monte ed ecco aprirsi un nuovo spettacolare panorama dal sagrato di Santa Maria della neve, un complesso monastico con annesso chiostro e romitorio realizzato, per successive stratificazioni storiche, a partire dalla seconda metà del XVI secolo. Gli onori di casa, questa volta, sono toccati al Sindaco di Montella nonché Presidente della Provincia di Avellino, Rizieri Rino Buonopane che, unitosi al gruppo, ha accompagnato i suoi ospiti fino al rientro in stazione FS del paese.

La bellezza mistica ed austera dei luoghi non ha affatto precluso al gusto di un ricchissimo buffet a base di ricette e preparazioni della tradizione popolare, magistralmente curato dal montellese Ristorante Zia Carmela. Indimenticabili, tra gli altri manicaretti, la zuppa di ceci e funghi porcini all’olio extravergine di ravece e il cannolo alla ricotta farcito all’istante.

La susseguente visita al romitorio è davvero imperdibile. Un sapiente lavoro di restauro e recupero funzionale ha avuto il pregio di valorizzare i luoghi esterni ed interni e le loro originarie funzioni, come nel caso delle ampie cucine, del chiostro, delle ancestrali toilette ad uso dei monaci e del locale con tetto a camino ove venivano essiccate, tramite affumicatura, le famose castagne del prete montellesi.

Proprio la castagna – massima espressione del genius loci montellese – è stata protagonista dell’ultima tappa del viaggio presso la antica e rinomata azienda castanicola di proprietà della famiglia Malerba. Il piccolo museo contadino aziendale e l’illustrazione del processo produttivo della castagna, prima in campo, poi nelle lunghe fasi di stoccaggio, lavorazione, conservazione, trasformazione ed uso gastronomico ha fatto da preludio all’assaggio del dolce frutto nelle sue numerose (dolci e salate) “interpretazioni”, non ultime l’originale liquore e la sorprendente produzione brassicola della birra alla castagna.

La tirannia del tempo che scorre, troppo veloce al cospetto di così tante ipnotiche suggestioni, ha obbligato la compagnia a salutare i propri straordinari ospiti per far rientro a Borgo ferrovia in Avellino. Non senza foto di gruppo di prammatica.

Evento “Sbraciami” 2024

Comunicato Stampa

“Sbraciami” 2024: torna in città  l’evento gourmet più infernale dell’anno. Andrà in scena lunedì 9 settembre dalle ore 19, come da tradizione, presso l’azienda agricola Casale della Mandria, nello storico borgo di Campoleone in via Mediana Bonifica 23. Una squadra di grandi chef, sono annunciati alla serata anche alcuni chef stellati, darà fondo a tutte le tradizioni culinarie dando vita ad un vero e proprio spettacolo gastronomico tra fuochi e fiamme.

Sapori accattivanti condiranno una piacevolissima atmosfera di convivialità che ormai da diversi anni chiude l’estate apriliana. L’evento, inoltre, come sempre porta in dote uno scopo benefico all’insegna della solidarietà.    

L’evento infernale, nato da un’idea dello Chef apriliano Marco Davi in collaborazione con il titolare del Il Casale della Mandria Giuseppe Verri, sarà caratterizzato da piatti preparati rigorosamente al Barbecue. Si potranno degustare focacce, Carni cotte al momento, formaggi e dessert, il tutto abbinato al vino delle cantine del territorio.

Le ricette dei grandi Chef saranno realizzate in modo espresso tra carboni e bracieri all’aperto nella suggestiva location de Il Casale della Mandria. Arricchiranno la serata momenti musicali e tante altre sorprese.

Il ricavato della manifestazione, come ormai da tradizione, verrà devoluto all’Associazione Agpha di Aprilia per le attività del centro diurno della comunità Raggio di Sole.