“A Montefalco”: terra di grandi promesse

Dai tempi di Federico II di Svevia il mondo è cambiato. Eppure a Montefalco tutto sembra essere immutato, mentre si passeggia tra le vie del borgo medievale. Coccorone veniva chiamato in epoca tardo romana, un tipico castrum militare che presidiava dalla collina le vallate circostanti. Il cuore (anzi la ringhiera) dell’Umbria volge il suo sguardo verso la modernità e il futuro, da un areale che non è immenso rispetto ai grandi rivali del mercato.

Lo fa in sordina, con la calma necessaria che sembra non essere mai troppa. Lo fa con prodotti, parliamo di vino naturalmente, unici nel panorama enologico italiano: Sagrantino e Trebbiano Spoletino. Ogni anno, giunti quasi all’inizio dell’invaiatura, si celebra il rituale approfondimento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montefalco, in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Miriade & Partners.

Giornalisti e blogger provenienti da ogni parte del globo arrivano a conoscere la valutazione della nuova annata di Montefalco Sagrantino che verrà posta di lì a poco in commercio e, soprattutto, a scoprire un territorio affascinante, ricco di sorprese. La storia passa tra le mani di nomi evocativi delle famiglie presenti: Caprai, Antonelli, Bartoloni, Tabarrini, Adanti, Romanelli, tanto per citarne alcuni.

Sono una settantina i produttori vitivinicoli iscritti al Consorzio, ai quali si sono aggiungono altri 29 dalla fusione con i vicini di casa di Spoleto. Un totale pari a circa 2,5 milioni di bottiglie annue, un numero contenuto che non potrà soddisfare la “sete di conoscenza” di ogni Continente, ma che, parere del sottoscritto, rappresenta una virtù nel rappresentare il comparto come una piccola nicchia di qualità in continua ascesa.

E le conferme arrivano dal sistema di valutazione dell’Anteprima “A Montefalco”, ormai consolidate non solo con la menzione delle celebri “stelle”, bensì con l’introduzione di un punteggio indicativo che crea legittime aspettative anche in fase di vendite. L’annata 2020 del Montefalco Sagrantino ha ottenuto, parole del giornalista Walter Speller, 5 stelle con 96/100 e grande eleganza. Un valore non indifferente per un vino che ha fatto della trama tannica scalpitante (a volte impegnativa) il suo marchio di fabbrica. Sembra che il cambiamento climatico abbia apportato qui qualche piccolo beneficio in termini di maturazioni polifenoliche. Ciò che un tempo era praticamente indomabile, se non con lustri di riposo in bottiglia, appare adesso godibile appieno già in gioventù pur preservando il carattere e l’identità del varietale.

Un calice di Montefalco Sagrantino fa la differenza tra una serata anonima ed una giocosa, tra la noia di prodotti ormai stereotipati di cui le carte dei ristoranti sono pieni e ciò che può dare una ventata rinfrescante. Un vino che difficilmente ti capita di dimenticare, pur maltrattato in passato con politiche espansioniste non in linea con il vero potenziale che poteva esprimere.

Molti si ricordano delle astringenze tenaci e irsute che hanno dato un’immagine sbagliata rispetto a quella attuale, fatta di ricordi di bosco, spezie nobili e tocchi di liquirizia e macchia mediterranea. Ovvio che la mano di chi lo cura con amore e le nuove tecnologie in campo e in vigna hanno fatto parimenti la differenza, ma c’è di più: la caparbietà di un popolo fiero e l’umiltà di saper ascoltare anche i pareri negativi degli esterni. Cosa rara credetemi. Paolo Bartoloni, neo presidente del Consorzio di Tutela, esprime così la sua soddisfazione per i risultati raggiunti.

E se non bastasse a toccare le corde degli appassionanti, ecco l’arrivo di recente del Trebbiano Spoletino – o semplicemente “Spoletino” – varietà autoctona rivalutata un po’ per caso e un po’, come narra la leggenda, da Giampaolo Tabarrini che nel suo “Adarmando” ha voluto dimostrare le mille sfaccettature e la longevità di uno dei migliori vini bianchi d’Italia. La visita nella cantina avveniristica, i tre cru di Sagrantino e lo spirito combattente del titolare valgono di per sé il prezzo del viaggio.

Una passione che si ritrova anche in Devis Romanelli, figlio d’arte, nell’etichetta “Le Tese” e nel saggio utilizzo dell’estrazione delle componenti aromatiche a contatto con le bucce per oltre 60 giorni. O nei contenitori inerti di ceramica utilizzati da Filippo Antonelli di Antonelli San Marco per il “Vigna Tonda” finalmente arrivato dopo la ricostituzione di un antico e inusuale vigneto dalla forma circolare.

Da quando Arnaldo Caprai dell’azienda omonima, Lodovico Mattoni di Terre de’ Trinci e successivamente Alvaro Palini, consulente di Adanti, hanno cominciato negli anni ’70 e ’80 a valorizzare Sagrantino in versione “secco” e non passito, tramandato invece di generazione in generazione quale vino per la merenda pasquale, i passi sono stati giganteschi. Per guardare al futuro non dobbiamo dimenticare proprio gli artefici del passato, che hanno portato sulle spalle il peso di un territorio semi sconosciuto.

Che dire persino dell’unica cantina-scultura presente al mondo, opera dell’artista Arnaldo Pomodoro su commissione dei Lunelli di Tenuta Castelbuono. Un autentico “Carapace” atto a simboleggiare la resilienza e l’amore che la più importante dinastia delle bollicine nostrane ha voluto infondere nella terre fertili di Montefalco. La bottaia sotterranea da cui si accede con una larga scala a chiocciola ben riprende il concetto di festina lente, dell’avvicinarsi con lentezza alla meta, aderente metafora dei movimenti di una tartaruga.

Colpiscono le visioni moderne ed eleganti dei campioni proposti da Tenuta Bellafonte, Bocale, Briziarelli, Colsanto ed Ilaria Cocco giovane wine maker appartenente alle “quote rosa” ancora poco numerose, con mia personale amarezza, nel comparto vitivinicolo.

Il tempo stringe e non basterebbero giorni per finire il discorso. Abbiamo dovuto omettere di menzionare le versioni Montefalco Rosso e Montefalco Rosso Riserva, dove il Sangiovese umbro sa domare la vivacità del Sagrantino: l’entry level certamente adatto per chi volesse avvicinarsi ad un mondo meraviglioso.

Lo faremo con le video interviste montate da Federico Ferraro e dallo staff di redazione nella nostra playlist, con tutti i protagonisti visitati durante il tour “A Montefalco”. Buona visione.

Picture of Luca Matarazzo

Luca Matarazzo

Giornalista, appassionato di cibo e vino fin dalla culla. Una carriera da degustatore e relatore A.I.S. che ha inizio nel lontano 2012 e prosegue oggi dall’altra parte della barricata, sui banchi di assaggio, in qualità di esperto del settore. Giudice in numerosi concorsi enologici italiani ed esteri, provo amore puro verso le produzioni di nicchia e lo stile italiano imitato in tutto il mondo. Ambasciatore del Sagrantino di Montefalco per il 2021 e dell’Albana di Romagna per il 2022, nonché secondo al Master sul Vermentino, inseguo da sempre l’idea vincente di chi sa osare con un prodotto inatteso che spiazzi il palato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI DELL’AUTORE