Alla faccia delle crisi economiche, pandemiche, militari. Alla faccia di chi afferma, per varie motivazioni (discutibili), che grandi eventi come questo sono fatti soltanto di pura confusione, come stare nella sala biliardo di un fumoso bar dello sport. Alla faccia di tutto, insomma, il Gallo Nero è invece più vispo che mai! Ventinovesima edizione della Chianti Classico Collection con ben 180 produttori presenti ed oltre 2000 persone del settore, stampa inclusa. Sì, proprio la stampa che oggi come non mai è chiamata al compito della massima integrità di giudizio, perché il treno veloce dei concorrenti rischia di avvantaggiarsi irrimediabilmente sul nostro made in Italy. Il Gallo Nero sta al Chianti Classico sin dalla nascita del Consorzio nel 1924. Sulle carte. Nella storia secolare di questa antichissima denominazione, il principio si radica già nel 1716 con il bando del Granduca Cosimo III° dei Medici, attraverso il quale se ne determina la zona di produzione pressoché identica a quella sancita dagli accordi di pace del XV° secolo sottoscritti tra Siena e Firenze. Il bilancio produttivo odierno è stato migliore di qualunque aspettativa, con un + 21% rispetto al 2020 e +11% rispetto al 2019. Un trend di crescita che continua anche nel 2022 che, a fine febbraio, fa registrare già un +7% rispetto al primo bimestre del 2021.
A proposito di annate non possiamo non proporre una attenta disamina dei 444 campioni in assaggio durante le giornate del 21 e 22 marzo nella bellissima location della Stazione Leopolda a Firenze. La 2020 si rivela semplicemente meravigliosa nelle sue delicate fragranze floreali. Il Sangiovese la fa da padrona con un tannino cesellato manco ci fosse stata la mano di Michelangelo. Siamo impazienti di testare in futuro i vini della Riserva e della Gran Selezione per capire se possiamo consacrare la vintage tra quelle memorabili. Discorso differente per la leopardesca 2019: la qualità dei campioni procede a macchia lungo le diverse zone produttive. L’equilibrio della 2020 non si riesce a rinvenire egualmente nella possenza calorica della siccitosa 2019. Il varietale predomina, con toni che variano dall’erbaceo spinto alla cupezza speziata senza soluzione di continuità. Bene le versioni base decisamente larghe ed avviluppanti, meno facili le Riserve piuttosto decise al palato, che richiedono necessario riposo come a dare una tirata di briglie agli indomiti cavalli di razza. Annata che vai, diversità che trovi. La 2018 ritorna fresca ed agrumata. Qui la Gran Selezione vince a mani basse, con il corretto apporto di grappoli scelti ed uno stile sempre più elegante. Alcune di esse rasentano persino la perfezione stilistica, fugando ogni dubbio recondito sulla nascita di questa tipologia per nulla scontata e “commerciale”. Considerazioni finali per la 2017 simile per certi versi alla 2019, ma meglio addomesticata soprattutto nelle Gran Selezione e la 2016 che presenta ancora qualche incognita sull’evoluzione delle trame antocianiche decisamente vivaci e mordaci. Lo scopriremo soltanto vivendo dicevano.
Qualche piccola nota dolente la dobbiamo pur trovare e riguarda il progetto UGA del Chianti Classico, oggetto anche del seminario condotto dal giornalista Aldo Fiordelli, collaboratore di testate quali Decanter, Espresso e Corriere Fiorentino. Il nobile impegno del Presidente del Consorzio Giovanni Manetti, nel realizzare ciò che non si è riuscito a fare in secoli di storia, è davvero encomiabile. «Ancora molto può e deve essere fatto – dichiara Manetti – per valorizzare ulteriormente la denominazione continuando a consolidarne il valore e l’immagine nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali». Noi aggiungiamo che la strada è piuttosto irta e piena di insidie, pur avendo confinato l’iniziativa, al momento, soltanto alla Gran Selezione. Sanare antiche “ruggini” presenti tra piccole/medie realtà e grandi imbottigliatori non sarà facile. Inoltre, in alcuni micro areali i produttori si contano sulle dita di due mani e le etichette proposte sono di numero troppo esiguo per ragionare in termini di sottozona. Il carattere sanguigno dei produttori di questa meravigliosa regione completa e complica il quadro della situazione. Ai posteri, dunque, l’ardua sentenza.