di Luca Matarazzo
Barolo e Taurasi: semplice ossimoro o simboli di lontane appartenenze?
A presentare il nuovo libro edito da Slow Food, scritto da Armando Castagno con introduzione storica di Lorenzo Tablino e fotografie di Clay Mclachlan, è stato l’autore stesso accompagnato da una straordinaria degustazione di 6 campioni di Barolo.
Parlarne proprio a Taurasi, nel cuore dell’Irpinia, ha una valenza doppia. Prima di tutto per l’importante affluenza di professionisti del settore, stampa e semplici appassionati che ha reso l’atmosfera carica di emozioni quasi sacrali. Secondariamente, e cosa non di meno conto per il sottoscritto, per lo strano parallelismo che ha sempre legato due areali profondamente diversi.
Eppure, a rileggerne i tratti salienti della storia, qualche legame sottile ed elastico resta presente, ben al di là della (discutibile) citazione da vox populi “Il Taurasi è il Barolo del Sud”!
Superando le ovvietà, bisogna riconoscere ai produttori delle Langhe la capacità di scommettere sulla rinascita di un intero movimento. Lo hanno saputo fare, come sempre accade nel gioco tra le parti, conservando storicità e tradizione, ma non tralasciando le spinte delle giovani leve verso tecnologia e ricerca di qualità. La vigna da sola, pur straordinariamente bella e produttiva, non può bastare. A buon intenditor…
Nelle splendide sale del Castello Marchionale, alla presenza di Alessandro Barletta fiduciario della condotta Slow Food Colline dell’Ufita e Taurasi, di Alessandro Marra ed Adele Granieri coordinatori, tra le molteplici attività, della sede di Napoli di Banca del Vino e del consigliere del Comune di Taurasi Pierluigi D’Ambrosio, ha preso forma l’incontro tra il nobile Nebbiolo, con le sue nuance delicate, proseguito a cena in un clima di amicizia con alcune espressioni sublimi del forzuto Taurasi.
Del secondo spazio ne parleremo in altra occasione; oggi la scena e le parole vanno tutte ad Armando Castagno, penna conosciuta in ambito nazionale ed internazionale, grazie all’amore per la Francia e per molti territori del vino italiano.
“Armando, il rapporto Barolo – Italia sta diventando un affaire solo per pochi e per le esportazioni, o ci sono speranze di comprare a buon mercato anche per i clienti del nostro Paese?”
Risposta: “La speranza esiste, a patto di cercare oltre il banale, oltre lo scontato. I Barolo che hanno visto aumentare il valore sul mercato è frutto a volte di speculazioni del mercato stesso e non della volontà del singolo produttore. Molti giovani si affacciano alle luci della ribalta con piccoli appezzamenti, magari conseguiti con debiti personali e abbiamo ancora tante cose da scoprire. I giovani vanno investiti di tale responsabilità, con mentalità aperta da parte nostra e vini che abbiano un prezzo sensato”.
La seconda domanda non poteva prescindere, invece, il confronto con le storicità di altre Nazioni: “In una scala da uno a dieci come vedi il vino italiano a confronto di altre nazioni come la Francia?
Risponde Armando in maniera netta: “per me i produttori non hanno nazionalità, sono tutti conterranei. Tralasciamo le questioni geopolitiche, credimi i nostri vini non hanno nulla da temere paragonati ad altri”.
Comincia così la dimostrazione sul campo di quanto affermato, con la proposta di sei eccellenze scelte direttamente dal caveau della sede di Banca del Vino a Pollenzo. Un progetto di Slow Food che mira ad accrescere la cultura su territori lontani, mescolando nord e sud in una sorta di unità enologica scevra da campanilismi e preconcetti.
I produttori che aderiscono tesserandosi possono poi rivendere le proprie etichette alla Banca stessa, che le conserva in cantina in attesa di incontri divulgativi come questa occasione. Useremo la scala a punteggio, indicando per onestà non una vera graduatoria (non necessaria al racconto), ma solo con il fine di agevolare il lettore.
Campione n.1: Barolo 2016 “proprietà in Fontanafredda” – Fontanafredda – un frutto possente, forse a tratti eccessivamente nervoso. Nota speziata elegante sulla parte finale, resta ancora contratto per esuberanza giovanile. 89/100
Campione n.2: Barolo 2015 Monvigliero – Fratelli Alessandria – grande succo, essenze floreali tipiche, dimostra buona evoluzione e termina su mineralità stuzzicante. 92/100
Campione n.3: Barolo Riserva 2013 Bussia “Vigna Mondoca” – Oddero – la perfezione non esiste, neppure per il Barolo. Non al meglio della forma, uno di quei casi (pochi per fortuna) che bisogna saper accettare. Al netto delle note secche ed asciuganti, resta comunque l’integrità di piccoli frutti di bosco che merita giusta attenzione. Ci asteniamo dal punteggio, sperando di riassaggiarlo in futuro.
Campione n.4: Barolo Brunate 2008 – Poderi Marcarini – straordinario. La fase boisée è attenta e curata. Ottimo succo con riverbero di agrume e iodio. 94/100
Campione n.5: Barolo Riserva 2005 – Casa E. Mirafiore – note di salsa di pomodoro, fungo e sottobosco. Fase ferruginosa davvero intrigante, peccato per una puntina calorica sul finale. 91/100
Campione n.6: Barolo “Liste” 1996 – Borgogno – ormai pressoché introvabile. Rivela ancora acidità elevatissime da arancia sanguinella fusa al salmastro. Appaga dall’inizio alla fine, pur nella sua severa asuterità. 96/100